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Sessualità e santità

di Michele Ginesio

(da www.dimensionesperanza.it)

Frugando nello scri­gno della Qabbalah, la mistica ebraica che ha avuto un'ef­fervescente fioritura nel Medioevo, si trova un gioiello prezioso: la Let­tera sulla santità. Si tratta d'una breve composizione letteraria, scritta in forma di lettera, sul tema dell'at­to sessuale coniugale. Nella Qabbalah non è pre­sente la visione negativa della sessualità, che aveva messo solide radici nel ra­zionalismo ebraico, ed era anche presente nell'am­biente cristiano medio­evale. In essa ricompare lo sguardo generalmente positivo proprio della vi­sione biblica, dove la di­mensione erotico-sessuale è profondamente ancorata alla dottrina della creazione compiuta da Dio, nella quale tutto è «buono». In quest'ottica l'unione fisi­ca sponsale riacquista la dignità e la purezza origi­naria.

La Lettera sulla santi­tà, probabilmente compo­sta tra il 1290 e il 1310, conobbe una larghissima fortuna. L'autore è scono­sciuto, anche se si ipotiz­za che possa essere Yosef Giqatilla, un noto cabali­sta vissuto in Castiglia. Fu stampata per la prima volta nel 1564. Pur risen­tendo del linguaggio e della mentalità medioeva­le - e dominata dal tema della generazione dei figli per perpetuare Israele nei secoli -, questa lettera è d'una modernità sorpren­dente. Per essa l'unione fisica tra gli sposi, lungi dall'allontanare l'uomo dalla divinità, è uno stru­mento potente per richia­marla vicino alla realtà umana.
La Lettera sulla santità è un'opera spirituale basa­ta sul concetto che il cre­dente deve santificare ogni sua azione, quindi anche l'atto coniugale, secondo il precetto: «Santificatevi, dunque, e siate santi, per­ché io sono Santo».
In quest'ottica, com­piere l'atto carnale si­gnifica accrescere la so­miglianza con Dio, la divinità dell'uomo e della donna: «Quando l'unione carnale è nel Signore, non c'è cosa santa né innocen­te che le sia superiore... La congiunzione carnale fra l'uomo e la sua donna, se è condotta nel modo giusto, è il segreto dell'e­dificio del mondo e del suo insediamento, e con essa l'uomo diviene socio del santo, sia Egli bene­detto, nell'Opera della creazione».
La Lettera sulla santi­tà si rifa alla concezione biblica che, con una ben nota metafora, intende l'atto sessuale come co­noscenza: «Non bisogna affatto pensare che l'u­nione carnale sia di per sé qualcosa di scabroso e di brutto, anzi, quando avviene nel modo giusto si chiama conoscenza... Ma se nell'atto non c'è grande santità, l'unione carnale non può chiamar­si conoscenza».
Il valore della cono­scenza è uno dei leitmotiv della complessa elabora­zione della Bibbia ebraica fatta dalla Qabbalah. Le cui interpretazioni - per certe versi astruse e di difficile comprensione -non mancano di genuine suggestioni e di profonde intuizioni spirituali di ca­rattere universale. Perno di questa concezione è l'idea secondo la quale il pensiero dell'uomo, ca­pace di accogliere in sé il divino, sia in grado di dominare la sfera fisica e di determinarne le carat­teristiche: ne consegue la convinzione che il pen­siero rivolto al cielo sia in grado di attingere alla luce divina e che l'inten­zione dell'uomo sia per­ciò in grado di modellare la realtà.
Pertanto la Lettera sot­tolinea il potere dell'in­tenzione e dell'immagi­nazione nel favorire la qualità dell'atto coniu­gale, e la loro capacità di accentuarne il riflesso mistico, per renderlo un momento autentico di rapporto con Dio: «Ogni­qualvolta ti unisci carnal­mente alla tua donna, non comportarti con legge­rezza... Dovrai dapprima invitarla con parole toc­canti e distensive, dovrai metterla di buon umore al fine di legare la tua mente alla sua e la tua intenzio­ne alla sua, dirle paro­le per un verso invitanti al desiderio, all'unione carnale, all'amore, alla voluttà e alla passione, e per un altro che l'attirino verso il timore del Cie­lo...   Conviene   attrarre il suo cuore con parole di seduzione e di grazia, oltre che con altre degne e compiacenti, affinché l'intenzione di entrambi sia una cosa sola verso il Signore dei Cieli».
Ma la Lettera avver­te: «Se l'unione carnale avviene senza tanta passione, senza amore né desiderio, la Shekinah (presenza divina) non vi assiste». Quando invece l'atto sessuale viene com­piuto con l'intenzione rivolta al Cielo, «allora i due saranno insieme nel precetto, perché i loro pensieri saranno una cosa sola, e la Shekinah dimo­rerà in mezzo a loro».

Sebbene siano inseriti in un contesto a noi distante e risentano di espressioni datate, alcuni concetti della Lettera sulla santità riman­gono spunto di ispirazione anche ai nostri giorni, so­prattutto per quelle persone che sentono vivo il deside­rio di portare tutta la realtà umana del matrimonio nel recinto del sacro.

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