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Editoriale - Nipoti di Maritain 02

Nipoti di Maritain sta crescendo. Cresce l’interesse nei confronti della rivista, cresce il numero di collaboratori. Ho colto qualche reazione, implicita ed esplicita; mi rallegra il fatto che sia stata apprezzata l’impostazione “ecumenica” che abbiamo voluto dare, coinvolgendo autori con idee differenti, da quelle più conservatrici a quelle più riformistiche, per mostrare la vivacità dello Spirito che soffia all’interno della Chiesa, in mezzo ai battezzati e anche al di fuori. Nipoti di Maritain sta crescendo. Cresce l’interesse nei confronti della rivista, cresce il numero di collaboratori. Ho colto qualche reazione, implicita ed esplicita; mi rallegra il fatto che sia stata apprezzata l’impostazione “ecumenica” che abbiamo voluto dare, coinvolgendo autori con idee differenti, da quelle più conservatrici a quelle più riformistiche, per mostrare la vivacità dello Spirito che soffia all’interno della Chiesa, in mezzo ai battezzati e anche al di fuori. Rispetto alla nostra pagina facebook – che comunque rappresenta uno spazio efficace per le reazioni alle notizie di immediata attualità – questa rivista viene percepita come una dimensione in cui il confronto può portare maggiori frutti. Questo non per una pretesa seriosità dei toni, che auspichiamo essere sempre brillanti, ma forse per il filtro fisiologico nei confronti delle “sparate” meno argomentate che non sempre permettono di accogliere fraternamente la posizione dell’altro. Non è nostra intenzione scoraggiare persona alcuna dallo scrivere articoli da pubblicare in questo spazio, tutt’altro; è piuttosto l’atteggiamento che ritroviamo in questa rivista, che sembra rivelarsi maggiormente costruttivo, a dover contagiare anche le reti sociali.
Se nel primo editoriale ho parlato di quel “pepe della terra” come una qualità peculiare di Nipoti di Maritain che va preservata anche all’interno di questa nuova pubblicazione, questa volta invece – anche per via di spiacevoli discussioni degenerate bruscamente – mi preme invitare ad utilizzare sui social il medesimo atteggiamento di accoglienza. Ciò non esclude anche una forte dose di provocazione, ironia e sarcasmo, egregiamente rappresentato dagli interventi che impreziosiscono la rivista. Recentemente ho dovuto scrivere due interventi per ricordare che il motto maritainiano che ci contraddistingue è “debitori a Voltaire per la tolleranza, debitori a Lutero per il non conformismo”. La tolleranza è innanzitutto nei confronti delle persone: come la offriamo a voi, la chiediamo anche a chi interviene su Nipoti di Maritain.
A fronte di alcune critiche ricevute secondo le quali Maritain e consorte non avrebbero sottoscritto alcuno degli articoli usciti sul primo numero della rivista – in particolare l’intervista, percepita come “ingombrante”, al teologo Andrea Grillo, cui abbiamo voluto dare voce non tanto per la condivisione della sua “linea”, quanto per gli spunti interessanti che offre su un tema di sua competenza – preciso che nessuno di noi è Maritain né pretende di identificarsi con esso, bensì cerchiamo di raccoglierne, neppure da “mariti” o da “figli”, ma da “nipoti”, la vocazione alla tolleranza e al non conformismo. Ci basterebbe solo questo; se anche lui avrebbe preferito una simile “eterodossia” anziché una pedissequa sequela delle virgole del suo pensiero, possiamo solo, ragionevolmente, ipotizzarlo. Mi sono trovato ad esplicitare in cosa consista la proposta di tolleranza e non conformismo al tempo stesso, due dimensioni non semplici da coniugare. Si è deciso di escludere gli insulti personali e le espressioni lesive della dignità umana di qualsiasi individuo o gruppo sociale; parimenti, il facile ricorso ad accuse di “eresia”, soprattutto per squalificare gli studi dei fratelli, è sembrato un grave ostacolo all’ideale di fraternità universale che, in quanto cristiani, abbiamo abbracciato. In tal senso, abbiamo fatto nostro l’appello ad accogliere tutte le posizioni teologiche ed ecclesiologiche più disparate, in quanto di stimolo alla ricerca della verità contenuta, in parte, anche in esse, o che può emergere affiancando contrastivamente due opinioni diverse.
