di Lorenzo Banducci
L’approvazione
ieri in commissione giustizia del Senato del ddl Cirinnà fa fare un balzo in
avanti alla legge in materia di unioni civili che stava finora vivacchiando nelle
commissioni parlamentari.
Devo
dire che in queste righe che provo a scrivere e condividere con noi vi saranno
più domande che risposte su questa materia e il tutto avrà la funzione di
provare a fare maggior chiarezza fra le varie notizie sfogliate qua e là sul
web.
Vorrei
iniziare col condividere con voi la relazione al DDL:
Onorevoli
Senatori. -- Il presente disegno di legge disciplina l'istituto delle unioni civili, con
una normativa complementare organica, che quindi non incide sul codice civile
se non limitatamente alle disposizioni di coordinamento. L'unione civile
definisce il rapporto tra da due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso,
che vogliano organizzare la loro vita in comune. La disciplina proposta, con
uno statuto normativo flessibile e «leggero», intende fornire ai cittadini che
scelgano forme non tradizionali di convivenza la necessaria tutela delle
relative situazioni giuridiche soggettive, evitando così ogni forma di
discriminazione ai loro danni. È infatti necessario dare un riconoscimento
giuridico a una realtà così rilevante socialmente da non poter più essere
ignorata dalla legge, evitando che la tutela di diritti fondamentali della
persona sia lasciata all'alea di interpretazioni più o meno «evolutive», come
se diritti e libertà dipendessero da concessioni
giurisdizionali e non invece da riconoscimento
di legge. La disciplina della pluralità delle forme della convivenza
rappresenta infatti l'attuazione del dovere dello Stato di tutelare la libertà
di realizzazione della persona nei suoi rapporti con gli altri (articolo 2
della Costituzione), non potendosi imporre la rigida alternativa tra il vincolo
(sacramentale o legale) del matrimonio e l'assoluta irrilevanza giuridica delle
forme di vita associata che da tale modello prescindano (soluzione obbligata,
questa, per chi, come gli omosessuali, non possa sposarsi). In questo senso, il
riconoscimento di forme plurali di convivenza, anziché violare, rafforza
piuttosto il principio di cui all'articolo 29 della Costituzione, che nasceva
non tanto per imporre un solo e cogente modello di convivenza, ma per limitare
l'ingerenza statale sul terreno delle relazioni familiari, tipica delle
politiche demografiche di regimi totalitari come quello fascista. Il presente disegno di legge prevede
criteri e modalità di estensione alle unioni civili dei diritti spettanti al
nucleo familiare nei casi sanciti dalla legge, secondo criteri di parità di
trattamento, in conformità al principio di cui all'articolo 3 della
Costituzione. Del resto, alla estensione dei diritti
riconosciuti ai contraenti le unioni civili, corrisponde una parallela
regolamentazione dei loro doveri e oneri. Ciò potrà garantire la necessaria
tutela non soltanto ai figli, ma anche al contraente economicamente più debole
nel caso di cessazione dell'unione civile, l'affidamento dei terzi in ordine
alla situazione patrimoniale della coppia, la trasparenza dello stato giuridico
delle parti.
Trovo interessante di questa relazione due fatti. Il primo il rimando all’articolo 29 della Costituzione, quello che definisce la famiglia come “società naturale
fondata sul matrimonio” esplicando che il concetto di “società naturale” sia da
intendersi in contrasto a certe tipicità dei regimi totalitari e non nel senso
di “unione fra maschile e femminile”. Da qui verrebbe smontato il
concetto di incostituzionalità del DDL Cirinnà.
Altro aspetto interessante è che nella relazione introduttiva viene omesso
quello che sicuramente è lo snodo di maggior dibattito sul DDL ovvero quello
attinente alle adozioni e in particolare alle adozioni di coppie dello stesso
sesso.
