Passa ai contenuti principali

Vangelo e voto. Poveri e rancore.


di Lorenzo Banducci

Per un curioso scherzo del destino il prossimo 4 marzo, in concomitanza con le elezioni politiche, chi si recherà alla Messa Festiva Domenicale potrà ascoltare uno dei brani evangelici più significativi per la mia personale esperienza di fede.


Il brano in questione noto come la “purificazione del tempio” o “cacciata dei mercanti dal tempio” è narrato nella versione dell’evangelista Giovanni (Gv 2, 13-25). Mi soffermerò qui sulla parte iniziale del testo che recita esattamente così: “Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».

Vi starete chiedendo come mai mi sia appassionato nel vedere un Gesù così alterato da arrivare ad usare perfino forme di violenza contro coloro che usavano la casa del Padre come un mercato. Mi ha sempre colpito vedere così ben rappresentata in questo passo la forte umanità di Gesù. Un Gesù che giganteggia trasudando emozioni incontrollate. Un Gesù appassionato e combattente. Chissà come saranno rimasti colpiti i suoi amici e apostoli nel vederlo così alterato. E chissà come ci lascia anche noi che lo ascoltiamo oggi.
Noi che così arrabbiati ci rechiamo alle urne per eleggere i nostri rappresentanti al Parlamento della Repubblica. Ci prudono le mani di fronte alla possibilità di poter dar sfogo alla nostra rabbia, votando magari “di pancia”, contro il sistema, contro i politici, contro le istituzioni che ancora una volta hanno deluso le nostre aspettative, disilluso le nostre speranze. Ai politici - quel genere di persone che ancora una volta viene a chiedere il nostro voto - verrebbe voglia di rispondere “facendo una frusta di cordicelle”, scacciandoli dalle nostre vite, perché per troppo tempo hanno fatto solo i loro interessi.
Gesù scaccia tutto e tutti e noi vorremo fare altrettanto. 
Vorremo perfino non votare, stanchi dell’immobilismo del nostro Paese e consapevoli di poter fare poca differenza.
O al limite vorremo poter votare solo per chi fa i nostri affari e rinchiuderci nelle nostre vite, sui nostri divani, comodi e al caldo, lontani dai problemi che circondano il mondo perchè già noi ne abbiamo fin troppi per conto nostro.

Ma la reazione di Gesù è veramente solo rabbia incontrollata?

Qualche anno fa in una riflessione conclusiva al brano evangelico che ho sopracitato mi venne proposto di porre attenzione su un passaggio che appare insignificante, ma che ancora oggi, al solo pensiero, mi riempie di emozione.
Gesù, infatti, mentre sembra scacciare tutti in modo indistinto, arrivato ai venditori di colombe abbandona i gesti eclatanti e fuori controllo, ma senza gridare, semplicemente parlando, li invita ad uscire quasi pacatamente. Come mai Gesù cambia così radicalmente registro con queste persone?
La risposta è tanto semplice quanto sconvolgente. Gesù recupera pacatezza di fronte a coloro che, in quanto venditori di colombe, avevano a che fare, all'interno del contesto del tempio, con le persone più povere. E anzi esse stesse, molto probabilmente, non erano sicuramente nella condizione agiata di chi vendeva buoi o pecore, o di chi maneggiava i soldi cambiando le monete. Gli stessi Giuseppe e Maria, durante l’evento della presentazione del bambino Gesù al Tempio, avevano sacrificato al Signore “un paio di tortore o due giovani colombi” (Lc 2, 24), proprio perché anche essi erano una famiglia di origini povere e non potevano permettersi animali più grandi. Gesù dunque non si dimentica mai dei poveri. Nemmeno da infuriato.

E noi, in questa domenica di voto, riusciremo a mettere da parte rabbia e rancore e a porre al centro della nostra scelta elettorale coloro che più poveri, più fragili e più indifesi hanno veramente bisogno? Anche noi abbiamo il dovere di abbandonare la “frusta di cordicelle” e di concentrare il nostro pensiero sugli altri. Improvvisamente la rabbia si potrà sciogliere e potremo tornare a renderci conto dell’importanza che può avere questo semplice gesto elettorale. Insieme alla rabbia potrà sciogliersi anche il nostro egoismo. 
Il cambiamento passa oggi dalle nostre mani e attraverso le nostre vite. Non dimentichiamoci dunque dei poveri, di chi prova a tutelarli e di chi li considera centrali. I poveri e gli ultimi contro la rabbia e il rancore. Pensiamoci bene domenica.

E’ l’esempio del Maestro a illuminare ancora una volta le nostre coscienze. Viviamo dunque una bella giornata, inserita in una liturgia fortunata. Con il Vangelo, quello vero, non solo nelle nostre mani, come arma da brandire, ma primariamente nei nostri cuori come regola di vita.

Commenti

Post popolari in questo blog

Curzio Nitoglia, un cattivo maestro

di Andrea Virga Questo articolo, come quello su Don Gallo 1 , non avrebbe reale ragione d’essere. Anche qui, le gravi affermazioni dottrinali del sacerdote in questione non meriterebbero più d’uno sberleffo, vista la loro palese incompatibilità con la retta dottrina. E tuttavia, anche qui è il caso di un prete consacrato – e stavolta tuttora vivente – che attira proseliti, specie fra i giovani, grazie alle sue opinioni estremiste ed ereticali, con il risultato di diffondere in lungo e in largo i suoi errori. Per questo, ritengo che sia il caso di dedicare una mezz’oretta a mettere in guardia i meno provveduti, che magari preferiscono internet ad un buon padre spirituale, rispetto a questo personaggio: Don Curzio Nitoglia. Il paragone con Don Gallo, però, non riesca troppo offensivo al defunto sacerdote genovese, che aveva almeno il merito di essere molto attivo in ambito sociale e di non aver mai lasciato la Chiesa (cosa non troppo difficile, visto il permissivismo dei suoi super

Il noviziato Agesci: tempo e idea tra scoutismo e Chiesa

C’è un momento strano nel cammino scout Agesci ed è quello del noviziato: sì, il nome riprende proprio il linguaggio monastico; sì, l’ispirazione è proprio quella; sì, è un periodo di introduzione e studio.  Si tratta del primo momento nella branca rover e scolte, i più grandi nel nostro scoutismo: dura un anno. Di noviziato in Agesci si parla  –  e si sparla  –  in continuazione, non c’è un tema altrettanto trattato e maltrattato, anche nella prassi.È speciale e irrinunciabile e può essere una fonte di riflessione importante anche al di fuori dell’associazione. Cercherò ora di dare a questa riflessione un taglio ecclesiale, per plasmare un avvio di confronto su temi scoutisticamente ed ecclesialmente poco trattati. Il noviziato è un tempo e come tutti i tempi è prezioso. Lo è il nostro, figuriamoci quello dei ragazzi. Con un po’ di ironia, potremmo dire che l’importanza del tempo l’ha capita anche il Papa: in Evangelii Gaudium Francesco scrive che «il tempo è superiore allo

Ma i papisti si salveranno?

di Niccolò Bonetti "Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna? " Matteo 23,33 Molti cattolici aderiscono con fede non solo ai dogmi ma a qualunque parola che fuoriesca dalla bocca del papa. Il loro è un totalmente affidamento alla gerarchia senza dubbi o perplessità. Sono totalmente eteronomi. Il catechismo della Chiesa cattolica viene elevato a definitiva verità cattolica e ogni minima deviazione dal suo dettato viene ritenuta eresia.