L’insulto è altra cosa; distruttivo, sterile, non permette l’ascolto delle reciproche opinioni. I quesiti proposti sono sempre indirizzati a svegliare la nostra fede, a provarla; lo stesso San Tommaso d’Aquino si pose, nella sua Summa, le domande più disparate (alcuni esempi: se Dio esista, se il male sia un'entità positiva, se un angelo parli con l’altro …) analizzando tutte le tesi favorevoli e contrarie. Come lui, coerentemente col Magistero della Chiesa, pensiamo che solo dal dubbio possa scaturire una solida fede che non sia una ingenua credenza favolistica, cosa ben diversa dalla profonda “fede dei semplici” e dalla “povertà in spirito”, che rappresentano la nostra libertà da ogni forma di sicurezza, orgoglio e possesso, compreso quello di convinzioni catechistiche. Pertanto anche il sindacare la legittimità dei quesiti proposti manifesta un atteggiamento esplicitamente distruttivo che impedisce alla Verità di illuminare, aprendo ferite dolorose ma indispensabili, tutte quelle superficiali credenze assunte acriticamente. Oggi più che mai è diventata un’esigenza passare per il dubbio più radicale, per l’ateismo, per la Croce e l’abbandono di ogni appiglio, finanche del legno della Croce.
Ad ogni modo, i riscontri incoraggianti ricevuti da laici e consacrati, che hanno evidenziato il nostro stile «dialogico nell’accogliere posizioni di vario tipo, e al contempo chiaro nel dichiarare precise prese di posizione», ci spingono a procedere in tale direzione. La quale, in fondo, è quella dell’ascolto, che contribuisce ad una migliore edificazione della nostra coscienza. Rispetto al primo numero, gli articoli “lievitano” da 18 a 24. Merito forse dei quesiti, che hanno pro-vocato, ossia hanno “chiamato fuori” le risposte di molti. Si parla di testamento biologico da prospettive etiche, giuridiche e mediche, sottolineando in più occasioni il rapporto di fiducia e ascolto tra l’operatore sanitario e la persona sofferente, che innanzitutto deve essere accompagnata e aiutata nel discernimento delle imprevedibili e dolorose vicende della vita. Nessuna “intelligenza artificiale” – nemmeno quelle citate da Matteo Zerbino nella nuova rubrica “Impressiones” – potrà mai sostituirsi all’intelletto, all’emotività e alla presenza umana.
Si parla di dialogo con le persone di fede islamica, con tutti gli ostacoli che effettivamente ci sono e si frappongono a tale vera fraternità. Abbiamo la grazia di poter ospitare un intervento dei giovani musulmani del Co.Re.Is., ma anche esperienze personali, con gesti concreti che educano al dialogo e riflessioni più generiche sul cosiddetto Occidente che guarda – con una diffidenza che cela sicuramente anche invidia – alla dimensione sacrale che nell’Islam si è preservata in misura maggiore rispetto al cristianesimo. Camminiamo, senza credere alle mortifere ideologie che invocano lo “scontro di civiltà” o a quelle che sbandierano un facile “buonismo” superficiale, che ignora l’importanza del carico valoriale che in parte ci accomuna e in parte ci distingue, e si rende incapace di accogliere l’altro come egli è; un aiuto è rappresentato dalla rubrica di Stefano Gherardi che affronta la questione dalla prospettiva di due “allievi” di Maritain, che hanno cercato nell’incontro culturale, mistico e personale un mezzo per avvicinarsi agli uomini del Corano. C’è invece chi, costruendo la pace con popolazioni anche di fede islamica, per via politica, ha abbracciato l’intero Mediterraneo, rendendo l’Italia, nell’immaginario islamico, una nazione non ostile; nello specifico, pensiamo ad Aldo Moro, del quale si parla nella recensione di Lucandrea Massaro al libro di Gennaro Salzano. Altrettanto prezioso è il contributo di Davide Penna, che illustra la dinamica trinitaria che ravviva la radicale apertura della fede ed evita l’incancrenirsi nell’ideologia, che è sempre dietro l’angolo.
Infine, il terzo tema di questo numero è il diaconato, anche – ma non solo – femminile, sebbene gli animi si siano infervorati su quest’ultimo, divenuto di grande attualità con la recente istituzione della Commissione di Studio sul Diaconato delle donne, avvenuta proprio mentre stavamo raccogliendo gli articoli. Abbiamo voluto indagare il ruolo di alcuni ministeri ordinati femminili, nel passato ma anche nella contemporaneità, proponendovi l’intervista alla diaconessa Wiebke Johannsen della Chiesa evangelica, con la quale ci apprestiamo a celebrare il 500° anniversario della Riforma. Si intuirà che il ruolo del “diacono” nella loro comunità è più vicino ad una sorta di “animatore” consacrato, che segue soprattutto le attività dei gruppi giovanili.
La rubrica di Stefano Sodaro ci rimanda alla insopprimibile tensione del cristiano, che sarà sempre eccedente anche rispetto alla più “progressista” delle istituzioni sociali. Qui entra in gioco la coscienza, a noi tanto cara, esaminata all’interno della rubrica “A ben vedere” questa volta affidata a Christian Alberto Polli, il quale ne illustra l’importanza per il pensiero del beato cardinale John H. Newman. In essa è racchiuso un po’ tutto il proposito di “abbronzare” la nostra coscienza alla luce radiosa del Risorto, nell’incontro con il fratello. Buona lettura.

Piotr Zygulski, Nipoti di Maritain 02, pp. 6-9

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