Passa ai contenuti principali

Tutti figli dell'unico Dio


di Lorenzo Banducci


Una delle notizie più interessanti che si ritrovano leggendo i giornali di oggi fa riferimento alla lettera pastorale scritta da mons. Cesare Nosiglia Arcivescovo di Torino.
Una lettera senza dubbio coraggiosa che rappresenta il culmine di due anni di visite nei campi rom della città di Torino e che presenta richieste specifiche alle Istituzioni della città e ad ogni singolo cittadino.



Ci sono alcuni passaggi, in questo documento, che vorrei qua sottolineare perchè ci spingono tutti a riflessioni personali importanti:

1-    Abbiate fiducia di poter essere amici di noi non rom e non sinti, ma tutti figli dello stesso Dio, Padre di tutti noi. Lo dico ai cristiani, ma anche ai musulmani: siamo tutti figli dell’unico Dio”. Frase questa che potrà destare polemiche in molti, ma che apre ad una riflessione interessante per tutte le religioni monoteistiche, figlie dell’unico Dio. Anche il solo pensiero ci deve lasciare attoniti e riempire il nostro cuore di domande: che senso ha essere divisi, combatterci, distruggerci vicendevolmente se siamo figli dell’unico Dio?

2-    Sappiamo che è facile, quando manca tanto, credere di risolvere i problemi della vita con la violenza o con la delinquenza e l’illegalità, ma la dignità dei vostri popoli, voi la difendete con l’onore di una vita buona, fiduciosa, rispettosa di voi stessi e degli altri, capace di offrire il contributo della vostra umanità alla costruzione di una vita più bella per tutti…”. Un invito accorato e diretto da parte dell’Arcivescovo a rinunciare alle forme di violenza da parte dei Rom e dei Sinti per concorrere al bene comune ciascuno con i propri carismi. Trovo questo passaggio degno di una paternità e di un affetto incredibile e forse mai sperimentato in modo efficace nei confronti di questa gente.

3-    Configurare le condizioni di accesso all’istruzione, alla salute, al lavoro, alla casa per tutti i Rom e i Sinti è credere nell’uguaglianza degli uomini: non bastano le parole, perché la crisi ci rende muti. Abbiamo bisogno di lavorare insieme, di sostenerci l’un l’altro nella comune volontà di garantire un futuro in dignità e giustizia ai Rom e ai Sinti che vivono con noi.” Ecco invece l’appello chiaro alle istituzioni affinché, nonostante la grave crisi economica in cui versano il Paese e la città di Torino, si prendano cura degli ultimi e degli emarginati che più di tutti soffrono per questa difficile situazione.

4-    “…mi chiedo se tra voi non ci siano giovani, famiglie, sacerdoti, religiose, anziani che potrebbero «adottare» nell’amicizia fraterna una famiglia rom o una famiglia sinta. Forse vivono proprio vicino a voi, ai confini delle vostre parrocchie. Forse sono lontani; ma si sa che i poveri non sono di nessuno: chiunque si può legare a loro. Chissà che qualcuno tra voi non possa accompagnare amichevolmente, fraternamente, una famiglia a trovare casa, ad avviarsi al lavoro, a superare le difficoltà con la scuola, a farsi curare quando è necessario, a condividere le gioie e i dolori della vita.” Questa è la richiesta invece ai cristiani della Diocesi di Torino. Contro ogni forma di pregiudizio per superare la paura generata da anni di diffidenza reciproca. Un sogno? “Sì” dice l’Arcivescovo “il sogno di Gesù, quello di vedere tutti i suoi figli riuniti in una sola famiglia, la Sua famiglia.” Da qui nasce anche l’idea di scrivere un Catechismo per Rom e Sinti così da avvicinarli alla conoscenza della storia biblica e di quella di Gesù. “A chi non professa la fede cristiana dico di non temere: la Chiesa attraverso i suoi figli e figlie che vengono a trovarvi e si coinvolgono con i vostri problemi vi è vicina e amica perché ci unisce tutti la fede in Dio misericordioso e potente, la ricerca dei valori di giustizia, amore vicendevole e pace.” Sottolinea nuovamente l’Arcivescovo riprendendo il concetto espresso all’inizio: siamo tutti uniti nella fede in Dio!!

