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Rosario Livatino, il giudice che credeva nella carità

Vi presentiamo questo articolo, uscito Ricerca (il bimestrale della FUCI) due anni fa, che parla del giudice Rosario Livatino vittima della mafia. di Manuela Cilia «...Forse tu agisci da re perché ostenti passione per il cedro? Forse tuo padre non mangiava e beveva? Ma egli praticava il diritto e la giustizia e tutto andava bene Egli tutelava la causa del povero e del misero...» (Ger. 22,15) Il versetto di Geremia rispecchia il clima di degrado politico che attraversava l'Italia degli anni '70 e '80. Era il periodo del “regime di corruzione” in cui i politici al governo assestavano duri colpi alla magistratura da un lato delegandole la risoluzione dei gravi problemi della nostra democrazia, dall'altro diffidandone col timore che il loro potere venisse da essa stessa minacciato.

Sacerdote del Signore

A 21 anni dalla strage di Capaci viene celebrata, in ricordo di quel 23 maggio 1992, la Giornata della Legalità con una serie di iniziative interessanti seguite anche dalla RAI. La chiusura ideale avverrà sabato 25 maggio con la beatificazione di don Pino Puglisi . E’ da un ricordo del prete di Brancaccio ucciso dalla mafia che noi vogliamo partire, dimostrandoci aperti ai contributi di tutti e in particolare degli amici del Sud che vorranno intervenire sulle nostre pagine nei prossimi giorni. di Vito Magno (religioso rogazionista, giornalista, membro del Centro Nazionale Vocazioni) da: Rivista "Ai Nostri Amici" settembre - ottobre 1993 Di Don Giuseppe Puglisi, il prete assassinato dalla mafia il 15 settembre ‘93, è stato scritto molto, ma non è stato detto tutto. E’ morto a cinquantasei anni, ma a leggere i giornali si potrebbe pensare che li avesse tutti trascorsi nella parrocchia palermitana al Brancaccio, che guidava da soli tre anni. Il grosso del

Chiesa e mafia

di Vincenzo Fatigati Quando la telecamera di qualche giornalista riprende l’interno di un bunker che ha ospitato la latitanza di qualche camorrista, talvolta, oltre all’arsenale e ai quaderni contabili del clan (dove vengono appuntati nomi di affiliati e agenti corrotti), affianco ai vari oggetti- simbolo che manifestano l’ostentazione pacchiana del potere e lo sfarzo di famiglie malavitose; registra la aberrante convivenza con immagini religiose: figurine di santi, statue di Padre Pio, rosari, crocifissi e in certi casi anche Bibbia e testi sacri . Parecchi elementi di spicco di feroci e sanguinari clan sono stati trovati in possesso di oggetti sacri , senza che ciò venga minimamente percepito come stridente con la propria condotta morale. Si pensi solo alla casa - bunker di “Sandokan” Schiavone ( e di suo figlio), o anche al pluripregiudicato Diana. Per citare i più famosi.