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Elezioni Ragusa: Il fine dei compromessi

di Davide Cilia

Capire le dinamiche del ballottaggio tra i candidati a sindaco a Ragusa non è immediato. Comprendere come si sia arrivati a questo punto ancor meno.
Prima di offrire il punto di vista di un elettore che a fatica riesce ancora a identificarsi in una sinistra più utopica che già realizzata in un progetto politico comune, partiamo da un breve riassunto dei fatti avvenuti negli ultimi anni. Nel 2011, terminato con popolarità il mandato elettorale da sindaco, l’esponente del PdL Nello Di Pasquale ottiene una nuova schiacciante vittoria sulla coalizione della sinistra locale e in particolare sugli esponenti del PD che da sempre avevano osteggiato la sua amministrazione e denunciato a duri toni politiche clientelari, processi di cementificazione, gestione dei rifiuti, gestione idrica e priorità delle spese pubbliche solo per citarne alcune. Nel 2012 invitato dall’attuale presidente della regione Rosario Crocetta a sostenerlo in campagna elettorale con la lista “Il Megafono”, Di Pasquale si dimette da sindaco e in seguito è eletto come onorevole presso l’Ars (Assemblea Regionale Siciliana). Naturalmente la questione fa sorgere inevitabili polemiche con la segreteria del Pd ragusana che si vede coinvolta in secondo piano da un esponente regionale del Pd come Crocetta. E tuttavia, una volta riappacificate le acque, si presenta per il Pd a Ragusa l’opportunità di presentare una valida alternativa in vista delle amministrative 2013. C’è il tempo per organizzare delle primarie, c’è la possibilità di proseguire il percorso recente con una lista civica, il Movimento Città, c’è anche la collaborazione con Sel, IdV e importanti pezzi della società civile per stilare un programma. Passano i mesi e ci troviamo a oggi con la scelta strategicamente e ideologicamente più incomprensibile che si poteva adottare: il segretario del Pd ragusano, Peppe Calabrese, dopo aver tentato invano di sponsorizzare se stesso, guida i ¾ della segreteria verso la decisione di sostenere la candidatura a sindaco di Giovanni Cosentini, già vice sindaco nell’amministrazione Di Pasquale tanto criticata e “cuffariano doc” (come attestano sue dichiarazioni in merito ai buoni rapporti “pre e post Rebibbia” con lo stesso ex governatore della Sicilia condannato a 7 anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra) sostenuto proprio ieri sera anche dal governatore Crocetta e dal segretario del Pd Epifani.


In tutto questo la sinistra, tra elettori e tesserati del Pd delusi, si spacca in altre due forze politiche che non riescono a fronteggiare un terzo sfidante che non abbiamo ancora citato e che alle recenti elezioni ha fatto di Ragusa il suo più importante bacino elettorale dell’Isola: il Movimento 5 stelle. Il ballottaggio è dunque tra Cosentini (sopra descritto, di cui era certo un suo parziale successo) e Federico Piccitto giovane aspirante a sindaco.
E’ in questi casi che il “non-statuto” del M5s si trasforma in regole statutarie stringenti vietando a semplici e onesti cittadini la normale dialettica politica che richiede mediazione e condivisione per giungere al risultato il più rappresentativo possibile. Detto in altri termini: non vi sono margini di apparentamenti tecnici per andare al ballottaggio insieme alle altre forze politiche che vogliono da anni il cambiamento a Ragusa e perciò in caso di vittoria i 18 consiglieri (premio di maggioranza) sarebbero attribuiti esclusivamente al solo M5s.
Si sviluppano due compromessi: da una parte la vecchia politica responsabile del disagio e dell’abbandono del territorio e dall’altra una forza politica che pur aprendo al dialogo risulta (volontariamente) in ostaggio di un comunicatore che impone regole che stonano con la democrazia. Scattano automaticamente alcune considerazioni senza le quali l’analisi sfocerebbe nel qualunquismo: a che serve la politica delle belle e grandi opere che non si occupi o non si preoccupi dell’occupazione in un territorio? a che serve la competenza se usata per la mala-politica come la gestione dubbia degli appalti pubblici? a cosa servono i legami politici con la regione e col governo quando servirebbe solo una buona amministrazione? Oggi la voglia di rinnovamento e di riscatto di una Ragusa investita dalla crisi e narcotizzata dal finto benessere è più grande degli interessi (o diritti) partitici. Le forze politiche della sinistra principalmente e altre ancora sostengono senza esitare Federico, un giovane 37enne desideroso di ascoltare, pronto a imparare dagli altri e stanco di gridare. Che si possa guardare a un “modello Ragusa”? Se il tanto citato “bene comune” è ancora il fine di una politica che capace di farsi mezzo, spero che essa recuperi la vocazione al dialogo delle forze interessate a raggiungerlo.

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