Le relazioni fra
gli Stati e le Chiese nei paesi europei sono per la maggior parte sostenute
dallo schema concordatario. L’Italia stessa – in tal senso – si è mossa nei
confronti della Chiesa Cattolica con i Patti Lateranensi del 1929 e gli Accordi
di Villa Madama del 1984. Il tema, tornato alla ribalta nell’estate scorsa in
seguito al dibattito sul ddl Zan, ci ha portato a operare riflessioni sull’utilità
di questo strumento e, cosa ben più importante, sui suoi contenuti.
È interessante notare innanzitutto che tale
schema concordatario non sia l’unico vigente in Europa ma che ne esistano anche
altri[1].
In Francia viene affermato il principio di laicità e non vi sono
regolamentazioni fra lo Stato e le Chiese, con l’eccezione della presenza del
sistema concordatario per la regione dell’Alsazia-Lorena. In alcuni Paesi
(Regno Unito, Grecia, Malta, Danimarca, Finlandia) con modalità e tipologie
diverse si ritrova la presenza di una Chiesa di Stato. In Belgio si distingue
tra culti riconosciuti e culti non riconosciuti: l’attività dei culti
riconosciuti è regolata da una apposita legge, negoziata di fatto con la
confessione religiosa; quella dei culti non riconosciuti è regolata dal diritto
comune. L’art. 19 della Costituzione belga equipara i culti alle
associazioni filosofiche non confessionali, mentre l’art. 20 assicura la
libertà negativa di religione, ovverosia la libertà di non credere. In Olanda
lo Stato negozia con un unico organismo che rappresenta tutte le confessioni
religiose. Esso è retto da uno statuto di tipo consociativo che consente alle
confessioni che ne fanno parte di “pesare” nelle decisioni a seconda della loro
consistenza numerica.
Il sistema del concordato resta, a mio avviso, un
ottimo strumento per regolamentare le relazioni fra lo Stato e la Chiesa
Cattolica. Alcuni punti degli accordi di Villa Madama lasciano comunque a oggi
domande riguardanti il tema della libertà religiosa nel nostro Paese e rendono
necessaria una revisione di tali accordi; in particolare, penso ai temi del
finanziamento attraverso l’8 per mille e all’Insegnamento della Religione
Cattolica nelle scuole.
L’8 per mille è la quota del gettito IRPEF che i contribuenti possono destinare allo Stato o alle confessioni religiose che hanno un’intesa con esso. In sede di dichiarazione dei redditi, siamo tutti invitati a esprimere la nostra preferenza verso un ente per la ripartizione dell’8 per mille raccolto dall’erario tra tutti i contribuenti. Tuttavia il 60% di essi non esprime alcuna scelta, ma ciò non implica che resti allo Stato o nelle loro tasche. Infatti, come i seggi del parlamento vengono ripartiti sulla base dei voti espressi, le persone che esprimono la loro scelta decidono per tutti, per “silenzio assenso”. Diversamente dal sistema del 2 per mille ai partiti, in cui le scelte non espresse rimangono interamente allo Stato, le somme derivanti dalle dichiarazioni che non contengono alcuna preferenza per l’8 per mille sono ripartite in proporzione ai “voti” ricevuti dalle varie opzioni. Per farla semplice, ci troviamo di fronte a una minoranza determinante: 2 contribuenti su 5 decidono anche per gli altri 3 astenuti. La Corte dei Conti si è espressa a più riprese a proposito di questo sistema, che non rispetterebbe i principi di proporzionalità, volontarietà e uguaglianza[2]. La mancanza di trasparenza e la difficoltà di reperire i dati sono carenze informative tali da considerarsi un vero e proprio problema di democrazia. La Corte ha poi rimarcato a più riprese come negli anni lo Stato abbia manifestato il proprio completo disinteresse per la quota a esso destinata, dirottata alle spese ordinarie e così utilizzata in passato anche per finanziare missioni militari: «Risulta, pertanto, del tutto frustrato l’intento di fornire una valida alternativa ai cittadini che, senza finanziare una confessione, aspirino, comunque, a destinare una parte della propria imposta a finalità sociali ed umanitarie». Per porvi rimedio, dal 2020 il contribuente che firma per lo Stato ha la possibilità di specificare una preferenza per uno dei seguenti ambiti: beni culturali, fame nel mondo, edilizia scolastica, calamità naturali e assistenza ai rifugiati. Ma è così necessario che permanga tale strumento di finanziamento, favorevole soprattutto per la Chiesa italiana, che ha in sé un’ambiguità che inasprisce le opinioni anti-ecclesiali ormai ampiamente diffuse? Perché non riformare l’8 per mille eliminando il riparto delle scelte non espresse, troppe volte destinate a insaputa dell’ignaro contribuente che, non firmando, non vuole finanziare alcuna confessione religiosa?
