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Introduzione al pensiero teologico di K.Rahner


1. L'orizzonte filosofico di K.Rahner

Il pensiero filosofico di K.Rahner è caratterizzato da un dialogo tra la metafisica dell'essere di S.Tommaso e le istanze storico-esistenziali di Heidegger. Per poter conciliare questi due orizzonti filosofici Rahner si è servito del metodo trascendentale di I.Kant nella versione tomistica del gesuita J.Maréchal (1878-1944). Accettando la Critica kantiana, per cui si dà conoscenza oggettiva a partire dall'a-priori, Maréchal identifica questo elemento non tanto con le categorie e in definitiva con l'Io-penso, ma con l'apertura trascendentale dell'intelletto umano all'Essere. La teologia medioevale chiamava questa apertura antropologica verso Dio desiderium naturale vedendi Deum oppure potentia oboedientialis .
Questa ristrutturazione della conoscenza a partire dal soggetto conoscente viene chiamata da K.Rahner svolta antropologica . Tale svolta non rappresenta una scelta arbitraria all'interno della filosofia, ma rappresenta la svolta storica che la filosofia dopo Cartesio e Kant ha ormai intrapreso. "Questo rivolgersi al soggetto, introdotta da Cartesio e completata da Kant, è l'abbondono del rozzo realismo conoscitivo, che si rappresenta la conoscenza umana secondo il modello di una teoria dell'immagine, dunque come se nel cervello umano ci fosse una miniatura di ciò che l'uomo conosce"1. Questa svolta antropologica costituisce quella che normalmente viene definita modernità . L'oggettività della conoscenza non è data dall'oggetto che viene intenzionato, ma dal soggetto che necessariamente conosce secondo predeterminate strutture l'oggetto. Concetti come autonomia, libertà e soggettività specificano questa epoca filosofica.
Questa svolta antropologica è l'espressione di un rifiuto di ogni forma di dogmatismo. Per questo l'età moderna è divenuta sempre più, in virtù del principio di critica, contrassegnata dal pluralismo. Vivendo in questa epoca anche la Chiesa si è dovuta confrontare con il fenomeno del pluralismo fuori di sé (ad extra) e dentro di sé (ad intra). La perdita dell'oggettiva unità religiosa avutasi con il XVI secolo ha indotto le Chiese a cercare un terreno comune sul quale poter dialogare. Questa comunione è stata individuata nella ragione comune o in termini kantiani nella ragione pura: una ragione che prescinda da ogni dato a-posteriori e sia quindi universale e necessaria. L'unità del genere umano, dunque, non è più data dall'universale, immutabile ed eterna lex dei, riflesso immanente dell'essere immutabile ed eterno di Dio, ma dalla ratio humana. Con la crescita del sapere umano, in tutte le sue forme, è con l'estensione della comunicazione la ratio humana ha dovuto riconoscere sempre più la propria particolarità culturale e regionale. La Babele comunicativa del mondo attuale ha mostrato l'impossibilità di individuare una ragione che sia pura e a-priori. Heidegger e Gadamer, fino a J.Habermas e P.Feyerabend hanno tracciato la strada dell'attuale nichilismo. "Farewell to reason": così si intitola uno dei libri più famosi di Feyerabend.
Come annunciare la fede cristiana in questo contesto così radicalmente diverso da quello in cui si trovava la primitiva comunità cristiana, che aveva nella κoιvή greca una base linguistica e culturale comune, o la Chiesa medioevale? La teologia di K.Rahner è un tentativo di assumere e dunque d'incarnare la fede di sempre nell'attuale epoca storico-culturale. "Con questo però Rahner compie una rottura decisiva con la teologia tradizionale. Questa infatti non ha incominciato dal basso , dall'uomo, ma ha tenuto fermo che una verità di fede, così com'è, debba essere portata all'uomo. Tutt'altro ha fatto Rahner. All'inizio sta l'uomo, non l'affermazione di fede. Nel metodo di Rahner si sposta la domanda dall'affermazione di fede all'esperienza concreta dell'uomo contemporaneo"2.
La svolta antropologica in teologia significa da un lato ripartire dal soggetto umano per annunciare la fede: in questo si caratterizzerà il metodo trascendentale di Rahner. Dall'altro lato questo soggetto umano è storico e contingente: la trascendentalità metodologica non potrà tener presente la categorialità delle espressioni storiche, particolari e concrete in cui si dà l'universale. La grammatica della fede deve quindi ritradursi tenendo presente queste due coordinate: trascendentalità e categorialità. Un'importante precisazione da fare a riguardo è che la svolta antropologica non significa affatto dedurre dall'esperienza umana la fede: questo sarebbe modernismo. Rahner parla di una corrispondenza (cfr avαλoγία) tra l'esperienza umana e l'esperienza di fede. C'è una corrispondenza tra trascendentalità della conoscenza e l'evento della rivelazione, che rende possibile l'intelligibilità e la rilevanza di questo evento. La domanda che guida di continuo il riflettere rahneriano è infatti quella sul senso e la rilevanza antropologica della fede cristiana. Come coniugare la gratuità e la contingenza dell'evento storico e singolare di Gesù Cristo con la pretesa che quell'avvenimento (tunc et illuc) abbia significato universale e dunque per tutti i tempi: sia dunque anche un avvenimento che interessi il qui e l'ora (hic et nunc)? Come evitare che questa coniugazione o corrispondenza non sia compresa come mitologica ? Queste sono le domande di Rahner, che la teologia non può non tener presente.


