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Adolescenti e Chiesa a confronto

di Barbara Marchica Gli adolescenti desiderano educatori che sappiano guidarli in modo autentico alla ricerca della vera interiorità. La formazione degli adulti diventa così un passaggio fondamentale. Il lavoro di analisi sul documento della Cei Educare alla vita buona del Vangelo ha permesso agli studenti di un liceo classico del centro storico di Milano di riflettere e di confrontarsi sugli Orientamenti pastorali, proposti dall'episcopato italiano. Nel primo articolo gli adolescenti si sono concentrati sul capitolo intitolato Educare in un mondo che cambia ; nell'articolo successivo si sono cimentati con il capitolo Gesù, il maestro , soffermandosi in modo particolare sul paragrafo n. 20, La Chiesa discepola, madre e maestra . Quest'ultimo articolo (i primi due sono apparsi su Sett. n. 11/11, p. 6 e n. 21/11, p.11), vede le riflessioni degli studenti sul terzo capitolo Educare, cammino di relazione e fiducia. In qualità di insegnante di religione cattolica, a

L'uomo sulla copertina

di Lorenzo Banducci Erano i primi anni ’90 e un bambino, aggirandosi in un negozio di libri accompagnato da suo padre, si divertiva in quello che era il suo passatempo di allora e che tanto faceva divertire parenti e amici: riconoscere i politici alla semplice vista di una loro immagine e pronunciarne il nome a voce alta per mostrare al mondo intero la bravura in questa qualità. Inutile dire che quel bambino in quella libreria ero io e come, già da allora, la mia malattia cronica nei confronti della politica iniziasse a dare i primi segni.

L'autentica amicizia

Quelli che chiamiamo abitualmente amici o amicizie sono soltanto dimestichezze e familiarità annodate per qualche circostanza o vantaggio, per mezzo di cui le nostre anime si tengono unite. Nell’amicizia di cui parlo, esse si mescolano e si confondono l’una nell’altra con un connubio così totale da cancellare e non ritrovar più la commessura che le ha unite. Se mi si chiede di dire perché l’amavo, sento che questo non si può esprimere che rispondendo: “Perché era lui; perché ero io”.

Perchè si perde la fede

Persi la fede nello stesso modo in cui l’hanno perduta e continuano a perderla coloro che hanno ricevuto il nostro stesso tipo di educazione. Nella maggior parte dei casi ciò accade nel modo seguente: si vive come vivono tutti, e tutti vivono basandosi su principi che non solo non hanno nulla in comune con la fede professata, ma che anzi le sono generalmente contrari e opposti; la religione non entra nella vita, e non accade mai, sia nei rapporti con gli altri che in privato, di doverci confrontare o fare i conti con essa. Viene professata e praticata in qualche regione indeterminata, lontano dalla vita e indipendentemente da essa. Quando entriamo in contatto con la fede, la consideriamo normalmente come un fenomeno esteriore, non collegato all’esistenza.

Che senso ha dire che si è pentiti dei propri peccati, se la mente brucia delle stesse passioni di un tempo?

Io voglio provare per tutta la vita attraverso la contrizione dell’anima quello stesso dolore che tu hai sofferto per un attimo nella carne e offrire così a te, se non a Dio, una specie di soddisfazione. In effetti per confessare apertamente la miseria e la debolezza del mio cuore, non saprei proprio trovare da sola una forma di espiazione che possa soddisfare Dio; anzi talora arrivo al punto di accusarlo di crudeltà per aver permesso l’oltraggio di cui sei stato vittima, e mi rendo conto che più che cercare di placare la sua collera con la penitenza, lo offendo con il mio atteggiamento ribelle e con la mia sorda opposizione alla sua volontà. Che senso ha, infatti, dire che si è pentiti dei propri peccati e umiliare in tutti i snodi il proprio corpo, se la mente è ancora pronta a peccare e anzi brucia delle stesse passioni di un tempo?

