Passa ai contenuti principali

Dialogo oltre il muro. Giovani Cattolici di Padova si interrogano sulle unioni gay


Diamo oggi spazio alla lettera che un gruppo di giovani cattolici di Padova ha inviato al quotidiano Avvenire sul tema delle unioni civili per le persone omosessuali. Si tratta di una questione sulla quale si sta dibattendo molto nelle Istituzioni e all’interno del mondo cattolico. Il prossimo 20 giugno gruppi cattolici più tradizionalisti propongono - sul tema della contrarietà al ddl Cirinnà - una manifestazione di piazza a Roma alla quale non ha aderito la CEI.

Alla lettera qui presentata seguono le risposte a una serie di domande che il nostro Lorenzo Banducci ha posto ai giovani di Padova per approfondire ulteriormente il tema sollevato.

 

Cari amici di Avvenire,

Siamo un gruppo di giovani cattolici impegnati nella Diocesi di Padova che desiderano esprimere il loro punto di vista su alcune questioni importanti, sulle pagine di un quotidiano che per noi credenti italiani rappresenta un punto di riferimento.

Di fronte al risultato del Referendum in Irlanda, tra i cattolici italiani c’è chi agita lo spettro della secolarizzazione e del crollo dei valori.

A noi sembra, però, che il punto sia un altro: forse la comunità dei fedeli irlandesi ha semplicemente sentito la necessità di rispondere con una presa di posizione nuova ad un’esigenza presente nella società in cui vive.

La decisione dei cittadini cattolici irlandesi ora ci interroga a nostra volta con forza.

Ci interroga come giovani, chiamati a essere protagonisti del cambiamento; come cittadini, perché l’Italia è uno degli ultimi Paesi d’Europa totalmente privi di diritti civili per le coppie omosessuali; come cattolici, perché se il nostro Paese su questo punto è ancora fermo, ne abbiamo una qualche responsabilità. E’ innegabile come in questi anni molti politici abbiano fatto del loro ostruzionismo una bandiera da sfoggiare per dimostrare la purezza della loro “cattolicità”.

Consapevoli dei nostri limiti, ci accingiamo ora a suggerire al mondo ecclesiale e civile alcuni spunti di riflessione.

Ci piacerebbe che come Chiesa ci facessimo più carico della situazione dei tanti omosessuali che si sentono discriminati e mostrassimo più visibile il volto di una comunità accogliente.

Invitiamo poi la Gerarchia della Chiesa italiana ad affidare con maggior serenità ai nostri politici il confronto sul tema dei diritti civili.

Ci rivolgiamo ai politici, esortandoli a sedersi al tavolo del riformismo. Siate laici coerenti con la propria vocazione, capaci di assumersi delle responsabilità che a volte esigono mediazioni sofferte. Se non lo fate ora, c’è il fondato rischio di ritrovarsi a subire passivamente in futuro scelte improvvise e radicali. A nostro parere, il fatto di considerare il matrimonio cristiano e la famiglia tradizionale dei valori aggiunti non è in contraddizione con la possibilità di riconoscere alcuni diritti civili alle persone omossessuali. L’essere disposti ora ad un graduale e ragionato riformismo sulle unioni civili permetterà poi di sospendere la riflessione su quei punti che destano maggiori perplessità, quali l’adozione di minori.

Chiediamo questo ai media: basta dare l’immagine di una Chiesa arroccata su una posizione immobile su questi temi. La Chiesa di cui noi siamo parte viva, è una chiesa aperta al dialogo e all’incontro.

Chiediamo di smettere di dare spazio solo a quelle voci che, pur legittimamente, esprimono posizioni contrarie ai diritti civili per gli omosessuali pretendendo però che queste appartengano a tutti i cattolici.

Speriamo con questo intervento, nato da una riflessione condivisa, di poter essere d’aiuto per stimolare un confronto sereno.

Grazie per lo spazio e l’attenzione che ci donate.

 

1. Cari amici giovani cattolici di Padova cosa vi ha spinto a scrivere questa lettera ad Avvenire? Cosa pensate di ottenere?

 

In particolare dopo aver avuto notizia del risultato del Referendum in Irlanda, ma già prima da qualche tempo spinto da incontri personali, qualcuno di noi si è soffermato a riflettere sul tema dell’accoglienza delle persone omosessuali nella Chiesa e della regolamentazione civile delle unioni omosessuali. Ci siamo poi confrontati in un gruppetto e abbiamo trovato una posizione comune: da giovani cattolici vorremmo una Chiesa più accogliente verso tutti i suoi fedeli; da giovani cattolici e cittadini italiani vorremmo uno Stato che garantisca dei diritti civili alle coppie omosessuali e dunque dei politici che abbiano il coraggio di sedersi al tavolo e praticare un riformismo ragionato in materia. Abbiamo quindi lanciato un appello al dialogo e al riformismo, non fornito soluzioni semplicistiche e preconfezionate. L’abbiamo lanciato da cattolici ad altri cattolici, scrivendo al quotidiano della Cei. Speriamo che la nostra lettera abbia scosso chi ha l'opportunità di cambiare qualcosa e chi, semplicemente, non si è mai chiesto nulla sul tema.

