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Commento al vangelo 10 luglio 2018: Mt 9,32-38

Il decimo miracolo che Matteo racconta dopo le Beatitudini è la guarigione di una persona alla quale il demonio aveva rubato la parola. Viene presentata a Gesù, Parola incarnata che caccia fuori il demonio dell'anti-comunicazione e inizia ad abitare sulla sua bocca. Al contrario, qualcuno perde l'occasione per riconoscere la Parola: perde la parola, cioè la capacità di comunicare cose sensate; mutismo e incomprensione vanno a sigillare la bocca di chi rifiuta la Parola. Quest'ultima tuttavia non si stanca di visitare qualsiasi luogo, sia esso considerato sacro o non sacro: tutto, tutti e ogni parte di noi. È sovrabbondante di impegni: camminare, insegnare, annunciare, curare; mancano però collaboratori. Non gira il mondo da sola, ma in nostra compagnia. Cosa ci resta da fare? Chiedere al Signore della Parola che mandi, faccia uscire, cacci fuori (lo stesso verbo del demonio cacciato) chi aiuterà a costruire il Regno dell'amore reciproco. Non si specifica una mansione p

Commento al vangelo 9 luglio 2018: Mt 9,18-26

Edwin L.Long, The Raising of Jairus' Daughter , 1899 Il racconto delle due donne (l'emorroissa e la figlia di un capo della sinagoga) salvate da Gesù lo abbiamo sentito giusto domenica scorsa dall'evangelista Marco, che probabilmente conserva la forma più antica della tradizione, ad esempio con l'espressione in aramaico popolare "talità kum". Matteo, presentando il medesimo incastro delle scene (forse precedente alla stesura di Marco, anche se il racconto della figlia ha maggiori tracce di plausibilità storica prepasquale rispetto all'altro) lo asciuga da 23 versetti a soli 9, ma non per questo meno veri per la nostra salvezza. Cosa elimina Matteo? Alcuni contrasti, ad esempio tra Gesù e i discepoli che non volevano che cercasse l'emorroissa che l'ha toccato, oppure quello tra il capo della sinagoga e quelli che gli comunicano la morte della figlia con l'intenzione di farlo desistere. In Matteo, Gesù si volta e vede subito l'emorroissa

Commento al vangelo XIV Domenica Tempo Ordinario B: Mc 6,1-6

www.LumoProject.com Ogni volta che inciampiamo dovremmo ringraziare. Così come dobbiamo ringraziare quelli che oggi inciampano su Gesù; non a caso i discepoli sono invitati ad assistervi. Perché quell'inciampo è ammettere che si pensava di sapere tutto di Lui - gli eravamo così vicini! - e invece non abbiamo ancora capito nulla. Oggi chi si scandalizza ha il coraggio di riconoscere la sapienza straordinaria di Gesù; non è poco, ma non basta. Tornato a casa, ci accorgiamo dei cambiamenti, ma non tornano tutti i conti nei nostri rigidi schemi, fossilizzati nel passato di quando eravamo giovani e belli... “Eppure lo conoscevamo, faceva gli studi elementari in sinagoga, poi i lavori con il legno, ha qui i suoi parenti, toh, ecco lì Maria sua madre e i suoi fratelli, un po' incazzati perché li ha lasciati da soli in casa, ha trent'anni e non si è ancora neppure fidanzato... come mai ora insegna in un modo così coinvolgente?” Tra parentesi, ringraziamo per queste loro paro

Commento al vangelo 6 luglio 2018: Mt 9,9-13

Gesù insegna la voce di Dio per mezzo del profeta Osea: «Misericordia io voglio e non sacrifici». Quell' e non va inteso ebraicamente nel senso che il sacrificio da solo non basta, se non vi è misericordia. A noi è chiesto però un sacrificio, che è appunto il sacrificio della misericordia. Quello di Gesù, per intenderci, che agli occhi dei molti - quei molti per i quali versa il suo sangue - si sputtana stando con prostitute e peccatori vari. Gesù non teme lo sputtanamento, perché il sacrificio della misericordia ne vale la pena. Notiamo quanto è attraente per i peccatori, Gesù, che si siede a tavola e sopraggiungono come api al miele. Mangiano insieme, gli dona incondizionatamente la sua relazione; anche se poi magari se ne torneranno a casa peccatori, lui non demorde a sacrificarsi per loro e a mostrare che il bello, il buono e il vero è possibile. Perché imparino che sono suoi fratelli - e quindi anche loro figli amati dello stesso Padre - offre la sua Comunione prima ancora

