In risposta all’affermazione «la guerra nazionale spagnola è una guerra santa, e la più santa che la storia abbia mai conosciuto», Jacques Maritain nel 1937 ha prodotto uno scritto di altissimo valore morale e politico dal titolo “Sulla guerra santa”. In queste pagine il filosofo cattolico mette a fuoco la propria posizione di fronte al conflitto che stava interessando la Spagna. Dopo la vittoria elettorale del Fronte Popolare nel 1936, la rivolta militare organizzata in Marocco dal generale Francisco Franco aveva dato il via a una atroce guerra civile. L’affermazione iniziale, criticata da Maritain e pronunciata dai gesuiti spagnoli, risultava giustificata – secondo loro – affermando che in tale guerra fosse in gioco l’esistenza stessa d’ogni religione, naturale o positiva, e il fondamento naturale della società.
La
guerra civile spagnola veniva dunque definita dai mezzi di
propaganda come una guerra “santa”. Come tale era combattuta anche da
persone che dal resto d’Europa partivano in sostegno alle truppe del generale
Franco. Maritain contesta
questa tesi. In altre civiltà considerate “sacrali” – come quella degli
antichi ebrei, quella islamica, o quella cristiana del medioevo – la nozione di
guerra santa poteva avere un significato: essa comunque era combattuta contro
stranieri che minacciavano queste comunità dall’esterno e non all’interno di
tali comunità tra fratelli e concittadini. «La guerra per sua essenza appartiene
a Cesare, è per eccellenza qualcosa di temporale, perché coinvolge fino in
fondo – fino al sacrificio degli uomini – la città temporale», afferma il
filosofo francese. Nelle civiltà come la nostra dove il temporale è
differenziato dallo spirituale la nozione di guerra santa perde di significato.
Interessante anche la parte in cui Maritain
parla del concetto di guerra giusta, la quale – in quanto guerra – rimane pur
sempre «qualcosa di profano e di secolare, non di sacro». In questo sta la
distinzione fra i due termini. Una guerra può essere giusta, anche se l’uso della forza «nella gerarchia dei mezzi è
lungi dall’essere il più elevato», ma non se ne può invocare la santità; «che si uccida se si crede
necessario uccidere in nome dell’ordine sociale o della nazione, ed è già una
cosa abbastanza orribile, ma non si uccida nel nome del Cristo Re», dice
Maritain. In questo senso il pensatore francese iniziava ad anticipare la
dottrina della Chiesa che, con l’enciclica “Pacem in Terris” di San Giovanni XXIII,
giudica «estraneo alla ragione che la guerra possa essere uno strumento adatto
per rivendicare i diritti violati».
Lungimirante la parte conclusiva del testo, in
cui Maritain vede – a partire da tale guerra civile – il rischio per una guerra
mondiale atroce che coinvolga in modo totale tutte le potenze europee. Di lì a
poco la storia gli avrebbe purtroppo dato ragione. Vale dunque la pena
rileggere oggi queste pagine di Maritain, perché, seppur criticato per essere
dalla stessa parte dei “comunisti”, Maritain scelse di stare con chi stava
difendendo libertà e democrazia. Come lui si impegnarono molti altri cristiani,
che, rifiutando la scelta della “guerra santa” promossa da Franco, si fecero
portavoce all’estero dell’immane tragedia che stava colpendo il popolo
spagnolo.
Lorenzo Banducci su Nipoti di Maritain n.8 (novembre 2019), pp. 60-61.
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