2. Trascendentale - categoriale - trascendenza

Il termine trascendentale si riferisce alla struttura apriorica, necessaria e dinamica del soggetto: l'orientamento dell'uomo al trascendente. Il metodo trascendentale s'interroga sulla costituzione conoscitiva ed esperienziale dell'uomo. "Ci si interroga sui presupposti, che debbono essere dati, affinché l'uomo si esperisca così come si esperisce e come è. L'espressione condizione di possibilità è la parola chiave per chiarire la parola trascendentale nell'uso dato da Rahner"3.
Con struttura trascedentale non s'intende tanto un contenuto innato, ma una realtà strutturale che non proviene dall'esperienza, ma precede l'esperienza seppur riferita all'esperienza: la nostra esperienza conoscitiva, volitiva e di libertà è sempre aposteriorica e dunque categoriale: storica e contingente. Rahner rifiuta l'innatismo come dottrina filosofica. Il termine categoriale significa dunque concreto, empirico, determinato dallo spazio e dal tempo in cui l'uomo vive. E' categoriale per Rahner anche la storia dell'uomo e dell'umanità (comprende dunque tanto la Geschichte che l'Historie). Ogni oggettivazione e concretizzazione, ogni apparizione e determinazione, appartiene all'elemento categoriale. Il termine trascendenza significa invece l'oggettiva realtà di Dio, a cui si relaziona l'uomo. La trascendenza è il terminus ad quem dell'universale apertura del soggetto conoscitivo: per questo il mistero di Dio in quanto trascendente è indicibile ed inconcepibile. Il trascendente fonda l'apertura trascendentale dell'uomo.


3. L'esperienza trascendentale e categoriale

Ogni esperienza categoriale (in concetti, immagini e oggettivazioni) presuppone un'esperienza trascendentale, che la rende appunto possibile in quanto categoriale. Abbiamo però accesso all'esperienza trascendentale dell'uomo solamente attraverso la l'esperienza categoriale. Potremmo dunque dire che l'e.trascendentale è ratio essendi dell'e.categoriale e quest'ultima ratio cognoscendi della prima. Poiché l'esperienza trascendentale è sempre atematica e mai tematizzata, essa si dà sempre assieme a quella categoriale. Ogni conoscenza, volizione e decisione categoriale implica sempre una dimensione originaria ed originante. Possiamo prendere l'esempio della decisione morale. La mia decisione qui ed ora implica ed è originata da una decisione trascendentale (ratio essendi); la mia decisione trascendentale è tuttavia conosciuta però dalle e attraverso le mie decisioni concrete (ratio cognoscendi). In esse si dà a conoscere e si esprime. Ma se l'e.trascendentale non è mai tematizzabile, ne segue che mai si arriva all'esaustiva identità tra e.categoriale ed e.trascendentale. Tra queste due forme d'esperienza è data continuamente una dialettica.

