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Compiere il male nel nome di Dio. La colpa è davvero della religione?


di Lorenzo Banducci

Quanto accaduto lo scorso venerdì 13 novembre a Parigi ci riporta ancora una volta ad interrogarci sul male e, peggio ancora, sul male compiuto in nome di Dio.

L’uomo ha ancora il terribile coraggio di sostituirsi a Dio, di interpretare in modo fallace la sua volontà, di sporcare il nome del divino con azioni malvage, insensate, crudeli.

Lo hanno fatto i terroristi dell’Isis che, per motivazioni più politiche che religiose (si vedano i bombardamenti francesi in Siria), hanno deciso in modo arbitrario di insanguinare il nome di Dio.

Sono tanti i pensieri che attanagliano le nostre menti.

La prima cosa che più mi colpisce è che a pagare siano nuovamente persone innocenti. Come in ogni situazione in cui il male è così eclatante coloro che ne fanno le spese sono soggetti che il destino ha posto in una situazione imponderabile ed insensata. La morte dell’innocente a Parigi, come in ogni altro luogo dove si uccide nel nome di Dio, ci lascia senza fiato, pieni di domande e di perché. Colui che non ha colpe, che non ha responsabilità dirette viene colpito direttamente dal male.

La prima tentazione che ne deriva da questi ragionamenti potrebbe essere quella di annullare Dio e la religione, di vivere in un mondo senza fede. E’ una tentazione molto forte per l’uomo di oggi, specie di fronte a tutto questo dolore. La mia risposta a questa prima tentazione, che provo a condividere con coloro che di fronte al male rimangono inquieti e turbati, sta nell’invito a non cadere in questa trappola che la logica fredda ci vorrebbe spingere ad affermare. Siete sicuri che il male stia nella religione o piuttosto nell’assenza di questa? Io credo che i terroristi dell’Isis, ma anche tutti coloro che compiono il male nel nome di Dio o sostituendosi ad esso (ce ne sono tanti anche di fede Cristiana in questo senso), non conoscano minimamente né la religione né la fede né il messaggio di Dio per l’uomo e per l’umanità. In essi non vi è Dio, non vi dimora la fede. In questo senso molto esaustivo è il pensiero della Chiesa che pone, non a caso, fra le virtù teologali (virtù che dispongono il cristiano a vivere in relazione con Dio) insieme alla fede anche la speranza e la carità. Per vivere in piena relazione con Dio non basta la fede, ma vi devono essere anche le altre due virtù e in particolare faccio riferimento alla carità che “ha come frutti la gioia, la pace e la misericordia; esige la generosità e la correzione fraterna; è benevolenza; suscita la reciprocità, si dimostra sempre disinteressata e benefica; è amicizia e comunione.” Ricapitolando dunque risulta chiaro come in coloro che compiono il male nel nome di Dio non dimori la fede, non vi sia Dio, proprio perché dalla fede dovrebbero scaturire ben altre “opere”. La soluzione dunque non sta nel silenziare o annullare la fede e la religione, ma nel valorizzarle, accrescerle, coltivarle e custodirle.

Mi potreste però rispondere che tutte le religioni non sono uguali e che l’Islam contiene al suo interno molti aspetti che giustificano il male compiuto nel nome di Dio. In tal senso sulla nostra pagina Facebook di Nipoti di Maritain abbiamo fatto vedere nelle scorse ore come i mezzi dell'Isis non siano approvati da nessun giurista islamico; nessuna scuola di diritto islamica ammette i kamikaze, proclama califfati fasulli e massacra innocenti. Da questo ne dobbiamo dedurre che l’unica via per uscire dal male sia quella di farlo insieme ai nostri fratelli musulmani, perché coloro che fanno maggiormente le spese dell’Isis sono essi stessi uccisi in Medio Oriente. Bisogna scappare dalla tentazione di costruire muri e buttarsi nella prospettiva di una relazione feconda, basata sul reciproco rispetto e sull’amicizia con l’obiettivo comune del bene. Se finissimo ad isolare le comunità islamiche presenti sui nostri territori o a provare a rovesciare l’Isis in Medio Oriente comportandoci da colonizzatori interessati al profitto economico senza ascoltare e valorizzare le istanze dell’Islam moderato (come è stato fatto finora) sarebbe il successo dell’Isis e i terroristi avrebbero centrato il loro primo obiettivo.

Riassumendo dunque, credo fermamente che le risposte al male compiuto debbano essere due. Per prima la valorizzazione della fede come parte decisiva nella crescita umana delle nostre realtà e risposta al fondamentalismo che è assenza di Dio. La laicità non è annullamento della religione, ma valorizzazione delle molteplicità dei percorsi di fede nel rispetto di tutti.

Per secondo il dialogo e la cooperazione con tutti coloro che (Islamici, Cristiani, non credenti ecc.) uomini e donne di buona volontà combattono al nostro fianco per il bene seguendo il principio cardine di costruire ponti ed aprire piazze e spazi in risposta ai muri.

Lavoriamo per questo, affinchè non esista più il male specie quello compiuto nel nome di Dio.

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