 

 

 

2. Come mai secondo voi nella rete e in tanti media non riesce a trovare un giusto spazio chi ha le vostre idee all’interno del mondo cattolico, ma continuano a passare i vari Adinolfi & co quando c’è da dare voce alle posizioni della Chiesa?

 

Non è una novità il fatto che la maggior parte dei media tra chi propone ad alta voce una posizione radicale e chi invece si ripropone, aprendo un rispettoso dialogo, di intraprendere percorsi di accoglienza e riforma diano maggior spazio ai primi. Adinolfi sbarra le porte proprio come altri vorrebbero spalancarle, con la stessa teatralità e la stessa semplicistica unidirezionalità di visione e pensiero. Noi però siamo una forza tranquilla che ha maturato le proprie convinzioni, ed il coraggio per esprimerle, in seno alla Chiesa e dialogando con il mondo. Abbiamo lanciato, come già altri prima di noi, in acqua un sassolino (che ha fatto un discreto rumore) ed ora siamo convinti che le increspature pian piano si allargheranno.

 

 

 

3. Non sembra però che l’approccio anche da parte della gerarchia ecclesiale sia sempre dialogante su questi temi. Pensate quant’è che si discute di diritti civili per le coppie omosessuali, ma nel recente passato fu scatenato sul tema il famoso “Family Day”. Come si esce da questa logica del muro contro muro?

 

E’ vero, l’approccio non è sempre dialogante. D’altra parte, oggi lo è molto di più di un tempo, indicativo ad esempio il fatto che la Cei non inviti più i fedeli a riversarsi in manifestazioni di piazza o simili. Va poi detto che l’apice della gerarchia è Papa Francesco, e lui in questi mesi ha sì giustamente invitato i propri vescovi a custodire il valore della famiglia tradizionale, ma anche a vivere a pieno gli spazi di riflessione (ad esempio il Sinodo per la famiglia) e prestare sempre più attenzione alle esigenze e alle storie delle persone senza giudicarle. Ha poi richiesto alla gerarchia di non intromettersi eccessivamente nel dibattito politico, che è anzitutto ambito di competenza laicale. Superfluo sottolineare come questi spunti suggeriti dal Papa siano peraltro perfettamente il linea con lo spirito ed il messaggio del Concilio.

Se poi ci chiedete come si esce da una logica di muro contro muro e come si avvia un dialogo in poche parole, la risposta è semplice ed è quella che ha mosso noi per primi: incontrando con sincera empatia il prossimo.

 

 

 

4. Quanto può diventare fondamentale il ruolo delle associazioni nel formare cristiani che sappiano avere coscienze veramente critiche su temi come questi?

 

Il ruolo delle associazioni laicali è certamente di grande importanza. Per la nostra esperienza è anche nelle associazioni che s’impara ad amare la Chiesa e però a pensare con la propria testa. Sono il luogo principe dello scambio d’idee, della condivisione e del confronto. Creano le occasioni per interrogarsi su temi rilevanti, non da soli, ma all'interno di un gruppo con tante teste che funzionano in modo diverso. Grazie alla rete di relazioni che si costruiscono è più facile informarsi in maniera precisa sulle tematiche che si affrontano, anche attraverso l'aiuto di esperti e l'unione delle conoscenze che ciascuno ha. Ci si abitua a formarsi un proprio pensiero sulle cose e a confrontarsi con chi ha posizioni differenti, a volte contrastanti. Se si mantiene un clima di rispetto reciproco, da una buona informazione e da un vivo dibattito non si può che uscire arricchiti, capaci di affrontare le questioni con spirito critico ma nella fraternità. 

 

Commenti

Anonimo ha detto…
Credo che questi giovani siano fondamentalmente ingenui:

a) Anzitutto ritenere che operando un compromesso con la parte laicista si sbarri la strada a soluzioni di tipo irlandese (le quali dagli estensori della lettera sono forse auspicate: “forse la comunità dei fedeli irlandesi ha semplicemente sentito la necessità di rispondere con una presa di posizione nuova ad un’esigenza presente nella società in cui vive”) è un’opinione falsa dal punto di vista puramente storico: non c’è un paese che non abbia approvato i “matrimoni” gay senza prima passare attraverso le unioni civili.

b) Considerare poi che il movimento gay si fermi alle unioni civili senza richiedere successivamente adozione congiunta e piena equiparazione significa non avere presente la realtà. I gay GIA’ adesso chiedono matrimonio e adozione.

