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Bruno Bignami e l’ecologia integrale relazionale


Don Bruno Bignami, lei è autore di un saggio intitolato “Terra, aria, acqua e fuoco. Riscrivere l’etica ecologica”. Perché mai occorre riscriverla?
In quel saggio tentavo di dire che siamo in una fase storica di passaggio, dove alcune cose che alcuni anni fa ritenevamo scontate oggi non lo sono più. In particolare mi riferivo al rapporto con i beni comuni, per cui terra, aria, acqua e fuoco dicono il rapporto umano con gli elementi essenziali per la vita. Abbiamo dato per scontato che fossero parti del diritto del vivere umano. In realtà oggi non è più così, perché la tentazione è quella di un’appropriazione continua di questi beni. Riscrivere l’etica ecologica riguarda non solo il rapporto che noi abbiamo con l’ambiente, ma pure il tema sociale del rapporto con l’umanità che si struttura nella gestione anche dei beni comuni. Da questo punto di vista occorre riscrivere l’etica ecologica, cioè allargare lo sguardo e partire dal nostro rapporto coi beni comuni: siamo capaci di essere inclusivi o siamo esclusivi, cioè persone che escludono?

In che modo può essere riscritta l’etica ecologica? Su quali basi va rifondata? Anche da un punto di vista “ateo” – o perlomeno “laico” – è possibile trovare giustificazioni per salvaguardare quella che noi chiamiamo “creazione”?
Parto dall’ultima prospettiva. La visione cristiana del rapporto con l’ecologia è all’interno di un rapporto vitale con Dio, tant’è vero che nella visione biblica parliamo di creazione, non di natura. Il concetto di creazione presuppone l’esistenza di un creatore e delle creature; l’uomo è creatura tra le creature e c’è un Creatore. All’interno di questa relazione fondante si struttura la considerazione ecologica, dal punto di vista credente. Il cristianesimo può entrare in dialogo offrendo un apporto specifico, che è quello relazionale, fondamentale oggi per capire le questioni ecologiche. La Laudato si’ si colloca esattamente nella prospettiva dell’ecologia integrale. Le relazioni non solo con l’ambiente, ma anche quelle sociali, economiche, politiche, costituiscono una dimensione ecologica. Questo è l’apporto che il cristianesimo può offrire, in dialogo con la cultura contemporanea. Anche chi fa riferimento a esperienze culturali differenti ha da rispondere a questo interrogativo: come salvaguardare la nostra umanità e un discorso ecologico a partire dalle relazioni che ci costituiscono?

Però talvolta si accusa l’impostazione etica cattolica tradizionale di aver strumentalizzato tutto il creato in funzione unicamente dell’uomo, svilendolo di un valore in sé degno di tutela. Quindi il cattolicesimo, secondo alcuni, sarebbe corresponsabile della crisi ecologica. È fondata tale critica?
La critica non è solo nei confronti del cattolicesimo, ma del cristianesimo in genere. Uno dei punti che Lynn White scrisse nel suo articolo pubblicato nel 1967 sulla rivista Science andava in questa direzione: il cristianesimo si sarebbe fatto promotore di un antropocentrismo, cioè della visione per cui l’uomo è al centro. Questo fatto avrebbe contribuito a calpestare la creazione. Ma nella dimensione biblica l’uomo ha un ruolo speciale, che viene ben rappresentato da due immagini: quella del re che si mette al servizio del suo popolo e quella del pastore che sceglie i pascoli migliori per il suo gregge. Il ruolo dell’uomo allora non è quello di chi può fare ciò che vuole con la creazione ma è colui che ha la capacità di riconoscere la bellezza, di mettersi al servizio di una creazione che deve continuare ad essere bella e di favorire le relazioni tra le creature. C’è un antropocentrismo cristiano, ma – come spiega Laudato si’ – non è mai un antropocentrismo dispotico. Non è vero che l’uomo sarebbe l’unica realtà creata, mentre tutto il resto andrebbe demolito. 

Oltre alla già citata Laudato si’, secondo Lei sono già presenti altri segni concreti di una trasformazione della morale cattolica di fronte alla crisi ecologica? Se sì, in quale direzione?
I segni ci sono da anni. Per fortuna tale riflessione è entrata anche nelle scuole di teologia, nei libri, nelle catechesi, nell’ambito della teologia morale. Oggi nel cattolicesimo il tema ecologico è molto affrontato. Una cosa che deve diventare sempre più provocazione – e anche invito – è che il tema dell’ecologia integrale sia parte delle scelte e degli stili di vita dei cristiani. Questo aspetto ha bisogno di maturazione: formare coscienze che di fronte ad ogni scelta sappiano decidere per una valorizzazione della persona e del suo rapporto con la creazione in una prospettiva che papa Francesco definisce “ecologia integrale”. Proprio questa è la cifra sintetica della riflessione cattolica odierna: tutto è connesso e pertanto non si può separare la questione sociale dalla questione ambientale, così come non si può separare una questione economica da una questione che mette in campo la relazione con i beni della terra. L’espressione “tutto è connesso” ci ricorda l’orizzonte nel quale la teologia e il mondo cattolico guardano all’ecologia.

Lei è presidente della Fondazione don Primo Mazzolari e postulatore della sua causa di beatificazione. Papa Francesco nella sua visita a Bozzolo si è soffermato su tre scenari che ogni giorno riempivano i suoi occhi e il suo cuore: il fiume, la cascina e la pianura. Qual era, sinteticamente, lo sguardo di don Mazzolari sull’ambiente? In che modo anch’egli può darci mano a riscrivere l’etica ecologica?
Don Primo Mazzolari ha vissuto nella prima metà del Novecento ed è morto nel 1959. I temi ambientali all’epoca sua non erano avvertiti come lo sono. Non è stata sua preoccupazione metterli al centro della sua riflessione, perché il suo contesto non ne sentiva la necessità. Però Mazzolari ha pensato un cristianesimo incarnato dentro la storia. Quindi la domanda per il nostro tempo è: cosa significa oggi vivere un cristianesimo incarnato nella storia, che non fugge le grandi questioni etiche del nostro tempo ma se ne fa carico, le fa sue e aiuta l’umanità di oggi ad affrontarle, approfondirle e risolverle? Non dobbiamo cercare in Mazzolari soluzioni ai temi ambientali: non le troveremo mai. Però troviamo un tipo di cristianesimo impegnato con l’umanità. È esattamente il modello che ci aiuta a non trascurare i passaggi storici del nostro tempo e a viverli “con il vangelo in mano”, preoccupati di essere significativi dal punto di vista evangelico. 

Intervista a cura di Piotr Zygulski, tratta da Nipoti di Maritain n. 06 (maggio 2018), liberamente accessibile al link: https://issuu.com/nipotidimaritain/docs/nipoti_06

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