di Lorenzo Banducci
Si è concluso poco fa l’iter legislativo della nuova
legge elettorale italiana, il famoso Italicum. Una legge che ha sicuramente
diviso l’opinione politica e che alla fine è stata approvata dalla sola
maggioranza di governo, fatta eccezione per i parlamentari della minoranza del
Partito Democratico che hanno votato contro.
Cosa prevede.
L’Italicum è un sistema elettorale
proporzionale (il numero di seggi verrà assegnato in proporzione al numero di
voti ricevuti) e il calcolo sarà fatto su base nazionale, ma modificato fortemente
da un premio di maggioranza.
La lista che supera il 40% dei voti
ottiene un premio di maggioranza: raggiungendo in tutto 340 seggi, cioè circa
il 54% del totale dei seggi della Camera.
Se nessuna lista supera il 40% dei voti è previsto un ballottaggio tra le due liste (non le coalizioni dunque, ma le liste) che hanno ottenuto più voti. La lista che prende più voti dell’altra ottiene il premio di maggioranza. Fra il primo e il secondo turno non sono possibili apparentamenti o collegamenti di lista: competono le liste così come sono state presentate all’inizio.
E' prevista una soglia di sbarramento del 3 per cento per ottenere seggi alla Camera ed evitare la frammentazione della rappresentanza.
Se nessuna lista supera il 40% dei voti è previsto un ballottaggio tra le due liste (non le coalizioni dunque, ma le liste) che hanno ottenuto più voti. La lista che prende più voti dell’altra ottiene il premio di maggioranza. Fra il primo e il secondo turno non sono possibili apparentamenti o collegamenti di lista: competono le liste così come sono state presentate all’inizio.
E' prevista una soglia di sbarramento del 3 per cento per ottenere seggi alla Camera ed evitare la frammentazione della rappresentanza.
Saranno costituiti 100 collegi che
comprenderanno fino a 600mila persone. In Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige
si voterà in nove collegi uninominali.
Saranno possibili le cosiddette candidature multiple: i capilista (e solo loro) potranno cioè essere inseriti nelle liste in più di un collegio (come già accadeva nel Porcellum), fino a un massimo di 10 collegi.
Saranno possibili le cosiddette candidature multiple: i capilista (e solo loro) potranno cioè essere inseriti nelle liste in più di un collegio (come già accadeva nel Porcellum), fino a un massimo di 10 collegi.
I 100 capilista saranno scelti
direttamente dai partiti (ma non si esclude che ogni singolo partito possa fare
delle selezioni aperte come ad esempio le primarie).
Prima sono eletti i capilista, poi – se la lista ha diritto ad altri posti – i candidati eletti con le preferenze, gli elettori ne potranno esprimere due: obbligatoriamente un uomo e una donna pena la nullità della seconda preferenza. Tra i capilista, non più del 60 per cento sarà dello stesso sesso.
Prima sono eletti i capilista, poi – se la lista ha diritto ad altri posti – i candidati eletti con le preferenze, gli elettori ne potranno esprimere due: obbligatoriamente un uomo e una donna pena la nullità della seconda preferenza. Tra i capilista, non più del 60 per cento sarà dello stesso sesso.
Il merito.
Le legge elettorale così prevista è, a
mio avviso, sicuramente da considerarsi un passo in avanti rispetto al sistema
elettorale precedente: il famigerato Porcellum con cui abbiamo convissuto negli
ultimi anni. Si poteva sicuramente fare di più in ordine al tema dei capilista
bloccati, ma alla fine si è scelto di fare così. Altro tema discusso è quello
della governabilità/stabilità che si ritiene maggiormente garantita da questo
nuovo sistema. Questo punto rimane da valutare in modo adeguato in un sistema
politico/parlamentare come il nostro che è sempre caratterizzato dalla
frammentazione. Vedremo se effettivamente sarà frequente la formazione di
governi monocolore o monopartito, come pare conveniente fare in un sistema
elettorale come questo, o se comunque negli eventuali ballottaggi le liste
rimaste (e magari in svantaggio) tenteranno apparentamenti non
ufficiali (facilmente ottenibili con scambi di poltrone del futuro governo quali ministeri, sottosegretariati o incarichi) pur di non consentire
all’avversario politico di vincere le elezioni.
Il metodo.
Personalmente sono rimasto deluso dal
modo con cui è stato troncato il dibattito alla Camera su questa legge per mezzo dell'utilizzo della fiducia. Tralascio qui il discorso sulla costituzionalità di questo gesto e rimando per questo all'art 72 della nostra Carta, ma anche alla replica di chi, in materia, è più esperto di me.
Non si
può dire comunque che in questi due anni non si sia parlato di legge elettorale come ha anche
fatto notare Renzi nella lettera inviata ai segretari dei circoli del PD: “L'abbiamo proposta alle primarie del
dicembre 2013, con due milioni di persone che ci hanno votato. L'abbiamo
ribadita alla prima assemblea a Milano. L'abbiamo votata in direzione a gennaio
2014. L 'abbiamo
votata, modificata sulla base delle prime richieste della minoranza interna,
alla Camera nel marzo 2014.
L 'abbiamo di nuovo modificata d'accordo con tutta la
maggioranza e l'abbiamo votata al Senato nel gennaio 2015. L 'abbiamo riportata
in direzione nazionale e l'abbiamo votata. Poi abbiamo fatto assemblea dei
deputati e l'abbiamo votata ancora una volta. L'abbiamo votata in Commissione e
adesso siamo alla terza lettura alla Camera, in un confronto parlamentare che è
stato puntuale, continuo, rispettoso”.
Al di là di questo rimane un dato di
fatto che alla fine l’approvazione sia avvenuta senza le opposizioni in aula e
che, ancora una volta, le regole del gioco siano state definite dalle sole
forze politiche di maggioranza (nemmeno totalmente in accordo). E’ una macchia
che resta in questo percorso legislativo, una forzatura inutile e pure
ingiustificata visto che tale legge entrerà in vigore solo nel 2016 quando il
cammino per la riforma complessiva del sistema costituzionale sarà definito.
Difficile anche comprendere la scelta
di Renzi di non provare a rimettere in discussione alcune cose (penso in
particolare alla questione delle preferenze) con la minoranza interna del PD
una volta che il patto con Berlusconi e Forza Italia – meglio noto come patto
del Nazareno – era saltato.
Tutto questo iter, divenuto una
forzatura nei metodi, rischia di compromettere il cammino delle riforme
istituzionali anche in vista del referendum confermativo che metterà nelle mani
dei cittadini la possibilità di annullare tale percorso. L’Italicum
infatti, ha valore solo per la Camera dei Deputati e nel caso in cui, per qualsiasi
ragione, non andasse in porto la riforma del Senato rischiamo di avere un
sistema elettorale misto: Italicum alla Camera e Consultellum (la legge elettorale
stabilita dalle decisione della Consulta) al Senato.
Capisco la frenesia di Renzi nel voler portare
a casa il cambiamento da lui promesso al Paese, ne capisco anche l’astio per un
sistema così lento e farraginoso quale è il nostro, ma forse un po’ più di
prudenza su un tema tanto delicato perché riguarda ciò che è comune a tutti,
ovvero le regole, sarebbe stata gradita. Stavolta "il fine non giustifica i mezzi".
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