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Visualizzazione dei post con l'etichetta vita

Le istanze umane assolutizzate chiamano “giusta” ogni guerra

  La guerra giusta ha una sua struttura distonica da un punto di vista psicologico. Per fare una guerra c’è bisogno di un motivo. Un motivo che spinga gli uomini ad affrontarsi fino al sacrificio della propria vita.  Il motivo è universale, inderogabile, semplice e diretto: L’individuo si deve sacrificare per il bene della patria, della sicurezza spirituale, della superiorità della razza, della superiorità del proprio nucleo sociale, per la ricchezza economica del regno, per la gloria del proprio drappo che mai deve cedere sul campo di battaglia. Il drappo, un pezzo di stoffa a cui una collettività ha affidato il proprio destino. Se si è pronti a cedere per un pezzo di stoffa allora la guerra può essere giusta e fruttifera per assurdo. La bandiera quindi richiede un minimo spargimento di sangue perché la patria si possa sedere al tavolo dei Giusti insieme alla Vittoria. Il senso reale sfugge perché potrebbe essere una logica con connotazioni deliranti. Eppure la Vittoria è citata anch

In ascolto del malato

di Lorenzo Banducci Mi è impossibile – data la mia esperienza, sia personale sia collegata alla professione – parlare di un tema delicato quale quello del testamento biologico senza accennare al ruolo che il medico o, in generale, l’operatore sanitario deve avere nello stare vicino a chi soffre. Stare accanto al malato significa essenzialmente mettersi in ascolto della condizione di estrema sofferenza che sta vivendo la persona vicino a noi, accompagnandola un passo alla volta nel cammino terapeutico di qualsiasi natura esso sia (di cura, palliativo ecc.). È su questo aspetto che si gioca un duplice tema che mi è più caro sottolineare in queste righe più che quello del presunto “diritto di morire”. Da una parte occorre, perché si realizzi sempre più questo legame fra colui che cura e colui che soffre, che le strutture sanitarie, di qualsiasi livello esse siano, abbiano la capacità di porre al centro la persona nella sua integrità trovando il coraggio di andare oltre due grand

Lo sguardo del medico sulla vita

di Giuseppe Viola In quanto medico neuropsichiatra vorrei offrire una chiave di lettura probabilmente meno formale rispetto a quella dei riferimenti normativi o magisteriali, ma più empirica. Spesso, infatti, sulla carta l’esperienza della sofferenza e della morte tende ad essere parziale e superficiale, senza tener sufficientemente in considerazione le conoscenze mediche. Ho vissuto circa due anni in un reparto pediatrico in cui si praticavano anche cure compassionevoli in pazienti che terminavano la loro breve esistenza terrena. Veder soffrire un bambino giorno dopo giorno – per mesi, a volte – mi ha insegnato che la vita non è data da un cuore che batte, dalle escursioni di volume di due polmoni o da una attività cerebrale lenta se pur presente. La vita è la possibilità di entrare in relazione con se stessi e con gli altri, di poter godere del calore del sole e della sensazione fresca del vento, di poter comunicare i propri stati d’animo, le proprie emozioni e sentimenti

Diventare Padri per scegliere tra volontà e bene dei propri cari

di Vincenzo Fatigati Uno dei punti focali del film Million Dollar Baby è rappresentato dalla scena in cui Frankie, l’allenatore di Maggie, la pugile inchiodata in stato di paralisi permanente su un letto dopo essere stata vigliaccamente colpita nell’ultimo incontro di pugilato, svela il significato del termine “mogusha”: mio sangue, mio tesoro. Il richiamo cristologico è evidente (come segnalava Fabio Ferzetti su Il Messaggero del 17 febbraio 2005) e ci permette di rileggere tutta la narrazione dal suo epilogo: Maggie muore a 33 anni, ed è quindi «fatta della stessa sostanza del padre», legata da un rapporto quasi filiale, benché sia di tipo putativo. Ma la prova più alta e difficile di paternità consiste nell’assecondare la volontà dell’allieva/figlia, somministrando una dose massiccia di adrenalina, in modo da permettere di non soffrire: e morire. La definizione del ruolo paterno, in questa prospettiva, ha una funzione salvifica e quasi redentrice. Frankie è, da una parte, u

