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Visualizzazione dei post con l'etichetta amore

In ascolto del malato

di Lorenzo Banducci Mi è impossibile – data la mia esperienza, sia personale sia collegata alla professione – parlare di un tema delicato quale quello del testamento biologico senza accennare al ruolo che il medico o, in generale, l’operatore sanitario deve avere nello stare vicino a chi soffre. Stare accanto al malato significa essenzialmente mettersi in ascolto della condizione di estrema sofferenza che sta vivendo la persona vicino a noi, accompagnandola un passo alla volta nel cammino terapeutico di qualsiasi natura esso sia (di cura, palliativo ecc.). È su questo aspetto che si gioca un duplice tema che mi è più caro sottolineare in queste righe più che quello del presunto “diritto di morire”. Da una parte occorre, perché si realizzi sempre più questo legame fra colui che cura e colui che soffre, che le strutture sanitarie, di qualsiasi livello esse siano, abbiano la capacità di porre al centro la persona nella sua integrità trovando il coraggio di andare oltre due grand...

Diventare Padri per scegliere tra volontà e bene dei propri cari

di Vincenzo Fatigati Uno dei punti focali del film Million Dollar Baby è rappresentato dalla scena in cui Frankie, l’allenatore di Maggie, la pugile inchiodata in stato di paralisi permanente su un letto dopo essere stata vigliaccamente colpita nell’ultimo incontro di pugilato, svela il significato del termine “mogusha”: mio sangue, mio tesoro. Il richiamo cristologico è evidente (come segnalava Fabio Ferzetti su Il Messaggero del 17 febbraio 2005) e ci permette di rileggere tutta la narrazione dal suo epilogo: Maggie muore a 33 anni, ed è quindi «fatta della stessa sostanza del padre», legata da un rapporto quasi filiale, benché sia di tipo putativo. Ma la prova più alta e difficile di paternità consiste nell’assecondare la volontà dell’allieva/figlia, somministrando una dose massiccia di adrenalina, in modo da permettere di non soffrire: e morire. La definizione del ruolo paterno, in questa prospettiva, ha una funzione salvifica e quasi redentrice. Frankie è, da una parte, u...

Intervista al professore Schockenhoff

Il professore Eberhard Schockenhoff ci ha gentilmente concesso questa intervista su alcune questioni di teologia morale; egli è nato nel 1953 a Stoccarda, ha studiato teologia a Roma e a Tubinga, è stato ordinato sacerdote nel 1978, ha ottenuto la licenza in teologia morale l'anno successivo con Klaus Demmer, nel 1986 ha conseguito il dottorato con Alfons Auer, dal 1986 al 1989 è stato assistente di Walter Kasper a Tubinga, dal 1990 al 1994 ha insegnato teologia morale a Ratisbona, dal 1994 insegna la stessa disciplina a Friburgo in Brisgovia, dal 1992 al 2004 è stato assistente dei medici cattolici tedeschi, dal 1995 al 2005 è stato membro della Commissione per il dialogo ecumenico "Chiesa e giustificazione" tra la Federazione Luterana Mondiale e la Chiesa cattolica, dal 2001 è direttore del Journal of Medical Ethics e del membro del Consiglio nazionale di etica.

Che senso ha dire che si è pentiti dei propri peccati, se la mente brucia delle stesse passioni di un tempo?

Io voglio provare per tutta la vita attraverso la contrizione dell’anima quello stesso dolore che tu hai sofferto per un attimo nella carne e offrire così a te, se non a Dio, una specie di soddisfazione. In effetti per confessare apertamente la miseria e la debolezza del mio cuore, non saprei proprio trovare da sola una forma di espiazione che possa soddisfare Dio; anzi talora arrivo al punto di accusarlo di crudeltà per aver permesso l’oltraggio di cui sei stato vittima, e mi rendo conto che più che cercare di placare la sua collera con la penitenza, lo offendo con il mio atteggiamento ribelle e con la mia sorda opposizione alla sua volontà. Che senso ha, infatti, dire che si è pentiti dei propri peccati e umiliare in tutti i snodi il proprio corpo, se la mente è ancora pronta a peccare e anzi brucia delle stesse passioni di un tempo?

Quando udiamo i comandamenti [...] siamo presi da meraviglia per il loro carattere impossibile nel mondo.

