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Lettera pastorale del vescovo Gero Marino (Savona-Noli) - sintesi

Oggi 7 ottobre 2017 è la data scelta da Calogero “Gero”  Marino, Vescovo di Savona-Noli, per diffondere la sua prima lettera pastorale, che vuole essere “uno strumento di lavoro e di revisione di vita personale e comunitaria”.

Lo sguardo in uscita per spolverare la fede
Il messaggio si preannuncia evocativo già a partire dal titolo “Cominciando da Gerusalemme. Per ritrovare il filo della fede” e dal quadro “Il ragazzo e la luna” di Hopper posto in copertina. L’immagine illustra lo “spingersi oltre” che è desiderio di ciascuno e ricorda che l’“uscire è questione di sguardo”. Se è “lungo e largo, attento e profondo, attratto e attraente” non è una via di fuga, bensì apre nuovi squarci sulle periferie, partendo da una introspezione grata alle proprie radici. Marino si è recato recentemente in pellegrinaggio a Gerusalemme, che rappresenta il cuore della fede negli eventi pasquali. Da lì è necessario cominciare – vivendo sul filo dell’impossibile contro il disincanto di chi dà tutto per scontato o inevitabile – con la grazia del Risorto che permette di farne esperienza. La fede, da riscoprire e ritrovare sempre, necessita di un’ablatio – una pulizia da polveri e incrostazioni – in una riforma che restituisca la “nobilis forma” del volto sponsale della Chiesa.

L’essenzialità dell’annuncio che si fa misericordia
Il Vescovo invita a riscoprire l’essenzialità dell’annuncio cristiano; non semplicismo, ma profonda semplicità della verità evangelica che faccia risplendere la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù, il cui incontro trasforma la vita facendosi misericordia, che non può prescindere da casi concreti. Così la “Chiesa in uscita missionaria” (Evangelii Gaudium) non sarà uno slogan, ma uno “stile da imparare, per ritrovare freschezza”, prendendo il largo e custodendo l’entusiasmo essenziale. Più che sentinelle, dobbiamo essere esploratori coraggiosi e inquieti, cercando equilibrio tra l’urgenza del Vangelo e l’attesa paziente, ma capaci di cambiare stili, orari e linguaggi per contrastare la rassegnazione di fronte a strutture, norme e abitudini d’ostacolo alla gioia del Vangelo. Si esce “volta per volta e volto per volto”; si esce per passione, con ascolto empatico e senza pregiudizi, tra gli abbandonati, i dimenticati, gli imperfetti.

Per una fede umanizzante
La distinzione fondamentale non è tra credenti e non-credenti, ma tra fede umanizzante e fede alienante. “Il luogo della fede è la vita reale, nella sua laicità”: in essa la libertà deve si compromettersi con la Bella Notizia. È fondamentale il dialogo con le donne e gli uomini di oggi, con i loro linguaggi; la coscienza va formata con pazienza e impegno. In un paragrafo sul “cantiere-famiglia” si parla anche di un “percorso (a mio parere a dimensione diocesana) per l’eventuale riammissione alla comunione eucaristica dei divorziati risposati”, si invoca un “approccio pastorale” per le forme di unione stabile diverse dal matrimonio sacramentale e si preannuncia l’accompagnamento delle persone separate verificando la nullità dei matrimoni.

La contemporaneità di Gesù anche nella pastorale giovanile
La fede è atto libero – non è adesione intellettuale a verità preconfezionate – e anche nella pastorale giovanile va tenuta presente la contemporaneità di Gesù. Il vescovo invita pure chi non pratica o non crede ai lavori del Sinodo dei vescovi 2018 sui giovani, la fede e il discernimento. I giovani non sono uno strumento per le animazioni catechistiche, ma piuttosto il presente della Chiesa; vanno incontrati dove vivono – e Marino si impegna a farlo personalmente – rilanciando il loro invito ad uscire per raggiungere con l’annuncio i coetanei che già stanno fuori. Tra le proposte: l’educazione della coscienza e degli affetti, una Scuola di preghiera guidata dal vescovo e un luogo aperto di aggregazione giovanile.

La semplicità della Parola
Marino, senza celare il disagio nel curare la propria immagine, desidera incarnare una semplicità “senza pieghe, senza anfratti, trasparente”. La medesima semplicità è quella della fede, che vive in una società complessa, da raggiungere puntando all’essenziale: il Vangelo, che richiede una “conoscenza competente e amorosa”. La preghiera si educa incontrando ogni uomo – che è “ontologicamente un orante” e abitato dal Mistero – ma anche aiutandosi reciprocamente a scendere nel profondo. Corsi di conoscenza biblica, la lectio divina personale e comunitaria e la cura della Liturgia della Parola possono instradarci sulla via della preghiera.

