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Questioni aperte: la comunione ai divorziati risposati

Al ministro ordinato si presenta un fedele il quale ha maturato, con l’aiuto di Dio e di alcuni credenti, una chiara consapevolezza della propria situazione morale e spirituale. Dieci anni addietro egli iniziò, dopo un certo degrado interiore e affettivo, a tradire la moglie, la quale invece non cessò di rimanergli fedele. A un certo punto decise di abbandonare moglie e figlio, di accompagnarsi con un’altra donna e infine di divorziare, per passare con la seconda donna a nozze civili. Da queste nacque dopo qualche anno un figlio. L’uomo ora assolve con precisione agli impegni finanziari derivati dal matrimonio, e partecipa, per quanto possibile, alla educazione del primo figlio. Egli comincia a riapprezzare il Vangelo, col quale era entrato in contrasto, nonostante la buona educazione cristiana ricevuta. Ne riconosce profondità e valore anche a proposito del matrimonio. Da tempo egli nutre un profondo sentimento di pentimento e volontà di riconciliazione con Dio e la Chiesa. Confro

Benigni e la laicità

di Lorenzo Banducci   Ieri sera mi sono divertito e commosso. Divertito perché Roberto Benigni con quel suo accento fieramente toscano riuscirebbe a far sorridere chiunque anche se leggesse l’elenco telefonico. Commosso, perché quando si sente parlare in questi termini della nostra Costituzione non si può far altro che battere le mani ed essere felici. Benigni ci ha fatto volare alto e ci ha ricordato che qualche motivo per essere fieri del nostro Paese lo abbiamo e dobbiamo tenercelo ben stretto nonostante l’attuale crisi morale e nonostante questa continua decadenza dei costumi e della politica.

La bellezza è fuggita

La nostra parola iniziale si chiama bellezza. La bellezza è l’ultima parola che l’intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa altro che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto. Essa è la bellezza disinteressata senza la quale il vecchio mondo era incapace di intendersi, ma la quale ha preso congedo in punta di piedi dal moderno mondo degli interessi, per abbandonarlo alla sua cupidità e alla sua tristezza. Essa è la bellezza che non è piú amata e custodita nemmeno dalla religione, ma che, come maschera strappata al suo volto, mette allo scoperto dei tratti che minacciano di riuscire incomprensibili agli uomini. Essa è la bellezza alla quale non osiamo piú credere e di cui abbiamo fatto un’apparenza per potercene liberare a cuor leggero. Essa è la bellezza infine che esige (come è oggi dimostrato) per lo meno altrettanto coraggio e forza di decisione della verità e della bontà,

Vaticano e problemi comunicativi

di Lorenzo Banducci   Dire che quella di ieri sia stata una giornata difficile per Papa Benedetto è davvero un eufemismo. Una sua azione e le parole di un suo messaggio hanno prodotto una risposta travolgente contro di lui da parte sia dei social network sia dei mezzi di comunicazione.

Va distinto il contenuto sempre valido dei dogmi dalla forma nella quale esso viene espresso

J.H. Newman ha elaborato una criteriologia dello sviluppo dei dogmi, che prepara e completa quanto abbiamo esposto. Essa può essere applicata proporzionalmente all’interpretazione dei dogmi più approfondita che li attualizza. Newman enumera sette principi, cioè i seguenti criteri: 1) Preservazione del tipo, cioè della forma fondamentale , delle proporzioni e dei rapporti tra le parti e il tutto. Quando la struttura d’insieme permane, pure il tipo è mantenuto, anche se certi concetti particolari cambiano. Ma tale struttura d’insieme può venire corrotta, anche nei casi in cui i concetti rimangono gli stessi, se essi sono inseriti in un contesto o in un sistema di coordinate totalmente diverso. 2) Continuità dei principi : le diverse dottrine ripresentano i princìpi più profondamente soggiacenti, anche se spesso potranno essere conosciuti solo più tardi. Una stessa dottrina, se è avulsa dal principio che la fonda, può essere interpretata in varie maniere e condurre a conclusioni opp

La Chiesa è l'ancella dell'umanità

La Chiesa del Concilio, sì, si è assai occupata, oltre che di se stessa e del rapporto che a Dio la unisce, dell’uomo, dell’uomo quale oggi in realtà si presenta: l’uomo vivo, l’uomo tutto occupato di sé, l’uomo che si fa soltanto centro d’ogni interesse, ma osa dirsi principio e ragione d’ogni realtà. Tutto l’uomo fenomenico, cioè rivestito degli abiti delle sue innumerevoli apparenze; si è quasi drizzato davanti al consesso dei Padri conciliari, essi pure uomini, tutti Pastori e fratelli, attenti perciò e amorosi: l’uomo tragico dei suoi propri drammi, l’uomo superuomo di ieri e di oggi e perciò sempre fragile e falso, egoista e feroce; poi l’uomo infelice di sé, che ride e che piange; l’uomo versatile pronto a recitare qualsiasi parte, e l’uomo rigido cultore della sola realtà scientifica, e l’uomo com’è, che pensa, che ama, che lavora, che sempre attende qualcosa il «filius accrescens» (Gen. 49, 22); e l’uomo sacro per l’innocenza della sua infanzia, per il mistero della sua

Extra Ecclesiam nulla salus ?

Gesù ha unito l'annuncio del regno di Dio con la sua chiesa. Dopo la morte e la risurrezione di Gesù si ricompose l'unione del popolo di Dio, nel nome di Gesù Cristo. La chiesa degli ebrei e dei gentili fu intesa come un'opera di Dio e come la comunità nella quale si sperimenta l'azione del Signore elevato al cielo e del suo Spirito. Alla fede in Gesù Cristo, mediatore universale della salvezza, si unisce il battesimo nel suo nome, come mediazione per partecipare alla sua morte redentrice, per ricevere il perdono dei peccati e per entrare nella comunità di salvezza (cf. Mc 16,16; Gv 3,5). Perciò il battesimo è paragonato all'arca salvatrice (1Pt 3,20-21). Secondo il Nuovo Testamento la necessità della chiesa per la salvezza si fonda sull'unica mediazione salvifica di Gesù Cristo.