di Davide Cilia
Tempo fa, di ritorno dal mio periodo di studi Erasmus, mi è stato chiesto di
raccontare i mesi trascorsi a Helsinki, in Finlandia. Cercherò di giustificare
il mio racconto in questo blog evidenziando gli aspetti che potrebbero
interessare chi si interroga sul valore di questo programma di studi
intra-europeo o piuttosto chi si chiede come funzioni concretamente il famoso
sistema di welfare dei paesi scandinavi tanto elogiato.
Desiderius
Erasmus
Una delle idee più diffuse nei riguardi dell’estero (nell’accezione comune)
è la prevalenza dell’approccio pratico rispetto a quello teorico.
Effettivamente questa idea trova riscontro facile nella realtà. Guardiamo gli
obiettivi del programma Erasmus:
•
To enable students to
benefit educationally, linguistically and culturally from the experience of
learning in other European countries;
•
To promote co-operation
between institutions and to enrich the educational environment of host
institutions;
•
To contribute to the
development of a pool of well-qualified, open-minded and internationally
experienced young people as future professionals.
E. di fatto, il programma Erasmus si attiene alla propria mission senza tanti giri teorici e
teorizzanti l’integrazione europea. Il sistema è abbastanza semplice: far
vivere, convivere e studiare ragazzi e ragazze dal diverso background geografico, culturale e linguistico all’interno di un
paese con altrettanti differenti sfondi geografici, culturali e linguistici.
Difficilmente si sa, ci si chiede o si viene a conoscenza della figura di
Erasmo da Rotterdam e perché il suo nome sia all’origine dell’acronimo European Region Action Scheme for the Mobility of University Students. Ovviamente parlo della mia
esperienza ma quello che sto cercando di dire è che a fatica esiste una
consapevolezza delle reali motivazioni e dei potenziali benefici che il
programma contiene e che raramente questa consapevolezza è promossa formalmente
dalle istituzioni (ospitanti e/o di origine). Di fatto sono gli studenti a
interagire tra di loro, a organizzarsi e a predisporre la reciproca conoscenza.
Se da un lato questo lascia spazio all’intraprendenza e alla creatività degli
studenti (ricoprendo così un ruolo attivo in quella che diventa non
un’esperienza ma la loro esperienza), dall’altro il rischio è che il vissuto si
realizzi solo all’insegna del divertimento e della spensieratezza come nel
Paese dei Balocchi di Collodi (ricordo il mio coinquilino che mi ripeteva
spesso “it’s my vacation!”). Senza dubbio i due aspetti non sono inconciliabili
ma spetta a ognuno decidere come capitalizzare un’esperienza di studi
all’estero. D’altronde il termine inglese usato per parlare di formazione è education, che tradotto letteralmente
nella nostra lingua rimanda all’ausilio di chi – come docenti e istituzioni –
ha il compito di accompagnare gli studenti in questo percorso di crescita umana
e professionale.
Un paese per
giovani, una casa per tutti
Veniamo alla Finlandia. Ci sarebbero tante scoperte da riportare in merito
all’organizzazione e all’efficienza di un paese che vive circa 6 mesi l’anno
con 18° sotto lo zero e con 3/4 ore di luce. Vorrei ricordarne solo una in
particolare che si attiene alla sfera del welfare
state che caratterizza la Finlandia. Tutto il sistema dello stato sociale è
orientato al supporto dei soggetti e delle aggregazioni sociali più deboli e/o
più utili ad un progresso sociale. Mi riferisco ai giovani, agli anziani, alle
famiglie e persino ai senzatetto. Ai primi viene garantito il diritto allo
studio tramite un sistema formativo invidiato da tutto il mondo e anche grazie
all’assegnazione di adeguate borse di studio che al di là della loro funzione
materiale di (abbondante) copertura dei costi trasmettono una concezione di
occupazione temporanea nella società e a servizio della società. Nonostante – e
forse attraverso – i problemi legati ad alcolismo, malessere psicologico
diffuso e aumento dei divorzi i finlandesi hanno capito bene il valore sociale
del nucleo familiare. Costituire una famiglia è molto facile ed esistono molti
aiuti sociali affinché venga tutelato questo diritto. Riguardo all’ultima
categoria non è difficile immaginare il destino di chi non ha o non può avere
un tetto in cui vivere quando di notte si raggiungono picchi di -22°C. La
Finlandia ha scelto la vita per queste persone. E viene subito in mente il
grande sogno realizzato da Giorgio La Pira nella sua Firenze di assicurare una
casa per tutti.
Si è ben lontani dal concetto di assistenzialismo da cui è bene rifuggire.
Si tratta piuttosto di sostenere nel percorso di formazione le nuove
generazioni in attesa che diventino in grado di “concorrere alle spese
pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” e di assistere chi non è
più in grado di farlo. I principi alla base di tutto ciò li conosciamo e
possiamo rispolverarli ai titoli II, III e IV della prima parte della nostra
Costituzione.
Chi ha viaggiato conosce molte cose,
chi ha molta esperienza parla con
intelligenza.
Chi non ha avuto prove, poco
conosce;
chi ha viaggiato ha una grande
accortezza
(Siracide 34, 9-11)
Ho sempre tratto ispirazione da questo passo riguardo alle opportunità di viaggio
e desidero lasciarle a voi, a chi non si fosse ancora imbattuto in queste
parole. Nel frattempo, se state aspettando un viaggio o desirate compierlo al
più presto segnalo un’importante iniziativa della FUCI (Federazione
Universitaria Cattolica Italiana): la Settimana dell’Università dall’18-24
novembre dal tema “Internazionalizzazione degli Studi, Universalità del Sapere”
organizzata dai vari gruppi in molti atenei italiani (www.fuci.net). Buon viaggio.
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