di Davide Penna
A
Genova sono ore sempre più calde. Non solo per la temperatura. E si continua a
dormire a fatica. Si respira come un’aria di smarrimento e paura che come uno
spettro si aggira tra i genovesi i quali, tuttavia, non si arrendono.
Anzi. Si
è avviata una macchina di solidarietà ed efficienza guidata da regione, comune,
protezione civile, associazioni, movimenti e persone di ogni (o di nessun) colore
politico, che è la vera speranza per il futuro della città. Tutti gli sfollati
delle vie interessate sono stati sistemati in alberghi o case messe a
disposizione dal comune o da gente comune e parenti. Già nei giorni
immediatamente successivi alla tragedia sono stati aperti centri di accoglienza
con psicologi per chi ha subito il trauma del crollo e punti di smistamento per
la raccolta di beni materiali. Tutti hanno aiutato: parrocchie, movimenti e
associazioni, scout, i municipi con le loro istituzioni, centri educativi. Per
non parlare del lavoro incessante ed eroico dei vigili del fuoco e della
polizia di stato e municipale, con contingenti arrivati anche da Milano e
Livorno. A Sampierdarena (tra i quartieri più popolosi di Genova, vicino al
centro) il centro civico Buranello ha
attivato prima brandine per accogliere sfollati e adesso sale in cui vengono
serviti pranzi e cene; psicologi messi a disposizione dal comune fanno counseling a chi ha bisogno. Il centro
educativo smista giocattoli e accoglie al pomeriggio bambini per giocare e
stare insieme. La Diocesi ha messo a disposizione alloggi e ha chiesto alle
parrocchie e ai fedeli di segnalare eventuali disponibilità di locali per
gestire l’emergenza. Come auspicato dall’arcivescovo Bagnasco durante i
funerali di stato, la grande ferita nel cuore della città è forte, ma la
laboriosità e la tenacia dei genovesi, inscritte nella loro storia, è una
risposta altrettanto dirompente.
Insomma
il cuore dei genovesi si sta dimostrando superbo come il loro temperamento, la
città sta reagendo con orgoglio, dignità e una solidarietà che commuove e
unisce. Le polemiche sembrano messe da parte e questo è il segnale più bello
che la città potesse dare. Ma i detriti e quel gigante spezzato restano lì e
sembrano come grandi occhi che ti fissano e da cui non puoi fare a meno di
sentirti osservato. No, continua a non esserci riposo da questo tragico
dissesto. Alcune strade restano chiuse e il traffico cittadino comincia a
risentirne. La forte preoccupazione per i prossimi mesi resta: come riuscirà la
città a gestire l’ingente traffico merci e di cittadini tra ponente e levante
con un’arteria così essenziale tagliata fuori? Ne risentiranno il porto e il
lavoro? C’è chi giura di sì, c’è preconizza un futuro sempre più fosco. Ed ha i
buoni motivi per farlo. La quotidianità è stravolta e lo sarà ancora di più con
l’arrivo dell’autunno e dell’inverno; il traffico (che di per sé è sempre una
sfida per una città come Genova e una regione come la Liguria) sarà un grande
problema. Ma per ora i fatti dicono che la città, amministrazione e opposizioni
comprese, ha risposto come meglio era difficile pensare. Non sono mancate le
polemiche, aizzate come sempre dalle campagne partitiche, ma alla prova dei
fatti ogni forza ha risposto con un fragoroso presente.
Di
fronte ai tanti sentimenti contrastanti, ad una normalità che non può tornare
anche se è spesso cercata e invocata, Genova sta vivendo la sua passione. Le
ombre del suo venerdì santo devono ancora diradarsi, il silenzio del sabato
santo ci rende ancora ansiosi di una risposta dal cielo. Gli interrogativi,
soprattutto per chi ha fede, restano grandi quanto i detriti e quel gigante di
cemento che fissa la città sopra il Polcevera. Ma la risposta molti genovesi
l’hanno già data: solo l’amore per il bene comune genera futuro.
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