di Lorenzo Banducci
Devo
dire che mi ha fatto molto piacere scoprire casualmente in rete che la CGIL, in
occasione di queste feste natalizie, ha lanciato una campagna nazionale per un’alternativa
ai consumi festivi.
Si
tratta di una battaglia iniziata già qualche anno fa, ma che rimane ogni volta
attuale visto il gran numero di persone costrette a lavorare nei giorni
festivi.
Una
campagna che non può lasciare indifferente il mondo delle associazioni
cattoliche e dei singoli cristiani. Parlare senza paura di turni di lavoro più
lunghi e meno retribuiti per i lavoratori, di difficoltà nel conciliare i tempi
di vita e di lavoro potrebbe diventare un discorso comune a mondi culturali
anche distanti fra loro. Leggete qua cosa scrive la CGIL nel documento in cui
propone questa campagna e ditemi voi se non c’è uno spazio per un dialogo
comune:
“Contrariamente
a quanto sostenuto dai fautori delle liberalizzazioni, il “sempre aperto” non
ha aumentato i consumi, tanto meno i posti di lavoro, né ha portato vantaggi
economici alle imprese, per il conseguente incremento dei costi di gestione.
Per
i dipendenti, costretti a turni di lavoro più lunghi e meno retribuiti rispetto
a prima, si è trattato di un significativo peggioramento della vita. In
particolare per le donne, la grande maggioranza dei dipendenti, per le quali è
diventata sempre più difficile la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Sappiamo
che sono tante le categorie di lavoratori che svolgono la loro attività durante
le domeniche e i festivi, ma si tratta prevalentemente di servizi essenziali,
importanti per la tutela e la coesione sociale (ospedali, trasporti, forze di
polizia).
Fare
la spesa la domenica o nei giorni festivi può essere certamente un vantaggio
per i consumatori, ma non un servizio essenziale per la collettività. Tra l’altro
da anni le aperture domenicali e festive erano garantite a rotazione dalla programmazione
dei comuni e dagli accordi sindacali, salvaguardando gli interessi di tutti,
consumatori, aziende, lavoratrici e lavoratori.
Oggi,
invece, lo shopping festivo più che un’esigenza, è diventato un fenomeno culturale,
una dinamica che caratterizza il moderno consumo del tempo libero.
Il centro commerciale è diventato il
rifugio di una comunità sempre più individualizzata, non più in grado di
consumare beni relazionali. Lo shopping festivo è la conseguenza di una società
che non ha la capacità di reinventarsi durante i giorni di festa, di offrire un’alternativa
al consumo di massa. Le
nostre istituzioni, soffocate dai continui tagli finanziari, non sentono più la
necessità di investire nel nostro inestimabile patrimonio culturale e la
promozione dell’arte e dello spettacolo viene sempre più delegata all’iniziativa
privata dei singoli.
Come
Filcams Cgil abbiamo per questo lanciato “La Festa non si vende, si vive”, una
campagna nazionale per un’alternativa ai consumi festivi.
La
campagna rivendica una programmazione delle aperture commerciali che soddisfi
le esigenze dei consumatori e che migliori le condizioni di vita e di lavoro
delle lavoratrici, dei lavoratori e delle loro famiglie, e al tempo stesso
vuole rilanciare una idea diversa di fruizione del tempo libero, che recuperi e
valorizzi l'identità culturale del Paese e contribuisca a rafforzarne la
coesione sociale.”
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