Parlare di libertà di coscienza attraverso l’esamina della vita e degli scritti del cardinale inglese John Henry Newman (1801-1890) non è impresa facile a farsi. Non si può parlare di Newman senza far costante riferimento al valore fondamentale che lui attribuiva alla coscienza quale base naturale e religiosa per la concretizzazione delle opinioni personali dell’uomo, rendendo di fatto il prelato inglese uno dei massimi esponenti della cosiddetta filosofia dell’azione, come fu riconosciuto a suo tempo dai filosofi Nicola Abbagnano e Giovanni Reale. La produzione letteraria newmaniana, nella sua complessità, è intrisa di questa costante ricerca di sé stesso: il ricchissimo epistolario, i trattati apologetici, le opere filosofiche, i romanzi e, anche, gli articoli redatti da Newman trasudano di questo anelito di libertà e di autocoscienza che lo rendono, per molti aspetti, un “Agostino moderno”. Nella sua biografia apologetica, intitolata Apologia pro vita sua (1864), Newman esplica,
Debitori a Voltaire per la tolleranza, debitori a Lutero per il non conformismo.