Di Niccolò Bonetti
Oggi,
il Senato, ha approvato in seconda lettura la proposta di legge
costituzionale per l’istituzione del Comitato bicamerale per le
riforme costituzionali ed elettorali con il voto favorevole di PD,
PDL, Scelta civica e Lega Nord; adesso il ddl tornerà alla Camera
per il definitivo via libera.
Essa,
in caso di approvazione definitiva, sarà composta da venti
senatori e venti deputati, nominati dai Presidenti delle Camere in base alla consistenza numerica dei gruppi e al numero dei voti conseguiti dalle liste ed esaminerà i progetti di legge di revisione costituzionale
concernenti i titoli I, II, III e V della parte II della
Costituzione e in materia elettorale.
Inoltre
la legge impone di organizzare i lavori parlamentari in modo tale da
consentirne la conclusione dell'iter legislativo del ddl di riforma entro diciotto mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge costituzionale.
Si riducono poi i
tempi fra le deliberazioni , si snellisce la fase referente e si abbassa il
tetto di parlamentari necessari per chiedere il referendum
confermativo.
Dopo
il fallimento della bicamerale presieduta da D'Alema negli anni '90 e
dopo lo sciagurato tentativo di riforma costituzionale del 2006 poi
respinto dagli elettori, si tenterà ancora una volta di provare ad
aggiornare la parte seconda della nostra Costituzione che ha ormai
mostrato i suoi gravi e pesanti limiti e che, per il suo eccessivo
garantismo e per la presenza di un bicameralismo perfetto, si è
dimostrata corresponsabile, almeno in parte, dell'ingovernabilità e
del blocco delle nostre istituzioni incapaci di mettere in campo
politiche veramente efficaci ed immediate di fronte alle sfide del
nostro tempo.
Chi
si oppone a questa doverosa opera di riforma e revisione lo fa in
nome di un conservatorismo che ha reso sacrale e quasi mistico un
documento, che per quanto alto e nobile, è determinato storicamente e frutto di compromessi ormai superati, qual è la nostra
Costituzione; tale conservatorismo è estremamente nocivo per la
nostra Repubblica perché l'incapacità di mettere mano ad una sistematica revisione costituzionale è stata responsabile della continua e necrotica instabilità dei governi, dell' abnorme ricorso al decreto legge, dello strangolamento del
dibattito parlamentare per mezzo del ripetuto ricorso alla fiducia e dell' allungamento sproporzionato dei tempi dell'approvazione delle
leggi.
Il
rifiuto di accettare riforme e l'ostinata opposizione ad ogni
proposta di revisione non sono altro che una delle tante
manifestazioni dell'immobilismo di un paese che preferisce crogiolarsi in istituti ormai
storicamente obsoleti i quali tuttavia riescono a dargli un minimo di
sicurezza ma che alla lunga lo porteranno ad una dolce morte
piuttosto che rimettersi radicalmente in gioco e affrontare la sfida
di un mondo globalizzato.
Al
di là della forma di governo che sarà scelta, la riforma non potrà
che rafforzare il ruolo del governo, superare il bicameralismo
perfetto, istituire una camera delle autonomie, accelerare il processo
legislativo, definire uno statuto dell'opposizioni, ampliare le
possibilità di ricorso all'istituto referendario e elaborare una
proposta di legge elettorale che renda il bipolarismo un punto di non ritorno
irreversibile relegando un fenomeno puramente tumorale( o folkloristico) del sistema
politico quale è il movimento Cinque Stelle al posto che ad esso è più indicato cioè le chiacchiere da bar.
Solo
per mezzo di istituzioni più efficienti e per mezzo di una carta
costituzionale radicalmente rinnovata, potremo agire in maniera più
efficace per fronteggiare il decennale declino italiano nonché per
ristabilire un minimo di fiducia fra elettorato ed eletti, non certo
per mezzo di populismi e conservatorismi di destra e sinistra capaci solo di guardare al passato e alla tutela del particolare.
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