di Lorenzo Banducci
In
queste giornate movimentate di fine primavera (anche se dal punto di vista
climatico/meteorologico non pare proprio), fra elezioni amministrative con esiti
decisamente sorprendenti e caratterizzate da una scarsissima partecipazione da
parte degli elettori e le beghe della maggioranza, ha preso il via in modo più o
meno ufficiale l’iter di riforme istituzionale che si pone come obiettivo
quello di modificare in modo radicale l’architettura che regge il sistema
politico italiano. Si tratta sicuramente di qualcosa da condurre in porto, cercando di rendere più moderno il nostro impianto istituzionale riducendo al minimo alcuni dei mali che affliggono il nostro Paese:
l’ingovernabilità generata da un sistema elettorale del tutto inadatto a dare
certezza di governo e la perdita del rapporto fra elettore ed eletto a livello
territoriale.
In
attesa di valutare proposte concrete in questo ambito mi sono interessato di seguire verso quali direzioni possa andare il cammino delle riforme
istituzionali italiane.
Appare
chiaro, fin da un’analisi superficiale, come la scelta sia fra due sistemi
distinti.
Il primo è il semi-presidenzialismo,
rilanciato anche in questi giorni da una proposta di legge popolare avanzata
dagli amici di “scegliamoci la repubblica”.
Esso prevede senza molti giri di
parole l’elezione diretta del Presidente della Repubblica con doppio turno.
Egli avrà il potere di sciogliere le Camere (quella dei Deputati sarà l’unica
eletta direttamente dal popolo con un sistema maggioritario uninominale a
doppio turno1, simile a quello francese), nominerare il Presidente del
Consiglio (che prenderà il nome di Primo Ministro) e i Ministri (il Governo
dovrà comunque ricevere la fiducia da parte della Camera dei Deputati). I
rischi di questo sistema sono ben elencabili:
1. La
possibilità di coabitazione di maggioranze presidenziali opposte a quelle
parlamentari. Tale rischio in Italia potrebbe condurre al blocco del sistema
politico nostrano vista la nostra proverbiale difficoltà nel mediare fra parti
politiche contrapposte nella prospettiva del bene di tutti.
2. Il
rischio della confusione dei ruoli fra il Primo Ministro e il Presidente della
Repubblica nella gestione del potere esecutivo. Una confusione che in un Paese
di “prime donne” quale il nostro rischia di accentuarsi in maniera esagerata.
3. La
perdita della caratteristica fondamentale della figura del Presidente della
Repubblica: il suo essere super-partes. Eletto direttamente dal popolo il
Presidente rischia di essere politicizzato all’inverosimile. Ve lo immaginate
nell’attuale condizione politica del nostro Paese un Presidente di parte al
posto di Napolitano cosa avrebbe potuto combinare?
Il
secondo è una correzione del parlamentarismo detto semi-parlamentarismo . Un sistema simile rispetto al nostro. Basterebbe solo inserire semplicemente una differente
legge elettorale (sistema maggioritario uninominale con doppio turno) che dia
garanzie di governabilità e di stabilità politica, il superamento del
bicameralismo perfetto nella direzione di un “Senato delle Regioni” e il
mantenimento delle prerogative attuali del Capo dello Stato come garante delle
istituzioni e figura super-partes eletta in modo indiretto dal Parlamento. Un
Parlamento che sia, a differenza di quello attuale, reale rappresentanza dei
cittadini elettori e dei loro territori di appartenza.
Per
quanto in Italia anche questa correzione non sia così immediata, vista la
perdita del bipolarismo generatosi negli ultimi 20 anni a causa dell’avvento di
Grillo e del suo Movimento 5 Stelle, mi pare che sia quest’ultima la direzione
nella quale, anche il nostro Paese, debba necessariamente andare per superare l’attuale
condizione di stasi governativa venutasi a creare e generare un sistema più
snello e che garantisca la possibilità di
governare per chi vince le elezioni, senza dover ricorrere agli indegni scambi
di poltrone che da sempre caratterizzano la politica nostrana.
Riprendere
il cammino interrotto verso un sistema bipartitico sarebbe l’ideale per il
nostro Paese e per la sua maturazione. Era questa la famosa vocazione
maggioritaria del PD alla sua nascita. Portiamo avanti il percorso tracciato
partendo intanto dai punti che tutti condividiamo, ovvero il superamento del
bicameralismo, una legge elettorale nuova e la riduzione del numero dei
parlamentari. Per il semi-presidenzialismo l’Italia non mi pare ancora un paese
pronto.
Note:
1. Sistema maggioritario uninominale a
doppio turno: Con il sistema elettorale a doppio turno un
candidato deve raggiungere o superare la maggioranza assoluta (50% + 1) per
essere eletto al primo turno. Se nessun candidato raggiunge la maggioranza
assoluta, si ricorre a un secondo turno di votazioni.
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