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14.08.18. L’angoscia Superba

di Davide Penna Non si riesce proprio a dormire questa notte a Genova. Sono troppe e troppe fresche le immagini che si rincorrono del Ponte Morandi spezzato, sbriciolato lungo 200 metri di cemento armato caduti come se fossero trucioli di legno. Il dolore, l’angoscia, il respiro corto che accompagna ogni genovese sono segni e ferite che non possono lasciare in pace. C’è un perché? che non si accontenta delle assurde polemiche partitiche già scattate, anche dalla voce di ministri (!!!?). Un perché? che coinvolge te e tutti i tuoi concittadini, amici, parenti, compagni di derby; sì, perché a Genova quel ponte lo abbiamo preso tutti un milione di volte. I tuoi familiari lo hanno preso due giorni prima, tu dovevi prenderlo il giorno dopo, tanti amici lo hanno preso qualche minuto prima o dopo. Ti ricordi di quante volte lo vedevi e ti faceva sempre un po’ impressione… così alto, così maestoso che sembrava il ponte di Brooklyn, così lungo che ti veniva da accelerare per finire di

Io, prete. Sull'affettività dell'uomo sacerdote - Christian Cerasa

Mi è stato chiesto di scrivere una riflessione sul prete, sull’essere prete. Di cose se ne sono scritte tante e se ne scrivono tante, a livello teologico o pastorale, quindi credo che mi fermerò semplicemente a rileggere la mia vita alla luce di un aspetto che forse troppo poco spesso si sottolinea, ovvero l’umanità del prete, l’essere uomo-prete. Credo che uno degli errori grossi che è stato fatto nel tempo, sia quello di aver divinizzato a tal punto la figura del prete, da aver completamente snaturato la sua umanità o averla quasi completamente annullata. Così si è più attenti all’immagine da dare che all’identità dell’essere. Da dove partire dunque con questo esame di coscienza. Credo sia opportuna una premessa. C’è sempre molta curiosità intorno all’umanità e all’affettività del sacerdote; una domanda spesso inespressa. La gente, anche quella che al prete vuole bene, che lo stima, con cui collabora, al quale affida i figli fantastica ... si interroga ... e spesso inventa! In

Commento al vangelo XVII Domenica Tempo Ordinario B: Gv 6,1-15

Il quarto vangelo dà per scontato che tutti abbiano sentito parlare di Eucaristia. Sa che però che non è altrettanto conosciuto il vero significato del Sacramento del dono; ancora oggi eccessi devozionistici rischiano di fraintendere il senso originario, che è vitale, corporeo e carnale, liberante. Il vangelo giovanneo spiega l'eucaristia in due modi: uno è il servizio del lavare i piedi, l'altro è il segno della condivisione dei pani e dei pesci. Non poteva mancare, nello stile di questo vangelo, un tranello: Gesù chiede a Filippo se sa dove comprare il pane per tutta quella folla che lo seguiva. L'apostolo ci casca perché non si sofferma sul "dove" ma sui soldi: non basterebbe il mio stipendio di tutto l'anno... Eppure c'erano indizi per il "dove": l'altra riva che si affaccia sui non giudei, il monte della rivelazione, un prato molto erboso come il banchetto lussureggiante promesso. Per uscire dalla mentalità commerciale e giun

Commento al vangelo 26 luglio 2018: Mt 13,10-17

Il cuore, le orecchie e gli occhi sono stati dati a chi si accoglie un nuovo ordine di relazioni umane e anche a chi non lo vuole comprendere. Verso quest'ultimi, a differenza dei discepoli che vorrebbero abbandonarli o addirittura fulminarli, Gesù preferisce continuare ad offrir loro parabole. Così l'opportunità di ascoltare la Parola è data a tutti; a tutti viene garantita la libertà di rifiutare o di accogliere la verità, che viene confezionata in questo modo curioso: la parabola. Di fronte ad essa puoi scegliere se affidarti a quel salto umanizzante per i tuoi occhi e per le tue orecchie: dal guardare al vedere, dall'udire all'ascoltare; non a caso i miracoli di Gesù agiscono su occhi e orecchie, e sulle gambe, per tornare a camminare in autonomia. È una tua scelta, quella di fare buon uso dei mezzi che hai: castità è buon uso del corpo, povertà è buon uso dei beni, obbedienza è buon uso della volontà. Allora, nello Spirito di libertà che ci è donato, sei t

