di
Rocco Gumina
La vera libertà è quella che fissa la
volontà nella grande e decisiva questione: senza Dio o con Dio (Maurice
Blondel, L’azione, 1893).
I fatti di sangue e di terrore
che hanno sconvolto Parigi nella serata di venerdì 13 novembre devono
spingerci, ahinoi, a riflettere criticamente sullo stato culturale, umano,
politico e religioso dei nostri tempi in cui ogni barriera e confine appaiono
superati dal marasma non governato e indecifrabile della globalizzazione. Gli
esecutori, i mandanti e i responsabili ideali degli attentati nella capitale
francese si sono macchiati di un atto che calpesta l’uomo e ogni forma di
civiltà. Oltre qualsiasi dubbio, i vari protagonisti della strage possono
essere definiti dei “senza Dio”. Infatti, nessun credo religioso di alcuna
epoca e cultura può e potrà promuovere la morte violenta di innocenti per
l’affermazione del vero culto a Dio. Con l’ennesima strage in territorio
francese ed europeo, questi “senza Dio” hanno definitivamente mostrato – qualora
non si fosse ancora inteso – di aver sganciato la loro azione dal rimando
principiale del divino. In quanto “senza Dio”, l’organizzazione responsabile
della carneficina ci manifesta iconicamente gli effetti più deleteri della
ricerca affannosa e inconcludente dell’affermazione dell’uomo priva di
qualsiasi legame al trascendente, poiché chi ama sinceramente Dio non può
sterminare gli uomini in suo nome. Il giudizio nei confronti di quanto accaduto
non può che essere di totale condanna e di assoluta incomprensione. Tuttavia,
ci troviamo dinanzi ad un fatto: un gruppo – ricco, potente, influente,
pericoloso, il quale strumentalizza l’Islam per i propri fini – nella decisiva
questione di essere o meno con Dio, ha deciso per la seconda opzione.
Constatata tale scelta
definitiva da parte degli uomini dell’ISIS, il loro ennesimo atto stragistico
deve indurci – in quanto appartenenti alla comunità storica, culturale,
politica ed economica chiamata Europa – a riflettere sulle forme di risposta a
tali eventi. La sicurezza interna, i controlli più serrati dei servizi
antiterrorismo, l’eventuale guerra con truppe di terra per debellare
l’organizzazione e lo stato dei “senza Dio” potranno essere delle reazioni
rapide a breve e media incisività. Nondimeno, oltre ad
una risposta nei termini della sicurezza, l’Europa intera è chiamata ad
attrezzarsi per una riforma culturale la quale è l’unica a poter produrre
frutti definitivi capaci di annullare in futuro ogni forma di semi in grado di
generare o alimentare gruppi di “senza Dio”. Difatti, il modello del progresso
economico e sociale europeo non ha impedito a centinaia di musulmani, cristiani
convertiti all’islam e non credenti cresciuti in Europa di entrare a far parte
dei “senza Dio” e di essere fra gli organizzatori o gli esecutori delle stragi nello
stesso territorio nel quale sono cresciuti. Inoltre, le decine di interventi
militari degli europei svolti in medio oriente e in nord Africa non hanno
minimamente prodotto modelli alternativi, nei termini sia di sicurezza sia di
politica, ai “senza Dio”. Perché è accaduto questo? Come mai il “modello
europeo” non è riuscito a trasmettere a questi giovani il vaccino dell’assoluta
diversità dai “senza Dio” dell’ISIS? Forse l’Europa ha bisogno di qualcos’altro
per convincere i suoi giovani della totale incompatibilità del suo modello con
la cultura di morte dei “senza Dio”? Quando alcune nazioni europee realizzano
azioni militari, con quale strategia politico-culturale accompagnano la ripresa
degli stati in conflitto? Bisogna restare dinanzi a tali quesiti per capire in
profondità le molle che generano atti antiumani e antireligiosi.
La riflessione su queste
radicali domande mi spinge a ritenere che l’Europa odierna è chiamata ad
indirizzare definitivamente la sua scelta verso l’essere “con Dio”. Ciò non
significa adesione incondizionata di ogni europeo ad un particolare credo
religioso o ad una religiosità indistinta, poiché la scelta dell’essere o meno
con Dio rimane comunque della singola coscienza. Tuttavia, si tratta di
promuovere un modello culturale e politico che vada al di là della materialità,
del successo, della logica del benessere, dello sviluppo economico e produttivo
infinito, della difesa di quanto abbiamo raggiunto a scapito dei popoli che
chiedono giustizia e sviluppo. Un modello, che nell’assoluta libertà dei
percorsi e nella tutela delle pluralità, garantisca l’umano e il rinvio a
qualcosa che va oltre. Così nell’affermazione dell’uomo, questa forma di laica
trascendenza potrebbe accomunare gli europei al di là delle loro personali
convinzioni religiose. Insomma, l’europeo “essere con Dio” dovrà affermarsi
“per l’uomo”. Forse, l’opzione per il laico “essere con Dio” potrà restituire
alla civiltà europea quel ruolo di apripista nella storia dell’umanità che
attualmente pare sfuggirgli.
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