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Ve la racconto io la FUCI


di Lorenzo Banducci

Ogni tanto fermarsi fa bene. Consente di distendersi un attimo, rilassarsi, guardarsi intorno, concentrarsi sull’essenziale. In tal senso va interpretata la mia sparizione temporanea dalla rete e dal blog “Nipoti di Maritain” che ormai da un anno e mezzo porto avanti insieme ad amici e amiche sparsi per il Bel Paese.


Ammetto anche che stavo meditando di tornare con un bell’articoletto sulla politica, sull’Italia, su Renzi, sul Partito Democratico. Avrei avuto voglia di occuparmi di questo per adesso.

Nella vita, però, se si commette un errore, è proprio quello di fare programmi fin troppo definiti sul proprio futuro ed ecco che a scombinare le carte sul mio tavolo ci ha pensato un bell’articoletto apparso ieri su un blog che ogni tanto mi capita di frequentare (più che altro per capire bene su cosa si discute in mondi culturali piuttosto lontani dal mio).

Devo anche ammettere che a volte ho trovato in spazi del genere spunti di riflessione interessanti che mi hanno permesso di elaborare pensieri articolati su questioni delicate sia di attualità sia di fede.

Stavolta però l’hanno fatta grossa. Non tanto perché si sono permessi di criticare la FUCI, un’associazione alla quale ho dedicato quattro anni della mia vita, due dei quali passati a fare il responsabile regionale della Toscana (purtroppo però non è mia la regione quella citata in coda all’articolo che ha proposto di aprire alle donne il ruolo di assistente), ma perché lo hanno fatto con una superficialità inaudita.

La FUCI è stata per me, così come per migliaia di giovani dal 1896 ad oggi, uno spazio all’interno della Chiesa per incontrare Cristo (il famoso Protagonista mai nominato nel tanto criticato numero di Ricerca). E Cristo l’ho incontrato eccome in FUCI. L’ho incontrato nel volto di giovani che come me credono di poter dare il loro contributo nel portare il Vangelo all’interno degli ambienti universitari, l’ho incontrato in coloro che incuriositi si avvicinano per la prima volta alla nostra esperienza, l’ho incontrato nelle facce timide e preoccupate di chi accetta di candidarsi per un incarico di responsabilità e all’interno di questo mandato cresce come uomo e come cristiano.

Sostanzialmente devo molto alla FUCI e, se la dovessi raccontare a colui che l’ha criticata senza conoscerla minimamente, userei le parole che un monumentale assistente ecclesiastico utilizzò durante un appuntamento nazionale del 2010: “la FUCI è come un bacio”. Un gesto di amore e tenerezza senza pari.

La FUCI ha saputo dare tanto alla storia della Chiesa e di questo Paese e sicuramente non saranno le parole deliranti di un autore ignoto a scalfirne la fama e il prestigio, ma ho ritenuto doveroso per rispetto a coloro che, come me, hanno sempre creduto nella missione fucina provare a raccontare cosa sia veramente questa esperienza. Un’esperienza in cui il famoso “femminismo” non è un concetto  astratto buono a riempire le pagine di un numero di Ricerca, ma in cui la donna ha davvero pieno valore e pari dignità rispetto all’uomo, in cui a tutti i livelli (dalla presidenza nazionale al gruppo diocesano) gli incarichi sono doppi (uno maschile e uno femminile) proprio per dare pieno spazio a due sensibilità diverse, a due modi diversi di vedere il Mondo e che solo se insieme e attraverso una continua e costante mediazione possono arrivare ad esprimersi in pienezza. Questo ragionamento mi spingerebbe a parlare del legame che si crea fra il fucino e la fucina, ma richiederebbe fiumi di parole e la sicura incapacità, da parte di chi scrive, di rendere in modo adeguato l’idea vista la peculiarità, la forza e la bellezza di tale rapporto. In due parole: va vissuto.

Ho provato in queste poche righe a dare un piccolo quadro di cosa rappresenti per me l’essere fucino. Vorrei concludere solo ricordando all’autore delle critiche che, per quanto siano state mosse nei confronti di un’associazione, è come se fossero state mosse nei confronti della Chiesa intera. La FUCI, da associazione ecclesiale, vede i propri responsabili eletti democraticamente dagli organismi della federazione, ma, in ultima analisi, nominati a livello episcopale e quindi, in una qualche misura, legati strettamente alla Chiesa e alle comunità diocesane di riferimento. Attaccare così drasticamente la FUCI significa attaccare senza pietà anche la Chiesa. Questo ultimo atto spero possa spingere il famigerato critico a riflessioni personali più profonde sulle quali non occorre che aggiunga altro.

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