Commento al vangelo 25 luglio 2018 - S. Giacomo il Maggiore: Mt 20,20-28

Nei nostri desideri che diventano preghiere spesso mischiamo qualcosa di buono e qualcosa di meno buono. Oggi impariamo a distinguerle. La mamma di Giacomo e Giovanni con devozione si prostra a Gesù; la richiesta è una raccomandazione: vuole che i suoi due figli siano accanto a Gesù nella gloria. Ma quale vessillo avrebbe tale gloria? Lei pensava sotto le insegne del potere mondano: voleva che i figli diventassero vicepresidenti, viceimperatori o perlomeno cardinali. Chiedeva la gloria, ma non sapeva quello che chiedeva: non conosceva ancora la vera gloria del vessillo di Gesù, che propone ai due di bere il medesimo calice, la medesima via, la medesima croce che lui porterà. Questo sarà concesso a loro; ma per la gloria occorre un affidarsi in più, alla volontà del Padre. Gli altri poco han da fare gli sdegnati: anch'essi avrebbero voluto la stessa cosa, ma il desiderio e l'idea della gloria vanno trasfigurati, purificati e posti sotto le insegne eterne, sottratte all

Commento al vangelo 23 luglio 2018 - S. Brigida: Gv 15,11-18

Sono già puro! Questa è la notizia più forte che potessi ricevere oggi. Non per dimenticare il male che ho fatto, ma per avere la sicurezza che nessun errore passato, presente o futuro potrà far venir meno la mia purificazione che mi permette di stare, nudo, davanti all'alterità. Senza sensi di colpa, perché mi consegno tutto e tutto espongo alla sua tenerezza. Quando aderisco con il mio affetto, il mio pensiero e il mio desiderio alla promessa dell'amore - quando mi lascio amare - ricevo tutta la purezza. Però quella purificazione non me la do da me stesso, ma la ricevo. Ogni volta che mi apro senza timore né pregiudizi sto vivendo l'abbandono di Gesù in Croce, sto accogliendo la Parola che mi trasforma; è un "sacramentale", dicono i teologi. Questo è il permanere nella verginità nella quale siamo chiamati a vivere, salvandoci sia da un esperienzalismo soggettivo, sia da una fredda dogmatica oggettiva. Quando manca l'attaccamento alla Parola, si sent

Commento al vangelo 19 luglio 2018: Mt 11,28-30

Lui si fa piccolo per venire incontro a noi. Grazie a ciò, accogliamo l'invito della sapienza in carne ed ossa che si fa dono nella sua debolezza: «Venite!». È la chiamata dei discepoli, il "secondo passo" che spetta a noi, dato che il primo lo fa Dio. Un «venite!» oggi ci invita a scomodarci da dove siamo, ci rimette in moto. Quel «venite» verso Lui è il tempo del presente che si arricchisce nell'attrazione verso la pienezza cristica del futuro. La proposta è un cammino, non una poltrona relax; è pur sempre un giogo, uno strumento di lavoro: si impara a essere cristiani solamente impastandosi le mani nel mondo, non poltrendo su tronetti dorati. E quel giogo accolto su di noi - che ci traina nella vita - è il legame che ci rende discepoli del miglior Maestro; è il giogo conveniente dell’amore zampillante: porta stretta per chi chiude le porte del cuore, mentre per chi lo accoglie con semplicità «rende tutto più semplice», come dice Agostino. Quel giogo condiv