di Lorenzo Banducci
Mi
ha molto colpito l’ormai famoso discorso pronunciato da Papa Francesco lo
scorso 22 dicembre alla Curia in cui declinava le 15 malattie della stessa.
Malattie peraltro estremamente valide per qualsiasi cristiano e
istituzione/associazione/aggregazione ecclesiale.
Il
discorso rimarca come la Chiesa abbia ancora le tendenza ad oscillare fra due
opzioni nell’intendere se stessa: c’è la Chiesa Corpo di Cristo come risulta
dagli Atti degli Apostoli, che è in continua trasformazione e c’è la Chiesa
istituzione che è stata costruita per durare con i suoi territori, i suoi
eserciti, il suo apparato, la sua organizzazione. Finora abbiamo sempre ben
tollerato i mali e gli eccessi di quest’ultima Chiesa purchè il fine rimanesse
quello di diffondere la Chiesa di Cristo.
Papa
Francesco, a differenza anche di quanto visto finora con i suoi predecessori,
intende sottolineare come la Curia debba essere inserita nella prospettiva di
Chiesa rimarcata dal Concilio Vaticano II, attraverso la costituzione
conciliare Lumen Gentium, che definisce la Chiesa come Corpo di Cristo le cui
membra risultano in comunione con Cristo stesso e unite fra loro tramite la
carità. Da tale idea ne deriva direttamente la necessità di una riforma della
Curia, non più da intendersi come tecnocratica e manageriale, ma spirituale:
una vera e propria conversione. Tale conversione dovrà portare a una profonda
trasformazione degli uomini che guidano la Chiesa tramite una maggiore aderenza
di questi ultimi al Vangelo di Cristo.
Davanti
alla questione sollevata da Papa Francesco di certo non possiamo non lasciarci interrogare anche come società civile.
Di
fronte agli scandali e alle inefficienze de nostro sistema
politico-istituzionale mi viene davvero spontaneo domandarmi se la risposta
siano continue riforme, inasprimento delle pene, leggi su leggi che rendono il
nostro sistema una macchina gigantesca incapace poi di muoversi e costretta ad
avvolgersi sempre più su se stessa o se vi sia la necessità di una grande riforma
spirituale, una conversione dei cuori da parte, in primis di chi dirige questo
Paese, ma poi anche di ciascuno di noi. Una conversione che passi attraverso
un rinnovato investimento nei nostri sistemi educativi (e parlo della scuola,
dei media, delle famiglie, ma anche delle attività e degli spazi
ricreativo/istituzionali quali gli sport, i sindacati, i partiti, le
associazioni) che sappiano insegnare alle giovani generazioni a diventare
cittadini responsabili con diritti ma anche doveri da esercitare nei confronti
di tutta la comunità.
Ecco
perché la riforma spirituale che Francesco invoca per la Curia e per la Chiesa
può anche far davvero breccia nel cuore di tutti gli uomini di buona volontà.
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