A quasi un anno di distanza dal rogo nel campo Rom che aveva ferito al cuore Torino dopo lo stupro inventato da parte di una ragazza il Pastore di quella città ha deciso di reagire con forza a quel tipo di manifestazioni di odio. Spero di tutto cuore che a questa lettera seguano i fatti di molti e che Torino possa diventare un modello da prendere come esempio in tutta Italia

 
(Lorenzo Banducci)

Commenti

Post popolari in questo blog

Curzio Nitoglia, un cattivo maestro

di Andrea Virga Questo articolo, come quello su Don Gallo 1 , non avrebbe reale ragione d’essere. Anche qui, le gravi affermazioni dottrinali del sacerdote in questione non meriterebbero più d’uno sberleffo, vista la loro palese incompatibilità con la retta dottrina. E tuttavia, anche qui è il caso di un prete consacrato – e stavolta tuttora vivente – che attira proseliti, specie fra i giovani, grazie alle sue opinioni estremiste ed ereticali, con il risultato di diffondere in lungo e in largo i suoi errori. Per questo, ritengo che sia il caso di dedicare una mezz’oretta a mettere in guardia i meno provveduti, che magari preferiscono internet ad un buon padre spirituale, rispetto a questo personaggio: Don Curzio Nitoglia. Il paragone con Don Gallo, però, non riesca troppo offensivo al defunto sacerdote genovese, che aveva almeno il merito di essere molto attivo in ambito sociale e di non aver mai lasciato la Chiesa (cosa non troppo difficile, visto il permissivismo dei suoi super...

Il noviziato Agesci: tempo e idea tra scoutismo e Chiesa

C’è un momento strano nel cammino scout Agesci ed è quello del noviziato: sì, il nome riprende proprio il linguaggio monastico; sì, l’ispirazione è proprio quella; sì, è un periodo di introduzione e studio.  Si tratta del primo momento nella branca rover e scolte, i più grandi nel nostro scoutismo: dura un anno. Di noviziato in Agesci si parla  –  e si sparla  –  in continuazione, non c’è un tema altrettanto trattato e maltrattato, anche nella prassi.È speciale e irrinunciabile e può essere una fonte di riflessione importante anche al di fuori dell’associazione. Cercherò ora di dare a questa riflessione un taglio ecclesiale, per plasmare un avvio di confronto su temi scoutisticamente ed ecclesialmente poco trattati. Il noviziato è un tempo e come tutti i tempi è prezioso. Lo è il nostro, figuriamoci quello dei ragazzi. Con un po’ di ironia, potremmo dire che l’importanza del tempo l’ha capita anche il Papa: in Evangelii Gaudium Francesco scrive che «i...

Commento al Vangelo 25 novembre 2018 - Cristo Re: Gv 18,33-37

Il quarto vangelo coglie l’occasione del colloquio tra Gesù e Pilato - che nessuno probabilmente udì - per coinvolgerci in un confronto sulla regalità di Cristo. Da un lato, la prospettiva imperiale: il “re dei giudei” crea problemi politici. Ma il pericoloso rivoluzionario è proprio quell’uomo consegnatogli dai giudei? Il governatore Pilato, che giudeo non vuol essere, ne dubita: «Tu, indifeso persino dai tuoi amici, proprio tu saresti il re dei giudei? Cosa avresti fatto? Ci sono davvero delle prove credibili contro di te?». Non ci crede. Gesù, insomma, non gli pare affatto un pretendente al trono. Dall’altro lato, Gesù domanda chi gli ha suggerito che lui sarebbe sovrano. Lo Spirito di Dio o l’Accusatore? Entrambi lo sanno! I Romani che temono una congiura contro Cesare o i sommi sacerdoti che temono il Messia che renderà vano il loro ruolo? I primi stiano tranquilli, gli altri un po’ meno... Gesù dice che il suo regno non è un regno come gli altri che si estendono geogr...