Un altro tema scottante contenuto nel testo del concordato è quello
dell’Insegnamento della Religione Cattolica a scuola. È l’articolo 9 dell’Accordo
di Villa Madama a introdurre questo argomento:
«La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura
religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del
patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro
delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle
scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della
libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito
a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto
insegnamento. All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori
eserciteranno tale diritto, su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la
loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione».
Rivedere questa
parte degli accordi di Villa Madama considerando i cambiamenti etnici e
culturali ormai ampiamente avvenuti nel nostro Paese è di fondamentale
importanza affinché l’Insegnamento della Religione Cattolica non si sostituisca
a una ben più importante, a mio avviso, educazione alle religioni. Abbiamo
tutti sotto gli occhi il fenomeno dell’analfabetismo religioso così dilagante
nelle giovani generazioni e soprattutto la necessità di integrare, nei nostri
contesti di vita, ragazzi con diverse confessioni religiose. È vero che già in
molti casi questo avviene, specialmente nelle scuole superiori, visto che l’ora
di Religione a scuola è molto cambiata nel corso degli ultimi anni. Sarebbe
però bene che tale mutamento già in atto diventi “istituzionalizzato” portando
al cambiamento del testo dell’accordo di Villa Madama.
Mi rendo conto che toccare questi due punti del
Concordato è come toccare due nervi scoperti nelle relazioni fra Stato e Chiesa
del nostro Paese. La Chiesa che immagino in Italia è però una realtà in grado
di superare forme ormai che sanno di un antico retaggio così poco comprensibile
sia ai non credenti che a molti fedeli. Sarebbe bello immaginare che partisse
proprio dal basso: dai mondi associativi, dalle realtà parrocchiali e dai
singoli credenti questa richiesta di cambiamento e che fosse la Chiesa stessa a
chiedere allo Stato Italiano una revisione del Concordato nell’ottica di una
maggiore laicità e indipendenza sulle tematiche dell’8 per mille e dell’insegnamento
della religione nelle scuole. Una piccola perdita di potere per guadagnare una
maggiore credibilità verso tutti i cittadini.
Nel 2015 a Firenze, al Convegno della Chiesa
Italiana, papa Francesco aveva chiarito:
«Questi tratti ci dicono che non dobbiamo essere ossessionati dal “potere”,
anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all’immagine
sociale della Chiesa. Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, si
disorienta, perde il senso. Se li assume, invece, sa essere all’altezza della
sua missione. I sentimenti di Gesù ci dicono che una Chiesa che pensa a sé
stessa e ai propri interessi sarebbe triste. Le beatitudini, infine, sono lo
specchio in cui guardarci, quello che ci permette di sapere se stiamo
camminando sul sentiero giusto: è uno specchio che non mente».
Il sasso era
partito dall’alto e ora tocca alla Chiesa Italiana far sì che il suo rapporto
col potere sia sempre più libero e lontano da logiche lontane dal Vangelo di
Gesù.
Nato a Lucca nel 1988, si è laureato in Odontoiatria a Pisa nel 2012 e dal 2013 esercita la professione in vari studi della Toscana. È stato fra i rifondatori del gruppo FUCI di Lucca nel 2009 per poi esserne responsabile regionale per la Toscana dal 2010 al 2012. Dal 2011 ad oggi ha incarichi diocesani in Azione Cattolica di Lucca dove attualmente è Vice-Presidente del Settore Giovani. Con Niccolò Bonetti è tra i fondatori di “Nipoti di Maritain”.
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