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Visualizzazione dei post con l'etichetta vita spirituale

Dall'amore romantico all'amore umano

La verità è questa, secondo me: anzitutto l’amore come desiderio o passione, e l’amore romantico — o quanto meno un elemento di esso — dovrebbero, per quanto possibile, essere presenti nel matrimonio come un primo incentivo, come punto d’avvio.… In secondo luogo, il matrimonio, lungi dall’avere come suo scopo precipuo quello di portare al compimento perfetto l’amore romantico, ha da compiere nei cuori umani ben altra opera: un’infinitamente più profonda e più misteriosa operazione di alchimia: voglio dire che ha da trasformare l’amore romantico, o quanto di esso esisteva all’inizio, in un vero e proprio amore umano, reale ed indistruttibile, in un amore veramente disinteressato, che non esclude il sesso, si capisce, ma che diviene sempre più indipendente dal sesso, e può persino essere, nelle sue forme più elevate, completamente libero dal desiderio e dall'interferenza sessuale, in quanto di natura essenzialmente spirituale: una completa ed irrevocabile donazione dell’...

Riflessioni sull’utilità degli studi scolastici al fine dell’amore di Dio

La chiave di una concezione cristiana degli studi è che la preghiera esige attenzione, esige che venga orien­tata verso Dio tutta l’attenzione di cui l’anima è capace. La qualità dell’attenzione è strettamente collegata alla qua­lità della preghiera. Il calore del sentimento non può sup­plire. Soltanto la parte più elevata dell’attenzione entra in contatto con Dio, quando la preghiera è sufficientemente intensa e pura perché si possa stabilire un simile contat­to; ma tutta l’attenzione è rivolta a Dio. Gli esercizi scolastici sviluppano, certo, una parte meno elevata dell’attenzione, tuttavia essi hanno una loro efficacia per accrescere quel potere dell’attenzione che sa­rà disponibile al momento della preghiera; però devono essere eseguiti a questo scopo e soltanto a questo scopo.

No al clericalismo e alla borghesia dello spirito

di Jorge Mario Bergoglio     Omelia del 2 settembre 2012 a Buenos Aires.   L ’ascolto della Parola mi ha fatto sentire tre cose: vicinanza, ipocrisia e mondanità. La prima lettura dice: «Per caso esiste una nazione così grande da avere i propri déi vicini quanto lo è il Signore nostro Dio a noi?». Il nostro Dio è un Dio che si avvicina. È un Dio che si fa vicino. Un Dio che ha iniziato a camminare con il suo popolo e dopo si è fatto uno di loro come Gesù Cristo, per esserci più vicino. Ma non con una vicinanza metafisica, ma con quella vicinanza che descrive Luca quando Gesù va a curare la figlia di Jairo, con la gente che lo spintona fino a soffocarlo mentre un’anziana tenta di toccargli il mantello. Con questa vicinanza della moltitudine che voleva azzittire il cieco che con le grida voleva farsi sentire all’entrata a Gerico. Con questa vicinanza che ha dato animo a quei dieci lebbrosi per chiedergli di lavarli. Gesù è qui. Nessuno voleva perdersi quest...

Bisogno di spiritualità: intervista ad Anselm Grün

Nel 1991 Lei ha aperto, nella sua abbazia, una “Casa di raccoglimento” dove opera con un’équipe di tre terapeuti. Vi hanno trovato accoglienza circa 500 preti, religiosi e religiose in difficoltà. Che cosa gli proponete? Anselm Grün : Le persone che si rivolgono a noi lo fanno nella speranza di crescere tanto umanamente che spiritualmente, di poter di nuovo accettare con gioia il proprio lavoro e la propria vita. Il nostro intervento poggia sulla convinzione che in ognuno di noi scorre la fonte dello Spirito Santo, una fonte di creatività e di energia. E’ nostro dovere consentire a queste persone di ristabilire i contatti con questa fonte interiore. E’ proprio nel luogo in cui sono ferite che le persone possono scavare dentro di sé per ritrovare il getto interiore. In altre parole: è nel luogo della sua ferita che ciascuno può scoprire il suo tesoro, perché proprio in questa ferita ognuno si avvicina di più al suo vero io. Noi accogliamo le persone per cure di tre mesi in cui si ...

Io vedo che il cristianesimo muore

I sentimenti di Nietzsche su Gesú sono rimasti sempre confusi. Lo stesso si deve dire dei suoi giudizi sul cristianesimo. In esso egli ha intravisto piú che un ideale falso , un ideale svigorito e decaduto. Ecco, ad esempio, come egli si esprime: “È la nostra pietà, piú severa e piú raffinata, ad interdirci oggi di essere ancora cristiani”. Da questo si vede che Nietzsche l’ha con i cristiani del nostro tempo, con noi stessi. Il suo sferzante disprezzo ha di mira le nostre mediocrità, le nostre ipocrisie. Esso prende di mira le nostre debolezze ammantate di bei nomi. Ricordandoci la gioiosa e forte austerità del “cristianesimo primitivo”, svergogna il “nostro cristianesimo attuale”, talvolta effettivamente “dolciastro e nebuloso”. Gli si può dare completamente torto? Dobbiamo, contro di lui, prendere le difese di tutto ciò che “oggi porta il nome di cristiano”? Quando egli, per esempio, esclama, parlando di noi: “Bisognerebbe che essi mi cantassero dei canti migliori, perché io imp...

La tristezza è un verme del cuore e mangia la madre che l'ha generato.

  Il monaco affetto dalla tristezza non conosce il piacere spirituale: la tristezza è un abbattimento dell'anima e si forma dai pensieri dell'ira. Il desiderio di vendetta, infatti, è proprio dell'ira, l'insuccesso della vendetta genera la tristezza; la tristezza è la bocca del leone e facilmente divora colui che si rattrista. La tristezza è un verme del cuore e mangia la madre che l'ha generato. Soffre la madre quando partorisce il figlio, ma, una volta sgravata, è libera dal dolore; la tristezza, invece, mentre è generata, provoca lunghe doglie e, sopravvivendo, dopo i travagli, non porta minori sofferenze. Il monaco triste non conosce la letizia spirituale, come colui che ha una forte febbre non avverte il sapore del miele. Il monaco triste non saprà muovere la mente verso la contemplazione né sgorga da lui una preghiera pura: la tristezza è un impedimento per ogni bene. Avere i piedi legati è un impedimento per la corsa, così la tristezza è un ostacolo per la...