Quando Gesù dice ciò che l'uomo deve fare, non si tratta di un'etica autosufficiente per la realizzazione dell'uomo nell'edificio e nell'ordine dell'esserci mondano. Al contrario, ogni moralità non si giustifica piuttosto che come volontà di Dio, come esser pronti per la fine del mondo e come segno del regno di Dio. Nulla di mondano può avere la minima importanza per se stesso. .Questo mondo è solo un ponte; attraversalo ma non edificarvi la tua dimora» (Hennecke, Gli apocrifi, 35). Il mondo è certo creazione di Dio e come tale non è condannabile. L'amore per la natura è proprio di Gesù, come lo sarà in seguito di Francesco d'Assisi. Egli non viola gli ordinamenti umani, ma ne accentua il valore. Per esempio il matrimonio è indissolubile. «Ciò che Dio ha unito l'uomo non deve dissolvere».

Il Regno come vita in Cristo

di Vladimir Zelinskij dal sito www.dimensionesperanza.it Il paese del Regno è escatologico, esso si trova al centro della nostra fede e nello stesso tempo sulla terra nuova e nei cieli nuovi. Ma ci sono i segni del Regno lasciati sulla terra vecchia.

Lettera a frate Raimondo da Capua: l'esecuzione di un condannato a morte

È una lettera al frate che fu direttore spirituale di Caterina e che poi divenne suo seguace. Vi si racconta in modo appassionato e sconvolgente l’assistenza a un condannato a morte, Nicolò di Toldo,giustiziato a Siena per aver partecipato a un movimento di rivolta nel 1375 circa. Il condannato, travolto dall’entusiasmo mistico di Caterina, finisce con l’accettare con letizia la morte come momento di congiunzione – anzi, di nozze – con la divinità. Il consueto motivo devoto del sangue di Cristo si fonde qui con quello del sangue della decapitazione. Il sangue del giustiziato alla fine si riversa sul corpo della santa: nella fusione del sangue di Nicolò con quello di Caterina e con quello di Gesù si realizza l’unità mistica dell’uomo con Dio. Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce. A voi, dilettissimo e carissimo padre e figliulo mio caro in Cristo Gesù. Io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo a voi e racomandomivi nel pretioso sangue del Figliuolo di...

Il peccato è inevitabile, ma tutto sarà bene, e tutto finirà bene

Con la mia abituale semplicità mi ero spesso domandata come mai la grande e preveggente sapienza di Dio non avesse impedito il sorgere del peccato. Perché in quel caso, pensavo, tutto sarebbe stato bene. Questo impulso curioso doveva essere assolutamente abbandonato; tuttavia ne ricavavo pianto e sofferenza, senza ragione né discernimento. Ma Gesù, che in questa visione m'informò di tutto quanto avevo bisogno, mi rispose con questa parola, e disse: “Il peccato è inevitabile, ma tutto sarà bene, e tutto finirà bene”.

Quale sessualità nel fidanzamento?

So che la parola "fidanzamento" non è attuale. Non si usa più dire il mio fidanzato o la mia fidanzata, ma il mio ragazzo o la mia ragazza. Questo spostamento del nome include certamente anche un certo spostamento nel concepire e nel vivere il periodo che precede il matrimonio. Però mi pare di poter affermare che, pur con delle variazioni più o meno consistenti, esiste anche oggi nei giovani, dopo una prima stagione di rapporti amicali e anche allargati, la voglia e il desiderio di un rapporto intenso di esperienza d'amore a due, la quale pur essendo aperta a tutto, e quindi anche alla sua dissoluzione, tenda ad esprimersi nell'intimità, nella fedeltà, nella crescita dei due attraverso il dialogo amoroso che li interroghi e li stimoli. Quale posto può occupare il corpo in questo cammino di intimità e di crescita? E' una realtà da estraniare in maniera totale e radicale perché inquinante il rapporto affettivo o pericolosa perché non facilmente dominabile? ...

La carità unisce i vivi e i morti

Ciò che unisce i membri della Chiesa è la carità, che si estende non solo ai vivi, ma anche ai morti che muoiono nella carità, la quale, come dice S. Paolo [1 Cor 13, 8], non finisce con la vita del corpo: «La carità non avrà mai fine». Inoltre i morti vivono nella memoria dei vivi: per cui l‘intenzione di questi ultimi può indirizzarsi a beneficio di quelli. Per cui tali suffragi possono giovare ai morti in due modi, come anche ai vivi: per l‘unione nella carità e per l‘intenzione ad essi diretta. Non bisogna credere però che i suffragi dei vivi valgano a mutare lo stato di miseria in quello di felicità, o viceversa. Essi valgono solo per ottenere una diminuzione della pena, o qualcosa del genere, senza che lo stato dei morti venga mutato. suffragi gli siano validi dopo la morte. Per cui se questi gli giovano anche allora, è sempre in dipendenza da ciò che egli ha fatto mentre era nel corpo.  (…) La pena del purgatorio supplisce a quella soddisfazione che non fu completata...