Sul tema si sono già scatenati protagonisti del mondo Cattolico da sempre
attenti alla difesa della famiglia, del matrimonio e alla tutela del bambino
nei casi di adozioni da parte di coppie omosessuali. Vi inserisco qui qualche
link come l’intervista a Filippo Savarese, portavoce del movimento Manif pour
Tous o quella a Mario Adinolfi che sul neonato quotidiano La Croce si sta
occupando da tempo di vicende come questa. Sia Savarese sia Adinolfi si sono
prodigati nel criticare il DDL Cirinnà in quanto per entrambi introduce la
possibilità concreta di adozioni anche al di fuori della coppia. “Nel
testo si dice che un adulto può adottare il figlio del proprio compagno.
D’altronde, noi sappiamo che a livello europeo non esistono mezze misure: dire
che una coppia omosessuale può adottare un minore già interno alla coppia, ma
non un minore esterno è un’ipocrisia. E allora la Corte Europea, se noi in
Italia approveremo il Ddl Cirinnà, ci imporrà di riconoscere le adozioni gay in
via universale, come già imposto agli altri Paesi dell’Unione Europea” ha detto
Savarese mentre per Adinolfi: “Legittima di fatto l’utero in affitto.”
Dall’altra
parte molti commentatori di diverso orientamento politico e la stessa Cirinnà o
il senatore Sergio Lo Giudice del PD hanno voluto ribadire che ''Le adozioni sono precluse alle coppie unite civilmente,
c'è però un'unica eccezione che riguarda quei bambini che fanno già parte dei
nuclei familiari di una coppia composta da persone dello stesso sesso” e che
quindi il DDL estende alle unioni civili la
cosiddetta Stepchild
Adoption, ossia l'adozione del bambino che vive in una coppia dello
stesso sesso, ma che è figlio biologico di uno solo dei due, prevista
dall'articolo 44 della legge sulle adozioni. Entrambi non modificano il testo sulla fecondazione assistita.
D’altra parte è il testo stesso della legge ad essere chiaro in
tal senso al comma 2 dell’art 14: “Le parti dell'unione civile possono
chiedere l'adozione o l'affidamento di minori ai sensi delle leggi vigenti, a
parità di condizioni con le coppie di coniugi.” Non verrebbero dunque
modificate le leggi vigenti su adozione e affidamento.
Come avrete potuto notare ci stiamo muovendo su un terreno a
tratti insicuro, impervio e nel quale vi è poca chiarezza.
Le domande sicuramente restano e sono sempre le stesse quando
andiamo a legiferare in materia di unioni civili:
1. Ha senso una legislazione precisa sulle unioni civili o esistono
già diritti garantiti dalla giurisprudenza o da leggi specifiche in queste
situazioni di convivenza che magari sarebbero semplicemente da riunire in un
unico DDL che li inglobi tutti?
2. Il DDL Cirinnà è davvero un disegno di legge incostituzionale perché
equipara la famiglia ad altre unioni non presenti in costituzione?
3. Il DDL Cirinnà introduce davvero la possibilità di adozione per
coppie dello stesso sesso fino ad arrivare a toccare a questioni etiche
importanti come l’utero in affitto?
Nei prossimi giorni e nelle prossime settimane avremo modo di
formare le nostre coscienze su dove stia la verità in merito a queste questioni
e potremo anche valutare come sarà l’iter parlamentare del suddetto DDL.
Da Cattolico mi piacerebbe ci fosse una presa di posizione
diversa da parte delle Associazioni Familiari che riescono a trovare spazio sui
media solo quando c’è da andare contro a qualcosa. Vorrei tanto che la difesa
della famiglia passasse attraverso richieste precise e specifiche di una
riforma unitaria che provi a venire incontro alle reali problematicità in cui
versa la famiglia nel nostro paese. Sto pensando al fisco, alle politiche di
maternità e paternità, all’educazione, al lavoro, ai problemi legati alla
disabilità, agli anziani, all’accompagnamento e alla vicinanza per chi si sta
separando o divorziando, all’aiuto per chi vuole con coraggio costruirla una
famiglia. Verrà prima o poi il tempo delle proposte?
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