Proponiamo oggi la risposta della
senatrice Cirinnà ad alcune questioni inserite da Lorenzo Banducci nel suo post
precedente riguardante il disegno di legge in materia di unioni civili.
Signor
Banducci, cari "Nipoti di Maritain".
Ho
letto con attenzione il vostro post "DDL Cirinnà dove sta la verità?"
e sarò ben lieta di rispondere alle domande che mi avete indicato via email.
Prima
di affrontare i tre quesiti che ponete, ritengo necessario specificare che la
relazione al Ddl che apre l'articolo è quella della proposta del collega
Manconi. La proposta Manconi è solo una delle varie depositate da altri
senatori e senatrici che sono state unificate in un testo base (di cui sono io
la relatrice) adottato dalla Commissione giustizia a fine marzo scorso e ora in
fase di emendamenti in commissione. La relazione che avete quindi citato non è
esaustiva dell'orientamento del nuovo testo, pertanto una nuova ne sarà stesa
al momento del passaggio in aula.
Ma
andiamo adesso ai tre punti.
Ha
senso una legislazione precisa sulle unioni civili o esistono già diritti
garantiti dalla giurisprudenza o da leggi specifiche in queste situazioni di convivenza
che magari sarebbero semplicemente da riunire in un unico DDL che li inglobi
tutti?
I
motivi per cui si stabilisce di creare una legislazione precisa in materia di
famiglie e coppie formate da persone dello stesso sesso sono principalmente
due: I. la necessità di inserire in dottrina quello che da anni afferma la
giurisprudenza al fine di delimitare precisamente l'ambito giuridico; II.
introdurre le forme di garanzia richieste dalle giurisdizioni italiane ed
europee in maniera da rientrare nel rispetto della nostra Carta Costituzionale
e della CEDU. Sono tante - e troppe - le sentenze che negli ultimi anni hanno
sollecitato il Legislatore a introdurre un istituto che tutelasse il diritto
alla vita familiare di queste formazioni.
I
due titoli del testo base, quindi, mettono sia nero su bianco l'orientamento
della giurisprudenza degli ultimi 20 anni circa, sia introducono quelle forme
di garanzia che molte persone aspettano da anni.
Il
DDL Cirinnà è davvero un disegno di legge incostituzionale perché equipara la
famiglia ad altre unioni non presenti in costituzione?
La
domanda è posta in maniera poco chiara, vi spiego perché. La nostra Corte di
Cassazione ha già avuto modo di esprimersi nel marzo 2012 sulla questione del
diritto alla vita familiare per le coppie e le famiglie same-sex: infatti,
sebbene queste "non possono far valere il diritto a contrarre matrimonio
né il diritto alla trascrizione del matrimonio celebrato all'estero",
tuttavia hanno il "diritto alla 'vita familiare'" e a "vivere liberamente
una condizione di coppia" con la possibilità, in presenza di
"specifiche situazioni", di un "trattamento omogeneo a quello
assicurato dalla legge alla coppia coniugata".
Se
sulla definizione di "famiglia" da parte della nostra giurisprudenza,
quindi, non c'è più ombra di dubbio, il fulcro della questione è invece
diventato: "quale istituto per le famiglie e le coppie omosessuali?".
Voglio
sottolineare come la mia proposta non sia basata sull'articolo 29 della
Carta (" La Repubblica riconosce i diritti
della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio" ) ma
sull'articolo 2, che invece recita: "la Repubblica riconosce e garantisce
i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali
ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale." E' questa
caratteristica che lo rende assolutamente coerente con i nostri principi
costituzionali e che lo pone in assoluta armonia con quanto richiesto dalla
Corte Costituzionale nei pronunciamenti 138/2010 e 170/2014 (“introdurre una
forma alternativa (e diversa) dal matrimonio”, § 5.6 Considerato in Diritto,
sent. n. 170 del 2014.)
Il
DDL Cirinnà introduce davvero la possibilità di adozione per coppie dello
stesso sesso fino ad arrivare a toccare a questioni etiche importanti come
l’utero in affitto?
La
mia proposta di testo unificato non si riferisce in alcun modo alla pratica
della gestazione per altri, e non interviene in alcun modo sulla Legge 40, ma
introduce lo strumento della stepchild adoption (riconoscimento del secondo
genitore) che permetterebbe al(la) partner unito/a civilmente di adottare il
figlio biologico del(la) compagno/a.
I
"figli dell'unione civile" possono essere stati concepiti in una
precedente relazione eterosessuale o esclusivamente all'estero attraverso
strumenti di procreazione come l'eterologa oppure - come avviene in alcuni casi
- la gestazione per altri, prevista e regolata in paesi stranieri.
Il
riconoscimento del secondo genitore viene introdotto andando ad intervenire su
una piccola parte delle disposizioni vigenti in materia di adozione speciale,
senza cambiare in alcun modo la disciplina delle adozioni legittimanti.
Grazie
per la vostra email, le occasioni di dibattito sono sempre molto gradite. Spero
di aver risposto in maniera esaustiva alle vostre perlessità.
Un
saluto,
Monica
Cirinnà
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