di Gianmarco Botti,
L'Italia è la vera anomalia europea, e per una volta lo è in
positivo. Detto a posteriori può risultare poco credibile, ma avevo pensato di
scrivere queste parole quando le urne qui da noi erano ancora aperte e gli
unici dati a mia disposizione quelli provenienti dagli altri paesi europei.
Dati sconfortanti oltre ogni aspettativa, con la destra antisistema e antieuro
al primo posto in Francia, Gran Bretagna, Ungheria e Danimarca, molto forte in
Austria e nei Paesi Bassi, in crescita in Grecia (10% ad Alba Dorata) e perfino
in Germania (7% al partito antieuro, eletto un parlamentare neonazista). Una
nube fittissima sull'orizzonte dell'integrazione europea, una pietra tombale
sugli Stati Uniti d'Europa. Russia e Cina, da poco alleate in nome del gas, che
se la ridono sotto i baffi. E invece, come speravo (e credevo), dall'Italia
arriva un segnale in netta controtendenza, di dimensioni colossali (questo no,
non me lo aspettavo): il Pd di Matteo Renzi, voce della cultura europeista
italiana, totalizza un impensabile 40%, staccando di quasi venti punti il
MoVimento 5 stelle, che delle tendenze populiste e antieuropeiste è la
declinazione nostrana.
Un altro populista alternativamente euroscettico,
Berlusconi, polverizzato. Quello del Pd è il maggior successo di un partito di
governo in tutto il continente e la sola vittoria di peso della sinistra
europea: in Francia e in Gran Bretagna i partiti aderenti al PSE si sono
qualificati addirittura terzi, in Germania secondi, eternamente dietro la
Merkel. A dominare il prossimo Parlamento europeo saranno dunque ancora i
Popolari, mentre gli euroscettici vedono la loro rappresentanza niente meno che
triplicata. Due risultati che a prima vista possono sembrare in contraddizione
l'uno con l'altro e che invece sono indissolubilmente legati, come la causa è
legata all'effetto: il prolungamento dell'egemonia conservatrice in Europa
significa nuova austerità e questa significa nuovi e sempre più forti argomenti
per la propaganda populista e antieuropeista. L'Europa fra Scilla e Cariddi,
fra Merkel e Le Pen è destinata a deflagrare. La speranza di cambiamento e la
salvezza stessa del progetto europeo sono allora nelle mani dei Socialisti e
dai Democratici Europei e di tutte quelle forze progressiste che lottano per
costruire un’“altra Europa”, non l’Europa dell’austerità ma neppure quella
degli egoismi nazionali; e tocca soprattutto al Pd, che del PSE è da oggi il
maggiore azionista, farsi interprete di questa speranza, fautore di questo
cambiamento. Allo stesso modo, dal momento che l’asse franco-tedesco si è
definitivamente spezzato (ce la vedete la Le Pen a trattare con la Merkel?),
tocca all’Italia, insieme con gli altri paesi mediterranei, imprimere
all’Europa una nuova direzione, come da molto tempo va ripetendo il professor
Prodi; è questa la missione di Matteo Renzi, e non c’è obiettivo migliore per
affrontare il semestre di presidenza italiana che sta per iniziare.
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