Ci sarebbero altre obiezioni da fare, ad esempio la visione storicista sottesa all’appello, come se ciò che viene dopo fosse automaticamente sinonimo di progresso. Oppure, in perfetto stile democristiano, l’opinione che il compito del cattolico in politica sia mediare tra le varie posizioni, poiché evidentemente non ne ha una sua da difendere (senza contare che a. tali compromessi, solitamente contraddittori, finiscono col favorire gli avversari, b. si ritiene che i principi dei cattolici e dei laicisti in fin dei conti non siano così differenti, mostrando così ignoranza sulle tesi degli uni e degli altri).
O, ancora, l’immancabile riferimento al CVII, dove in realtà si dice (GS 43) che spetta ai cristiani di “inscrivere la legge divina nella vita della città terrena.”

Saluti
Michele

Post popolari in questo blog

Curzio Nitoglia, un cattivo maestro

di Andrea Virga Questo articolo, come quello su Don Gallo 1 , non avrebbe reale ragione d’essere. Anche qui, le gravi affermazioni dottrinali del sacerdote in questione non meriterebbero più d’uno sberleffo, vista la loro palese incompatibilità con la retta dottrina. E tuttavia, anche qui è il caso di un prete consacrato – e stavolta tuttora vivente – che attira proseliti, specie fra i giovani, grazie alle sue opinioni estremiste ed ereticali, con il risultato di diffondere in lungo e in largo i suoi errori. Per questo, ritengo che sia il caso di dedicare una mezz’oretta a mettere in guardia i meno provveduti, che magari preferiscono internet ad un buon padre spirituale, rispetto a questo personaggio: Don Curzio Nitoglia. Il paragone con Don Gallo, però, non riesca troppo offensivo al defunto sacerdote genovese, che aveva almeno il merito di essere molto attivo in ambito sociale e di non aver mai lasciato la Chiesa (cosa non troppo difficile, visto il permissivismo dei suoi super...

Il noviziato Agesci: tempo e idea tra scoutismo e Chiesa

C’è un momento strano nel cammino scout Agesci ed è quello del noviziato: sì, il nome riprende proprio il linguaggio monastico; sì, l’ispirazione è proprio quella; sì, è un periodo di introduzione e studio.  Si tratta del primo momento nella branca rover e scolte, i più grandi nel nostro scoutismo: dura un anno. Di noviziato in Agesci si parla  –  e si sparla  –  in continuazione, non c’è un tema altrettanto trattato e maltrattato, anche nella prassi.È speciale e irrinunciabile e può essere una fonte di riflessione importante anche al di fuori dell’associazione. Cercherò ora di dare a questa riflessione un taglio ecclesiale, per plasmare un avvio di confronto su temi scoutisticamente ed ecclesialmente poco trattati. Il noviziato è un tempo e come tutti i tempi è prezioso. Lo è il nostro, figuriamoci quello dei ragazzi. Con un po’ di ironia, potremmo dire che l’importanza del tempo l’ha capita anche il Papa: in Evangelii Gaudium Francesco scrive che «i...

Commento al Vangelo 25 novembre 2018 - Cristo Re: Gv 18,33-37

Il quarto vangelo coglie l’occasione del colloquio tra Gesù e Pilato - che nessuno probabilmente udì - per coinvolgerci in un confronto sulla regalità di Cristo. Da un lato, la prospettiva imperiale: il “re dei giudei” crea problemi politici. Ma il pericoloso rivoluzionario è proprio quell’uomo consegnatogli dai giudei? Il governatore Pilato, che giudeo non vuol essere, ne dubita: «Tu, indifeso persino dai tuoi amici, proprio tu saresti il re dei giudei? Cosa avresti fatto? Ci sono davvero delle prove credibili contro di te?». Non ci crede. Gesù, insomma, non gli pare affatto un pretendente al trono. Dall’altro lato, Gesù domanda chi gli ha suggerito che lui sarebbe sovrano. Lo Spirito di Dio o l’Accusatore? Entrambi lo sanno! I Romani che temono una congiura contro Cesare o i sommi sacerdoti che temono il Messia che renderà vano il loro ruolo? I primi stiano tranquilli, gli altri un po’ meno... Gesù dice che il suo regno non è un regno come gli altri che si estendono geogr...