Per una liturgia ospitale e di prossimità che unisca estetica ed etica
Tra i fili da ritrovare vi è quello della bellezza, spesso silenziosa, di Dio e della fede – “coraggiosa, corporea, capace di profezia” – che diventa gesto, coniugando estetica ed etica; vinciamo le tentazioni dell’estetismo e del musealismo. Rammentando il Convegno ecclesiale di Firenze, la riforma liturgica conciliare è vista come “una benedizione per le nostre comunità”, l’azione sacramentale è “una scelta missionaria di una Chiesa dalle porte aperte che incontra i lontani e trasfigura i luoghi dove accade” e deve essere soprattutto ospitale, di prossimità, tenera. Va evitata quell’ars celebrandi che rende le liturgie noiose, sciatte, pesanti, incomprensibili a troppi giovani, anche se non si hanno indicazioni per risolvere la bassa frequenza all’Eucaristia. Attenzione poi all’accoglienza verso chi non frequenta sempre la stessa Messa, ma è un cristiano cosiddetto “migrante e saltuario”; gesti, visite ed esperienze di fraternità possono sottolineare che la celebrazione della Domenica va al di là della partecipazione eucaristica.

Una fede operosa e gratuita, evitando l’attivismo
La fede – “modo di vivere che plasma il pensiero” – deve essere concreta. La credibilità dei credenti deve scongiurare il pericolo dell’attivismo; riscoprire la dimensione della libertà – che “non è fare ciò che si vuole, ma volere ciò che si fa” – può aiutare. Il vescovo apprezza il lavoro della Caritas diocesana, ne invita ad enfatizzare la funzione pedagogica, includendovi i giovani, chiede che i gesti profumino di gratuità e che siano condivisi pure “con persone di altre fedi o di nessuna fede”.

La dimensione ecclesiale verso il Sinodo diocesano 2019
Il Concilio Vaticano II ha aiutato il “risveglio della Chiesa nelle anime”: casa, famiglia, grembo vitale, realtà che riguarda tutti e da costruire insieme. L’entusiasmo post-conciliare – nonostante resistenze ed errori – è stato soppiantato da delusioni, disillusioni e stanchezze; distanze dolorose si sono riaperte, ma Papa Francesco è un dono per “riavviare cammini e accorciare distanze”, ravvivando “il tessuto ecclesiale della fede”. Va ritrovata un’appartenenza – “accogliere l’altro dentro di me” – effettiva e affettiva “alla Chiesa di Dio che è in Savona”, superando “individualismi e orticelli”, anche in ambito religioso. L’appartenenza è quindi necessariamente inclusiva di ogni singolo volto; a partire dalle realtà laicali presenti, ci si apra al coraggio del sogno di immaginare insieme forme diverse. Qui si propone un Sinodo diocesano nel 2019 da prepararsi mediante un cammino dal basso, con molti tavoli territoriali da 10 persone nelle case che si riuniscano mensilmente.

La trasmissione della fede
Dolcezza, rispetto e retta coscienza devono caratterizzare la testimonianza; evitando inutili sensi di colpa e rintracciando “il filo della fede adulta” possiamo diventare “cristiani maturi” e testimoni gioiosi della speranza. In questo cantiere aperto, si auspica una “comunione sinfonica” tra percorsi catechistici tradizionali e sperimentazioni, ad esempio la preparazione all’iniziazione cristiana offerta da AGESCI e ACR.

La rinascita ostinata del poligonio e il decalogo della fiducia
Il messaggio termina con l’immagine del poligonio, pianta in grado di rinascere ostinatamente quando nessuno se l’aspetta più – come la speranza evangelica – e con una sorta di decalogo su cosa sia il fidarsi in ogni fase della vita, senza l’ansie, con sobrietà e guardando “con interesse, stupore, amore al nuovo che avanza”. Le ultime parole del vescovo delineano “una Chiesa che ha il coraggio di mettere la propria tenda fuori dalle mura, per incontrare gli sfiniti dalla vita e i delusi dalla Chiesa, e camminare insieme, accettando il rischio della fede. Aiutiamoci a costruirla, giorno dopo giorno! Vi benedico con affetto, e chiedo a voi di benedirmi. Il Vostro Vescovo + Gero”. 

Questa sintesi, a cura del direttore Piotr Zygulski, non ha trovato spazio sui media nazionali che nei giorni scorsi si sono detti interessati alla Diocesi di Savona-Noli solo qualora ci fossero notizie di scandali.

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