Come poté la vista sopportare l'uccisione di esseri che venivano sgozzati e fatti a pezzi?

Tu vuoi sapere secondo quale criterio Pitagora si astenesse dal mangiar carne, mentre io mi domando con stupore in quale circostanza e con quale disposizione spirituale l’uomo toccò per la prima volta con la bocca il sangue e sfiorò con le labbra la carne di un animale morto; e imbandendo mense di corpi morti e corrotti, diede altresì il nome di manicaretti e di delicatezze a quelle membra che poco prima muggivano e gridavano, si muovevano e vivevano.

Pacifismo o viltà?

Ogni pacifismo che trova appoggio soltanto nella paura della morte è un fermento di decomposizione che usurpa un immeritato prestigio. La paura di versare sangue non è il rispetto alla vita altrui. Questo orrore del sangue è oggi generico negli uomini che non temono nè di anemizzare il sangue vivo nè di intossicarlo nè di infettarlo nel corso dei giorni e le notti. Questa anzi è una delle ipocrisie che segnano la nostra epoca.Certi tipi più virili appoggiavano la morale sulle due colonne della Forza e della Prudenza. Temere di morire di una piccola morte senza una ragione sufficiente o di uccidere ingiustamente è un effetto della prudenza. Ma temere senza altra precisazione di morire o di uccidere è un sintomo di debolezza. Mounier,Trattato sul carattere

Il riso e il gioco sono virtuosi

Come l‘uomo ha bisogno del riposo fisico per ritemprare il corpo, il quale non può lavorare di continuo per la limitazione delle sue energie, così ne ha bisogno anche dalla parte dell‘anima, le cui forze sono adeguate solo per determinate attività. Perciò quando l‘anima si occupa oltre misura in qualche lavoro, sente lo sforzo e la fatica: specialmente perché nelle attività dell‘anima collabora anche il corpo, dato che anche l‘anima intellettiva si serve di facoltà che agiscono mediante organi corporei. Ora, i beni connaturali all‘uomo sono quelli sensibili. E così quando l‘anima, occupata in attività di ordine razionale, sia in campo pratico che speculativo, si eleva al disopra delle realtà sensibili, sente una certa fatica. Soprattutto però se attende all‘attività contemplativa, perché allora si eleva maggiormente sui sensi; sebbene forse la fatica del corpo in certe attività della ragione pratica sia maggiore. Tuttavia, sia nel primo che nel secondo caso, tanto più uno si affati

La cristianità è morta

Si può confutare,condannare, estirpare un errore o un'eresia. Non si confuta un dramma; e la cristianità nella sua pace di superficie affronta oggi il più terribile dei drammi in cui finora sia stata impegnata. Il cristianesimo non è minacciato d'eresia: non appassiona più abbastanza perchè ciò possa avvenire. E' minacciato da una silenziosa apostasia provocata dall'indifferenza che lo circonda e dalla sua propria distrazione. Questi segni non ingannavano: la morte si avvicina.

Il problema dell'occupazione

In questa giornata di festa del lavoro  (per la società civile) e di celebrazioni per San Giuseppe Lavoratore (per la Chiesa Cattolica) desideriamo porre l'accento sul problema della mancanza di occupazione. Tema quest'ultimo che sta falcidiando l'intera società italiana e in particolare il Mezzogiorno e le giovani generazioni. Lo facciamo con queste parole di Giovanni Paolo II tratte dall'enciclica Laborem Exercens del 1981. di Giovanni Paolo II Dall’enciclica “Laborem Exercens”, 1981 Considerando i diritti degli uomini del lavoro proprio in relazione a questo «datore di lavoro  indiretto», cioè all'insieme delle istanze a livello nazionale ed internazionale che sono responsabili di tutto l'orientamento della politica del lavoro, si deve prima di tutto rivolgere l'attenzione ad un problema fondamentale. Si tratta del problema di avere un lavoro , cioè, in altre parole, del problema di un'occupazione adatta per tutti i soggetti che ne