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Vangelo e mito

La raffigurazione mitica del mondo e l’evento mitico di salvezza nel Nuovo Testamento. La raffigurazione neotestamentaria dell’universo è mitica. Si  considera il mondo articolato in tre piani. Al centro si trova la terra, sopra di essa il cielo, e sotto gli inferi. Il cielo è l’abitazione di Dio e delle figure celesti, gli angeli; il mondo sotterraneo è l’inferno, il luogo dei tormenti. Ma non perciò la terra è unicamente il luogo dell’avvenimento naturale-quotidiano, delle sollecitudini, cioè, e del lavoro, dove regnino l’ordine e la regola: è anche il teatro d’azione delle potenze soprannaturali, di Dio e dei suoi angeli, di Satana e dei suoi demoni. Le forze soprannaturali agiscono sugli avvenimenti naturali, sul pensiero, sulla volontà e sull’operare dell’uomo; i miracoli non hanno nulla d’insolito.[...]

Il Gesù storico è il Gesù halakhico

A partire dagli anni Settanta del secolo scorso, studiosi come Geza Vermes, James H. Charlesworth, E.P. Sanders e Jacob Neusner hanno fatto capire bene l’importanza cruciale di vedere Gesù all’interno e come parte del mondo vivo e vitale del giudaismo palestinese del I secolo. Sfortunatamente, la reazione di troppi accademici americani è stata un’adesione puramente formale. È sufficiente sfogliare le pagine dei molti libri su Gesù che racchiudono nel titolo la parola “ebreo” o la strombazzano nelle loro prefazioni per cogliere il divario fra la retorica e la realtà. Naturalmente, molti libri americani sul Gesù storico evitano ora le denigranti parodie della Torah o dei Farisei incorporate nei più vecchi tomi tedeschi. Al posto di tali parodie, si incontra uno spostamento d’accento politicamente corretto, dal Gesù che attacca la Legge, perlomeno nella sua interpretazione farisaica, al Gesù che attacca la gerarchia, il sacerdozio e il tempio – che ricevono il ruolo dei cattivi nella

Quando udiamo i comandamenti [...] siamo presi da meraviglia per il loro carattere impossibile nel mondo.

Quando Gesù dice ciò che l'uomo deve fare, non si tratta di un'etica autosufficiente per la realizzazione dell'uomo nell'edificio e nell'ordine dell'esserci mondano. Al contrario, ogni moralità non si giustifica piuttosto che come volontà di Dio, come esser pronti per la fine del mondo e come segno del regno di Dio. Nulla di mondano può avere la minima importanza per se stesso. .Questo mondo è solo un ponte; attraversalo ma non edificarvi la tua dimora» (Hennecke, Gli apocrifi, 35). Il mondo è certo creazione di Dio e come tale non è condannabile. L'amore per la natura è proprio di Gesù, come lo sarà in seguito di Francesco d'Assisi. Egli non viola gli ordinamenti umani, ma ne accentua il valore. Per esempio il matrimonio è indissolubile. «Ciò che Dio ha unito l'uomo non deve dissolvere».

La fede è possibile a tutti perché è a tutti ugualmente impossibile.

La giustizia di Dio si rivela " per mezzo della sua fedeltà in Gesù Cristo." La fedeltà di Dio è la divina pazienza in virtù della quale in molti punti sparsi della storia si danno sempre di nuovo possibilità, occasioni, attestazioni per la conoscenza della sua giustizia. Gesù di Nazareth è, tra questi molti punti, quello in cui gli altri sono riconosciuti nel loro significato complessivo come linea, come il vero e proprio filo rosso della storia. Cristo è il contenuto di questa conoscenza: la giustizia stessa di Dio. La fedeltà di Dio, Gesù Cristo, devono verificarsi reciprocamente.  La fedeltà di Dio si dimostra in questo, che in Gesù, il Cristo ci incontra. Se nonostante ogni insufficienza umana, nelle sparse indicazioni storiche di Dio noi possiamo vedere reali possibilità per Dio, se nelle orme terrene dell'annunzio divino noi possiamo trovare qualche cosa di più che fatti casuali di questo mondo, se rimanendo al nostro posto nel tempo, possiamo ricevere il co

Cattolici, non adeguatevi!

Brani tratti da una tavola rotonda che Giancarlo Zizola organizzò nella sede romana de 'Il Giorno' nel dicembre 1969 in cui Pasolini propone un ideale di spiritualità che rivaluta la tradizione e la bellezza "popolari" della fede e chiede di non conformarsi alla modernità. Pasolini:  "La domanda è questa: se quello che si esprime at­traverso la liturgia è il popolo che voi dite come soggetto, mi pare non arriviamo a una distinzione classista in senso, diciamo, ormai or­todosso e convenzionale della paro­la. Cioè, quando voi parlate di popo­lo e borghesia fate una distinzione ancora psicologica o sociologica, ma non sociale e non classista ancora. Ora, quando voi criticate il borghese, come sarei io ad esempio, che richie­derebbe alla messa - almeno in linea teorica perché in effetti io non vado a messa - il suo mistero, il suo mo­mento estatico, il silenzio o il mistero di una lingua incomprensibile, voi fate un rimprovero massimalistico al borghese;

Temi di morale sessuale, in dialogo con Giannino Piana

Pubblichiamo oggi il dialogo fra il nostro Niccolò Bonetti  ed il teologo Giannino Piana avvenuto a Firenze a margine dell'incontro organizzato dal "gruppo Gionata" di Firenze dal titolo "Omosessualità. Una proposta etica" . Nato nel 1939, Giannino Piana ha insegnato etica cristiana presso la Libera Università di Urbino e etica ed economia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Torino. È stato presidente dell'Associazione Italiana dei Teologi Moralisti. Fa parte delle redazioni delle riviste Hermeneutica , Credere oggi , Rivista di teologia morale e Servitium ; collabora al mensile Jesus con la rubrica "Morale e coscienza" e al quindicinale Rocca con la rubrica "Etica Scienza Società".

Il Cristo vivente, siamo noi

di Raymond Gravel in “www.lesreflexionsderaymondgravel.org” del 6 aprile 2013 (traduzione: www.finesettimana.org )   I brani del vangelo del tempo pasquale sono tradizionalmente tratti da Giovanni. Con la scoperta della tomba vuota da parte di Maria Maddalena la mattina di Pasqua, di Pietro e del discepolo che Gesù amava, il giorno stesso, la sera di Pasqua, san Giovanni ci racconta l'apparizione del Risorto ai discepoli rinchiusi nella paura, ma riuniti, per affidare loro la missione di liberare la gente: «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,23). Poiché i verbi sono al passivo, significa che è Dio che libera, ma allo stesso tempo ha bisogno di noi per farlo. È una grande responsabilità, non riservata solo agli Undici, dato che tutti i discepoli riuniti ricevono questa missione. Ma perché questo racconto pasquale? Quali messaggi ci trasmette?