Commento al vangelo 5 luglio 2018: Mt 9,1-8

Si racconta un miracolo del paralitico perdonato, ma alla fine si evidenzia che quel potere di Dio è stato donato agli uomini. È il potere della relazione, che allontana le eredità paralizzanti del passato. Infonde coraggio, restituisce la dignità di figli, ci rimette in grado di camminare con le nostre gambe, rende leggeri i pesi che dobbiamo portare, anziché essere noi pesi morti per gli altri, e infine ci inserisce a casa nostra. Cioè nelle nostre relazioni quotidiane, dove siamo chiamati a ridonare questo dono ricevuto. Per qualche tecnocrate malvagio è bestemmia - colpe e debiti devono essere tutti pagati sino all'ultimo centesimo! - ma se non fosse chiara la logica del Vangelo, Gesù ci offre quel segno visibile di un uomo che torna a camminare, libero, figlio e fratello, e non più un fallito debitore. L'unico debito che gli resta è quello verso l'infinita misericordia; un debito che, anche se in un certo senso ci rende in difetto di amore rispetto agli altri, al con

Commento al vangelo 4 luglio 2018: Mt 8,28-34

Ciò che fa impressione oggi è che i due indemoniati fanno proprio tutto da soli. Talmente soli che sarebbe un solo indemoniato, diviso in due. Escono da quei morti che vivono tra i morti, gli vanno incontro furiosi, gridano. Lo riconoscono come Figlio di Dio, qualcuno con cui non hanno alcuna cosa in comune. Se lo dicono loro, però, badate. Nessun legame vogliono avere con lui. Lo aspettavano, ma se l'erano presa comoda perché pensavano di avere più tempo. Quello di Gesù invece urge, è già qui, siamo in questi ultimi tempi. Sempre da soli, i due indemoniati chiedono che, se Lui li scaccia, di mandarli nella mandria di porci. Lo scongiurano, vogliono entrare nell'infedeltà. Qualcuno si aspetterebbe un Gesù che inizia a declamare qualche formulona, potentissima, in latino, come nei film, e invece no. Neppure li scaccia. Semplicemente li lascia liberi: andate! Lo stesso invito missionario che fa a noi, nelle ultime righe del vangelo: andate! La reazione all'avvicinarsi di Ges

Commento al vangelo 3 luglio 2018 - S. Tommaso apostolo: Gv 20,24-29

Giovanni Gasparro, L'incredulità di Tommaso, 2010 L'apostolo Tommaso, che porta il soprannome di "gemello" perché così simile a noi, nel momento della Resurrezione di Gesù in mezzo ai discepoli chiusi nel cenacolo, non era con loro. Quindi non ha fatto in unità con loro l'esperienza della vita che irrompe nella comune paura. Tommaso fa fatica da solo ad ascoltare i discepoli che gli raccontano quanto hanno vissuto. Non fa penetrare la loro Parola, che è testimonianza di Resurrezione. Non gli basta ascoltare e neppure vedere la gioia di Gesù Risorto in mezzo a loro: vuole proprio farne lui esperienza, vuole risorgere anche lui, vuole che le piaghe del Crocifisso siano riaperte pure per lui e per tutti. Dovrà però attendere otto giorni; la domenica dopo, nonostante tutto, va a "Messa" assieme agli altri e, nel cenacolo ancora sprangato  –  forse le vite dei discepoli non erano poi cambiate così tanto... – Gesù si manifesta nuovamente in mezzo. Si fa