di John L. Allen
in “ncronline.org” del 3
gennaio 2014 (traduzione: www.finesettimana.org)
Non capita spesso che la
vita reale generi un esperimento di laboratorio che aiuti a risolvere un dibattito
storico, ma la politica italiana può creare proprio una tale opportunità per
fare luce su una questione biografica chiave relativa a papa Francesco.
Dato che il tema è lo status
legale delle relazioni tra persone dello stesso sesso, il parere del papa ovviamente
assume un interesse non meramente storico.
Prima della sua elezione al
pontificato la linea del cardinale di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio era
quella di un conservatore abbastanza convenzionale, in parte a causa del suo
ruolo nell'agguerrito dibattito nazionale argentino del 2010 sul matrimonio
gay.
Il contrasto fu l'occasione
per una tra le più focose retoriche politiche di Bergoglio, espressa in una lettera
del luglio 2010 inviata ai monasteri argentini, in cui chiedeva loro di pregare
per il fallimento dell'iniziativa.
“Evitiamo di essere ingenui:
questa non è semplicemente una battaglia politica, ma un tentativo di distruggere
il disegno di Dio”, scriveva allora. “Non è solo un progetto di legge, ma una
mossa del padre delle menzogne, che cerca di confondere e di ingannare i figli
di Dio”. Alla fine, tuttavia, l'Argentina divenne la prima nazione
latinoamericana ad adottare il matrimonio gay.
Come conciliare
quell'atteggiamento apparentemente duro di Bergoglio nel 2010 con la percezione
che si ha oggi di papa Francesco come una persona politicamente moderata,
determinata a comporre le guerre di civiltà, un pontefice ritenuto aperto verso
i gay per la famosa frase: “Chi sono io per giudicare?”
Ci sono due teorie di fondo.
Una è che il vero Francesco
sia quello della lettera del 2010, e che l'attuale fascino con il guanto di velluto
ignora il polso di ferro che vi sta sotto. Dategli tempo, sostiene questa
teoria, e mostrerà la sua vera natura. (Questo modo di vedere tende ad essere
diffuso sia tra i conservatori che vogliono che il papa dia delle linee guida,
che tra gli attivisti dei diritti gay che temono che faccia proprio questo.)
L'altra teoria sostiene che
quello della lettera del 2010 non fosse il vero Bergoglio, che era invece tranquillamente
disponibile ad accettare una soluzione di compromesso per le unioni civili come
alternativa al matrimonio gay, e che adottò un atteggiamento rigido in pubblico
poiché era presidente della conferenza episcopale e si sentiva in dovere di
esprimere il modo di vedere della maggioranza.
Il padre argentino Jorge
Oesterheld, che era portavoce della conferenza episcopale argentina per i sei
anni in cui Bergoglio ne fu presidente dal 2005 al 2011, affermò proprio questo
in un'intervista a NCR in aprile.
“Alcuni [vescovi] erano più
inflessibili di altri”, disse Oesterheld. “Il cardinale procedette secondo quanto
voleva la maggioranza. Pensava che fosse il suo compito come presidente della
conferenza episcopale sostenere ciò che la maggioranza aveva deciso, e non
impose la propria visione ad altri vescovi”.
La politica italiana a breve
potrà dare a Francesco un'altra opportunità di occuparsi dell'argomento. Ieri
il nuovo leader carismatico del Partito Democratico di centro-sinistra, il
sindaco di Firenze Matteo Renzi, ha esposto gli elementi base del suo programma
in una lettera ai capi partito. I sondaggi indicano il trentottenne Renzi come
favorito per diventare il prossimo primo ministro del paese.
Un punto del suo programma è
il sostegno alle unioni civili, secondo linee simili a quelle del “Civil Partnership
Act” adottato nel Regno Unito sotto il governo Blair.
Dato il sistema di valori
italiano fortemente cattolico, gli osservatori ritengono che sia improbabile prevedere
un matrimonio nel pieno senso del termine per le coppie dello stesso sesso, ma
i sondaggi mostrano che c'è il sostegno popolare per le unioni civili.
“Questi non sono diritti
civili, ma doveri civili”, ha detto Renzi. “Come può dirsi civile una nazione che
non affronta seriamente questi problemi?”
Nonostante il sostegno
popolare, gli esperti di politica italiana lo ritengono un atteggiamento in qualche
modo audace, dato che il sostegno ad una simile misura negli anni 2006-2008
contribuì alla caduta del secondo governo di centro-sinistra del primo ministro
Romano Prodi.
Prodi sosteneva un
provvedimento di unione civile conosciuto in Italia con l'acronimo “Dico”, che risvegliò
una feroce opposizione della Chiesa italiana. Opposizione guidata dall'allora
potentissimo presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale
Camillo Ruini, con il forte supporto del Vaticano e di Papa Benedetto XVI.
La proposta non potè essere
portata avanti perché Prodi diede le dimissioni nel 2008 a causa di un voto di
sfiducia da parte del senato italiano.
Posto che Renzi porti avanti
la proposta, la spinta per le unioni civili potrebbe presentarsi di nuovo sotto
un futuro governo di centro-sinistra e la domanda allora sarebbe: sarà diversa
la risposta sotto Francesco?
Basandosi sul tono finora
usato dal nuovo papa, molti osservatori si aspettano che sia così. Scrivendo su
La Stampa di oggi, il giornalista Fabio Martini sostiene che nell'era di
Francesco i cosiddetti “teo-con”, cioè i politici che invocano valori cristiani
per difendere posizioni conservatrici, “sono diventati afoni, e difficilmente
riprenderanno vigore”.
Due osservazioni in merito.
Primo, Francesco ha
ripetutamente detto che la Chiesa non dovrebbe assumere direttamente posizioni
politiche, e quindi è improbabile che si esprima lui stesso esplicitamente.
Secondo, è anche una persona che crede fortemente nella collegialità, e
preferirebbe quindi piuttosto lasciare che siano i vescovi italiani a farsene
carico.
Ciò detto, il nuovo regime
nella conferenza episcopale italiana sarà indubbiamente ansioso di prendere
ispirazione dal papa. Francesco sta mettendo la sua impronta sulla guida del
gruppo, avendo recentemente nominato il vescovo Nunzio Galantino della diocesi
di Cassano all'Jonio come segretario dell'organismo dei vescovi.
Per il momento in cui
subentrasse un ipotetico governo Renzi, le redini sarebbero fermamente nelle mani
di “bergogliani”.
Ieri Maurizio Gasparri,
vicepresidente del senato italiano ed esponente di centro-destra, ha detto che la
variabile critica nel dibattito imminente sarà il modo in cui reagiranno i
cattolici nelle due maggiori coalizioni.
Per
il mondo in generale, tuttavia, la domanda più intrigante sarà: come reagirà
Francesco.
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