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Ogni volta che inciampiamo dovremmo ringraziare. Così come dobbiamo ringraziare quelli che oggi inciampano su Gesù; non a caso i discepoli sono invitati ad assistervi. Perché quell'inciampo è ammettere che si pensava di sapere tutto di Lui - gli eravamo così vicini! - e invece non abbiamo ancora capito nulla. Oggi chi si scandalizza ha il coraggio di riconoscere la sapienza straordinaria di Gesù; non è poco, ma non basta. Tornato a casa, ci accorgiamo dei cambiamenti, ma non tornano tutti i conti nei nostri rigidi schemi, fossilizzati nel passato di quando eravamo giovani e belli... “Eppure lo conoscevamo, faceva gli studi elementari in sinagoga, poi i lavori con il legno, ha qui i suoi parenti, toh, ecco lì Maria sua madre e i suoi fratelli, un po' incazzati perché li ha lasciati da soli in casa, ha trent'anni e non si è ancora neppure fidanzato... come mai ora insegna in un modo così coinvolgente?” Tra parentesi, ringraziamo per queste loro parole che ci aprono uno spaccato storico forse piuttosto preciso su Gesù, nazareno proprio come loro. Non sono da leggervi accuse di indegnità per la sua bassa condizione sociale di falegname né è bene fantasticare sul perché si menzioni Maria e non Giuseppe, che presumibilmente era già morto. Il vero scandalo accade invece quando vogliamo far tornare i conti senza contemplare la profezia incarnata nel quotidiano. Ecco, questo inciampo ci insegna che, giunti al nodo cruciale dello stupore, possiamo scegliere se perderci nel gossip su quale rabbino lo avrà raccomandato per fargli fare carriera oppure coinvolgerci nella Buona Novella, che accoglie la piena ordinarietà dell'uomo Gesù ma si apre straordinariamente all'orizzonte profetico dello Spirito di Dio, che opera come solo Lui sa, dove e quando e in chi vuole Lui. L’evangelista Marco ci porta lì: alle vere origini di Gesù, all’identità filiale in relazione con il Padre che vivifica nell’unità creativa dello Spirito. Per farlo agire siamo però chiamati a dire un doppio sì: alla terra e al cielo, alla carne e allo spirito, alla forma e alla materia, alla natura e alla cultura. Quando ci sembreranno incompatibili, perché i nostri pregiudizi ci faranno lo sgambetto, vedremo semplici guarigioni e non miracoli; ecco lì che cadremo. Ma benvenuta caduta, che ci potrà far riconoscere la debolezza dei nostri schemi e aprirci alla novità del Vangelo, che è un miracolo continuo nelle nostre scombussolate vite. Il profeta è colui che indica la via per ricomporre tutto in unità. Se lasciassimo da parte un po' di invidia, riusciremmo anche a gioire dei miracoli che accadono nei fratelli e nelle sorelle, perché è pur sempre Dio a farli accadere. Ridimensioneremmo il peso delle poche scarne notizie sul passato esteriore delle persone che crediamo di conoscere sufficientemente. Infine, magari, perché no, impareremmo ad affidare meglio il peso del lavoro quotidiano, quello alla nostra portata, come Dio del resto lo è, oltre a tutta la nostra fragilità. Inciampi inclusi. Vedrai miracoli, se crederai.
Domenica 8 luglio 2018
+ Dal Vangelo secondo Marco
Mc 6,1-6
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
commento a cura di Piotr Zygulski
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