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Tra passato e futuro: il grande/piccolo centro


di Rocco Gumina

Due recenti avvenimenti mi spingono a riflettere sulla consistenza e l’eredità politica del Centro in Italia. Infatti in questa settimana che sta per concludersi Mario Monti da tecnico prestato alla politica ha finalmente, e forse, concluso la sua parabola d’impegno partitico; inoltre ho avuto la possibilità di ascoltare la figlia del grande statista Alcide De Gasperi, Maria Romana, invitata dall’Associazione “Alcide De Gasperi” di Caltanissetta. 


Queste due occasioni sono assai stimolanti per poter, anche se solo superficialmente, tracciare il cammino politico di quel grande contenitore che fu la Democrazia Cristiana e che oggi pare assolutamente improponibile per varie e motivate ragioni. A Mario Monti con il varo del suo governo fu chiesto qualcosa di assai difficile. Nonostante ciò e con il tempo datogli a disposizione credo abbia lavorato in maniera almeno sufficiente. L’eredità di tale impegno fu sviluppata nella proposta politica di Scelta Civica la quale però all’indomani della scesa fra le parti del professore bocconiano ha cominciato pian piano a perdere pezzi e a sfibrarsi. Certamente spiace vedere che un personaggio come Mario Monti termini il suo percorso di leader e fondatore di un movimento politico in queste modalità. Esse fanno pensare che i molti i quali sono accorsi dietro e dentro il suo carro, cercavano solamente un breve passaggio per poi tirar dritto per la propria strada. Credo di avere ragione quando penso che quello di Monti sia l'ennesimo delitto che la politica italiana realizza contro il cambiamento. È certo che il professore ha le sue colpe. Non ha capito per tempo che taluni personaggi come Casini pian piano l'avrebbero logorato. Inoltre la parabola di Monti mostra che non ci si può improvvisare politici nemmeno se si esce da leader della Bocconi. La politica ha bisogno di competenza e professionalità che riguarda in primo luogo la mediazione. Per far questo bisogna prepararsi e formarsi. La sconfitta e la fine politica di Monti avverte coloro che vogliono cambiar tutto assaltando pirati immaginari: per mutare realmente le cose bisogna prepararsi bene per tempo, la politica non è una scatoletta di tonno da svuotare e da riempie con dello sgombro. Tale questione la legherei alle parole che ho ascoltato su De Gasperi in occasione della visita a Caltanissetta della figlia. In tale momento si è tornati a ribadire l’altezza morale, culturale e spirituale di un uomo che insieme ad una schiera di credenti e non rappresentò il meglio dell’Italia al mondo intero, all’indomani dell’orrido rappresentato dal regime fascista. Se oggi siamo convinti che la politica sia una cosa seria per la quale vale spendere e rischiare, per la quale necessitano personaggi integri e capaci lo dobbiamo a uomini come De Gasperi. Egli, con quasi tutta la classe di politici italiani di quel periodo, rappresenta la nostra spina nel fianco in quanto dovremmo essere come loro, eppur non lo siamo nemmeno in minima parte. Cosa fare dunque? Anzitutto avere le idee chiare. Se al tempo di De Gasperi la proposta politica popolare e di Centro aveva un senso, oggi per riproporla occorre ridargliene uno altrimenti si rischia di fare attività museale di conservazione assolutamente sganciata dalla realtà. Non basta sentirsi eredi di qualcosa per ridirsi oggi popolari o di Centro. Serve una capacità di lettura, una proiezione culturale e politica, un’attrezzatura in grado di saper leggere il contesto e proporre. Alla luce dell’indagine storico-politica l’epoca di De Gasperi è quella del grande Centro. Ai nostri tempi, invece, le operette dei vari capi corrente non possono attualmente che prospettare un piccolo, piccolissimo e irrilevante centro. La fine politica di Monti lo mostra. Le parole della figlia del grande statista testimoniano la distanza siderale da quella che realmente fu un’altra epoca.

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