Sulla morale sessuale nella Chiesa Cattolica

Sono spinto ad affrontare questo tema, in forma estremamente sintetica, da un bell’articolo di K. Hilpert apparso su Herder Korrespondenz (1) sulla sessualità vissuta responsabilmente. Ho affrontato il tema diverse volte e in diverse sedi . Oggi, nel 40° dell’enciclica Humanae Vitae, il dibattito e la rigidità di talune posizioni magisteriali stanno riapparendo su innumerevoli riviste. Ma è ormai tempo per una più profonda e seria riflessione: una riflessione che prenda atto delle origini e delle ragioni della dottrina morale recepita, ponendole a confronto con le trasformazioni profonde dell’esperienza umana in materia, tutte avvenute tra il XIX e il XX secolo e tuttora in crisi di crescenza. È ormai tempo che la teologia morale offra un cammino sistematico profondamente innovativo, alla luce del Vangelo e di questa relativamente recente esperienza umana.

Tutti figli dell'unico Dio

di Lorenzo Banducci Una delle notizie più interessanti che si ritrovano leggendo i giornali di oggi fa riferimento alla lettera pastorale scritta da mons. Cesare Nosiglia Arcivescovo di Torino. Una lettera senza dubbio coraggiosa che rappresenta il culmine di due anni di visite nei campi rom della città di Torino e che presenta richieste specifiche alle Istituzioni della città e ad ogni singolo cittadino.

L'amore ci rende belli

Noi dunque amiamolo, perché egli per primo ci ha amati   (1 Gv 4, 19). Quale fondamento avremmo per amare, se egli non ci avesse amati per primo? Amando, siamo diventati amici; ma egli ha amato noi, quando eravamo suoi nemici, per poterci rendere amici. Ci ha amati per primo e ci ha donato la capacità di amarlo. Ancora noi non lo amavamo; amandolo, diventiamo belli. Che cosa fa un uomo deforme, colla faccia sformata, quando ama una bella donna? Che cosa fa, a sua volta, una donna brutta, sciatta e nera, se amasse un uomo bello? Potrà diventare forse bella, amando quell'uomo? Potrà l'uomo a sua volta diventare bello, amando una donna bella? Ama costei e quando si guarda allo specchio, arrossisce di sollevare il suo volto verso di lei, la bella donna che ama. Che farà per essere bello? aspetta forse che sopraggiunga in lui la bellezza? Nell'attesa, al contrario, sopravviene la vecchiaia che lo rende più brutto. Non c'è dunque nulla da fare, non c'è possibilità d...

Il sacerdote, un uomo innamorato

di Lorenzo Bianchi   Ogni volta che la gente viene a sapere che sono in seminario, la prima cosa che mi dicono (sempre che sappiano che cosa è un seminario, dato non trascurabile vista la generale ignoranza sul depositum fidei), ineluttabilmente, è “allora studi per diventare prete?”. Come una sveglia, una bomba ad orologeria, scatta sempre questa frase, spesso come domanda un po’ stupita, a volte come constatazione incredibile meritevole di premio Nobel da quanto l’interlocutore l’abbia ritenuta ardua da realizzare nella propria mente.

Ratio et amo

di Lorenzo Bianchi   Uno degli attributi che possiamo assegnare a Dio è senza dubbio quello della razionalità nel suo massimo grado: ciò è comprensibile per due vie, una induttiva l’altra deduttiva. La seconda è la più facile da osservare e si basa sull’ordine stesso delle cose esistenti, nient’altro che la quarta via tomista dei gradi di perfezione: se noi possiamo dirci razionali, vi deve essere necessariamente un ente che lo sia in massimo grado il quale sia causa di tale razionalità, “e questo chiamiamo Dio”. La prima è un po’ al contrario: proprio perché siamo dotati della razionalità, ci riesce più o meno facile notare un certo ordine di perfezione in tutto ciò che ci circonda (solo per dirne una, il meccanismo stesso della vita). Ora, molti di questi fattori riscontrabili o sono totalmente indipendenti dalla nostra volontà (la fotosintesi clorofilliana funzionerà sempre...