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Inos Biffi: Tommaso insegna a pensare la fede - INTERVISTA


Per l'ottavo numero della rivista Nipoti di Maritain il direttore Piotr Zygulski ha intervistato il teologo Inos Biffi (1934), professore emerito di Teologia sistematica e di Storia della teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e incaricato delle stesse materie presso la Facoltà di Teologia di Lugano. Tra i massimi conoscitori del pensiero di San Tommaso d’Aquino, ha fondato e dirige l’Istituto di Storia della Teologia presso la Facoltà di Teologia di Lugano. È dottore honoris causa della Biblioteca Ambrosiana per la quale ha curato l’Opera omnia bilingue di sant’Ambrogio. Membro della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino, è presidente dell’Istituto per la Storia della Teologia Medievale di Milano da lui fondato. Dirige l’edizione bilingue delle Opere di sant’Anselmo d’Aosta e varie collane, come la “Biblioteca di Cultura Medievale” e “Eredità Medievale”. Ha ricevuto il premio Premio Benedetto XVI 2016 assegnato dalla Fondazione Ratzinger per lo «straordinario servizio alla Chiesa e alla cultura teologica del nostro tempo».
Monsignor Biffi, quali sono i fraintendimenti più comuni quando si parla di Tommaso d’Aquino?
Innanzitutto occorre dire che san Tommaso d’Aquino non è letto; ci sono dei pregiudizi che accompagnano il suo pensiero e la sua figura: lo considerano un autore ormai storicamente superato. Poiché egli crede nel valore dell’essere stabile, viene rifiutato; si pensa che il suo sia un pensiero fisso, bloccato e scolasticamente determinato, ignorandone la forza, il dinamismo, la virtus. Eppure Tommaso ha un vigore profondo e inesauribile, come una fontana che sgorga continuamente: ha dentro di sé un’energia tale per cui i confini sono oltrepassati; e questo non perché si distenda nel generico, bensì perché si fonda anzitutto sull’Essere – sull’Essere di Dio, della Trinità – e quindi sulla fonte di tutto il sapere. Poi va tenuto presente che il rigore logico non significa mancanza di conoscenza; anzi: in Tommaso c’è una valorizzazione dell’aspetto affettivo che coinvolge tutta la persona, compreso il cuore. La sua riflessione investe e fa emergere l’uomo intero.

A suo avviso, la distinzione tra Tommaso d’Aquino e il tomismo ha senso?
Sì, nella misura in cui sappia dimostrare che il tomismo è distinto da Tommaso. Ma cosa si intende per tomismo? Quali rappresentanti sono riconosciuti? Che studi sono stati fatti su di essi? Anche qui spesso non si oltrepassa la genericità, che è la cosa più dannosa. Tale distinzione fa parte di una certa retorica; occorrerebbero quindi degli studi seri, particolareggiati e determinati per evidenziare se c’è questa separazione – se non una vera e propria opposizione – tra Tommaso e il tomismo. Insomma, manca un investimento critico a riguardo di questi termini.

Quale ruolo ha Tommaso d’Aquino nell’insegnamento della teologia cattolica oggi?
Se insiste sull’oggi, Tommaso mi pare abbastanza trascurato. Mi sorge tra l’altro una domanda: c’è oggi una teologia? Abbiamo ondeggiamenti e associazioni con il pensare debole, mobile, circostanziato e quindi non robusto, non fondato; questa è la caratteristica del pensiero di oggi. La cultura contemporanea infatti non si distingue per la sua stabilità, da intendersi quale valore che le circostanze non inglobano, non oltrepassano e non superano. Tuttavia non intendo affermare che nella tradizione del pensiero cristiano ci sia solamente Tommaso; non possiamo dimenticare menti eccelse come Bonaventura e Duns Scoto: abbiamo diverse tradizioni di pensiero che riflette la fede. Però è indubbio che quello di Tommaso ha un valore singolare, come del resto il Magistero della Chiesa ha riconosciuto, vedendo in lui un grandissimo maestro; non dico insuperabile, ma probabilmente insuperato. Lo contraddistingue il senso della trascendenza del contenuto della fede; non è vero che Tommaso ricondurrebbe ai confini della ragione il mistero: è esattamente il contrario. Nello stesso tempo egli è convinto che ciò che si crede può essere oggetto della riflessione dell’uomo; in altre parole, Tommaso afferma che la forza del contenuto della fede sa attrarre l’intelletto, il quale così si arricchisce.

Cosa Tommaso d’Aquino può ancora insegnare oggi alla Chiesa? C’è qualche aspetto in particolare del suo pensiero che, secondo Lei, merita un’urgente riscoperta?
Oggi San Tommaso alla Chiesa insegna a pensare la fede. La risolve anzitutto nell’oggetto primo e assoluto – che è Dio – secondo il significato etimologico della parola teologia: logos avente come contenuto Dio. Questo è certamente importante. L’urgente riscoperta è che per pensare la fede occorre un intelletto sano e robusto, non sfilacciato e ondeggiante come la diffusa cultura di oggi.


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