Intervista al professore Schockenhoff

Il professore Eberhard Schockenhoff ci ha gentilmente concesso questa intervista su alcune questioni di teologia morale; egli è nato nel 1953 a Stoccarda, ha studiato teologia a Roma e a Tubinga, è stato ordinato sacerdote nel 1978, ha ottenuto la licenza in teologia morale l'anno successivo con Klaus Demmer, nel 1986 ha conseguito il dottorato con Alfons Auer, dal 1986 al 1989 è stato assistente di Walter Kasper a Tubinga, dal 1990 al 1994 ha insegnato teologia morale a Ratisbona, dal 1994 insegna la stessa disciplina a Friburgo in Brisgovia, dal 1992 al 2004 è stato assistente dei medici cattolici tedeschi, dal 1995 al 2005 è stato membro della Commissione per il dialogo ecumenico "Chiesa e giustificazione" tra la Federazione Luterana Mondiale e la Chiesa cattolica, dal 2001 è direttore del Journal of Medical Ethics e del membro del Consiglio nazionale di etica.

Esempi

di Lorenzo Banducci   Non è facile parlare di Brittany Maynard e della sua storia, ma è evidente che la sua scelta di porre fine, tramite il suicidio assistito, alla propria vita prima che la malattia, che l’aveva colpita, facesse il proprio corso ci lascia tutti quanto mai in riflessivo silenzio.

Valori non negoziabili e valori di "serie B": la questione ungherese

di Lorenzo Banducci Mi ha fatto molto riflettere il dibattito che si è manifestato negli ultimi mesi sulla promulgazione, avvenuta nel marzo scorso, da parte del parlamento ungherese di una nuova Costituzione.

Dio della mia vita, incomprensibile! Sii tu la mia vita.

Di Karl Rahner Con te voglio parlare. E di che posso parlare se non di te? C'è cosa che non sia dall'eternità presso di te, che non abbia la patria nel tuo spirito e nel tuo cuore la sua prima sorgente? E perciò tutto quanto io pos;o dire è sempre un parlare di te. E tuttavia in questo parlare, sommesso e timido, tu intendi sempre un parlare di me, sebbene di te solo io vorrei far parola. Perchè, che posso dire di te, se non che sei il mio Dio, Dio della mia origine e del mio tramonto, Dio del mio gaudio e della mia afflizione, Dio della mia vita? Sì, anche nell'adorare in te l'Altissimo che non ha bisogno di me, che sta lontano sopra questa valle dove si snoda il mio cammino, ti chiamo pur sempre Dio della mia vita. E, saresti tu il Dio della mia vita, se non fossi che il Dio della mia vita? E se io adoro te, Padre, Figlio e Spirito, se confesso il mistero tre volte santo della tua vita, celato cosÌ nell'abisso della tua infinità che nessuna traccia ne possiamo r

Contro la cultura della vita e per la cultura della morte

Di Niccolò Bonetti Mi ha sempre destato una certa perplessità una certa cultura della vita cattolica per cui la vita è un bene assoluto e indisponibile, da difendere a tutti i costi. Mi è sempre parso un po' pagano elevare la vita biologica ad un valore cosi' alto e un pericoloso cedimento alla cultura contemporanea, incapace di accettare la realtà indifferibile e ineliminabile della morte. Non critico l'impegno contro l'aborto né contro l'eutanasia attiva , battaglia che ovviamente condivido, ma mi inquieta la difesa strenua della vita biologica quando quelle spirituale,intellettuale,affettiva e relazione se ne sono andate. Com'è noto, la Congregazione della Dottrina della Fede in risposta ai vescovi americani stabili' che idratazione e alimentazione non costituiscono, in linea ordinaria, accanimento terapeutico. Al di là di condividere questa tesi o meno, rimane il fatto che l'accanimento a voler mantenere in vita con ogni mezzo o quasi

La più solenne delle promesse

di Lorenzo Bianchi Tutti dobbiamo morire. Per constatare ciò non è necessario ricorrere a erudite citazioni di antichi pensatori, acute osservazioni ottenute tramite ore passate davanti ad un microscopio o ai file di wikileaks riguardanti il colore dello smalto preferito di Angela Merkel.