La crisi dell'elaborato a tema storico negli esami di stato che concludono gli studi superiori è un sintomo importante, che porta a un dibattito non nuovo: questa crisi non nasce oggi o ieri, ma se ne dibatte - spesso senza consapevolezza - da parecchi anni.
Scelto da meno del 2% degli studenti, probabilmente sparirà con la prossima riforma dell'esame: un modo celere per cancellare il problema e, allo stesso modo, per non doversi impegnare nella ricerca di altre vie.
La soluzione del Ministero è un po' come quella del medico che nasconde il sintomo e si disinteressa della malattia: perché togliere il tema che interessa meno, non risolve il nodo del disinteresse - e dell'ignoranza - degli studenti e dei cittadini nel campo storico.
Se servissero riprove di questa ignoranza, credo sia sufficiente raccoglierle ascoltando un po' di dibattiti in giro o leggendo i commenti sui social network. Il problema non è sapere chi è stato incoronato la notte di Natale dell'800 o in che anno si è svolta la battaglia di Lepanto: il vero dramma è la totale incapacità di leggere i fatti e di effettuare collegamenti. La storia si basa su quello, non sui numeri, sulle date e sui re, e quindi è una perfetta palestra per insegnare a farlo anche nella vita. Ne discende una doppia importanza: da una parte quella propria della disciplina in quanto tale, dall'altro quella delle competenze che si acquisiscono facendo buona storia in una buona scuola.
La direzione mantenuta dai governi e dai ministeri da che ne ho memoria, invece, è stata esattamente quella opposta.
Facile criticare, si potrà rispondere. Eppure chi è un po' pratico di scuola e di storia - e sono sempre meno - ha risposte e proposte pronte per il Ministero. O per chiunque intenda ascoltare.
Gli strumenti per prevenire c'erano e sono gli stessi che ora possono essere messi in campo per guarire: più storia. Più storia come identità personale e sociale, più storia come capacità di leggere il tempo, gli avvenimenti e i racconti, più storia come riconoscimento del fatto che lì si fonda la radice di ciò che siamo e che il presente non ha alcun significato se non conosce il passato da cui proviene e non riesce a orientarsi verso il futuro che desidera. Stare nel presente guardando al passato e pensando il futuro è il ruolo della storia nella società: lo si può ammettere o lo si può negare, lo si può anche combattere, ma è una verità che non cambierà, non meno di quanto si possa volare negando l'esistenza della gravità.
Come tradurre "più storia" nell'agire scolastico? La risposta immediata sarebbe "più ore di storia", ma ovviamente è una risposta che porta con sé numerosi problemi e, in fin dei conti, potrebbe rivelarsi sbagliata. La risposta più corretta, invece, proviene dall'analisi dei problemi che l'insegnamento di storia incontra, soprattutto nella scuola secondaria di secondo grado: una storia ancora troppo spesso fatta di date e di nomi, raccontata come un susseguirsi di fatti, insegnata da docenti che hanno una formazione storica universitaria ma non specialistica.
La prima grande rivoluzione nell'insegnamento della storia non può che essere la separazione delle cattedre di storia e filosofia: solo assegnando ai laureati in storia - a persone che hanno condotto studi sul metodo storico e sulla storiografia - questi corsi si può gettare nuova linfa su un settore che è in crisi come nessun altro. Potrà sembrare un privilegio, ma sarebbe soprattutto una battaglia: una battaglia in prima linea con poche speranze di tornare a casa. Inutile spedire in questa carneficina specialisti di altri settori, servono truppe formate per quel terreno. E quelle truppe sono gli storici.
La seconda decisione discende dalla prima: cambiare il modo di fare storia. Soprattutto nei licei e nei trienni conclusivi è necessario che si parli e si faccia storia usando un approccio laboratoriale e storiografico. Gli studenti devono sapere come nasce la narrazione storica e perché: è la strada più semplice per afferrare l'importanza del loro passato per il presente e il futuro. Toccare con mano è sempre una chiave didatticamente vincente e vale anche per la storia.
L'ultimo passo è mantenere l'importanza all'esame della storia e spingere perché la lettura e l'elaborazione dei testi sia un passaggio solido e consueto in tutte le scuole secondarie.
Andrea Bosio
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