4. Autocomunicazione di Dio ed esistenziale soprannaturale

Con autocomunicazione di Dio s'intende che Dio stesso si comunica e si partecipa realmente nel proprio essere all'uomo, divenendo così la realtà più intima dell'uomo stesso. Questo non significa che Dio perda la sua divinità: tanto Dio che l'uomo rimangono fedeli alla loro struttura ontologica pur nell'evento dell'autocomunicazione. "Si tratta perciò di un'autocomunicazione o autopartecipazione ontica da parte di Dio"4. L'uomo è così l'evento dell'autocomunicazione assoluta da parte di Dio. Tale definizione dell'uomo non è di natura categoriale e ontica, bensì una proposizione ontologica che traduce dunque la profondità dell'esperienza trascendentale. L'uomo è quindi fin dall'origine destinatario della parola di salvezza e destinato alla visione beatifica. La relazione dell'uomo con Dio è descritta da Rahner secondo la categoria di causalità quasi-formale: il Dio rivelante fa partecipe di sé alla natura umana La volontà salvifica di Dio (= soprannaturale) si manifesta dunque realmente in questa trascendentalità storica in ogni uomo (= esistenziale); Rahner chiama questa autocomunicazione divina che eleva l'uomo esistenziale soprannaturale . Questo esistenziale soprannaturale costituisce l'aspetto trascendentale in ogni esperienza religiosa categoriale. "Per la nostra concezione, nel fatto che Dio, nella sua libertà, nella sua grazia assolutamente e radicalmente soprannaturale, discende in quella che abbiamo chiamato autocomunicazione divina sotto forma di offerta, è già sempre all'opera il Dio della salvezza soprannaturale e della grazia, cosicché l'uomo non può mai incominciare a fare qualcosa o a dirigersi verso Dio senza essere in ciò sorretto dalla grazia di Dio"5.
L'autocomunicazione di Dio all'uomo si dà nel modo dell'offerta indipendentemente dal fatto che l'uomo accolga o rifiuti l'offerta. L'accettazione della grazia è sempre resa possibile da Dio stesso. "In concreto evidentemente esiste anche il no detto all'uomo a Dio, esiste da parte dell'uomo un'interpretazione errata, depravata e decurtata del rapporto tra Dio e l'uomo, in questo senso nella storia religiosa esistono deformazioni orrende della religione, ma non esiste alcuna storia religiosa che sia fondazione di religione ad opera del solo uomo, così che Dio, fissato in maniera particolare, spazio-temporale, verrebbe incontro a questa opera del solo uomo come una sua conferma o come un suo giudizio di condanna"6. Il problema sarà poi in Rahner come conciliare grazia sufficiente e grazia efficace. La salvezza è offerta a tutti, ma non da tutti è accolta.
Questo esistenziale soprannaturale tuttavia per Rahner non deve essere compreso come natura pura dell'uomo, perché altrimenti si perderebbe il carattere di gratuità dell'autocomunicazione di Dio. Il concetto di natura pura è tuttavia un concetto limite introdotto per custodire la libertà dell'evento divino. La natura concreta dell'uomo è da sempre costituita dall'esistenziale soprannaturale.
Nel mistero dell'incarnazione Dio realizza in modo definitivo l'apertura trascendentale dell'uomo al mistero indicibile di Dio. Dio stesso immutabile diventa mutabile nell'altro. Gesù Cristo è dunque vere homo, perfettamente uomo, poiché in lui si è realizzata l'umanità. Gesù Cristo è vere deus, poiché in virtù dell'autocomunicazione chenotica di Dio fu resa possibile il compimento dell'umano. Rahner dirà in sintesi: la piena realizzazione e il compimento dell'antropologia è la cristologia. "L'incarnazione di Dio è perciò l'unico caso supremo della realizzazione essenziale della realtà umana, realizzazione consistente nel fatto che l'uomo è, donando completamente se stesso"7.
La storia della rivelazione non si identifica con la storia della rivelazione particolare e definitiva (AT/NT): questa è interprete ufficiale e criterio della prima e della storia mondiale. L'interpretazione ufficiale della storia di salvezza è comunicata all'interno di una comunità (= Chiesa). Con ufficiale (amtliche) s'intende il carattere definitivo ed infallibile di questa storia, che tuttavia non si esaurisce nei limiti dell'ecclesia. "E dove tale definitività, tale invincibilità dell'autopromessa divina si manifesta concretamente nella vita individuale attraverso la chiesa che è il sacramento fondamentale della salvezza, là parliamo di sacramenti cristiani. La chiesa, in quanto presenza permanente di Gesù Cristo nello spazio e nel tempo sotto forma di strumento di salvezza che non può più essere distrutto e sotto forma di strumento di salvezza con cui Dio in maniera tangibile offre ai singoli la sua salvezza anche nella dimensione sociale e dello storico, è il sacramento fondamentale. Ciò significa: essa è un segno, non semplicemente la salvezza stessa. Ma in quanto la chiesa è la permanenza dell'autopromessa di Dio in Gesù Cristo, nel quale egli ha detto la parola ultima, vittoriosa e salvifica nel suo dialogo con l'uomo, essa è appunto il segno efficace e di conseguenza è ciò che, applicato ai singoli sacramenti, chiamiamo opus operatum. In Gesù Cristo e nella sua presenza - che è appunto la chiesa - Dio si promette all'umanità in maniera tale che la sua promessa va definitivamente unita - ad opera della grazia divina - con l'accettazione di essa da parte della storia della libertà del mondo. Sotto questo profilo la chiesa è il segno, la manifestazione storica dell'autocomunicazione divina che si impone vittoriosamente"8.

Paolo Gamberini 

1 K.H.Weger, Karl Rahner. Eine Einführung in sein theologisches Denken, Freiburg 1978, 28.
2 K.H.Weger, op.cit., 23.
3 Ibidem, 27.
4 K.Rahner, Corso fondamentale sulla fede, Alba 1977, 162.
5 K.Rahner, Corso fondamentale sulla fede, 198.
6 Ibidem.
7 K.Rahner, Teologia dell'Incarnazione, (in) Saggi di cristologia e di mariologia, Roma 1965, 102.
8 K.Rahner, Corso fondamentale sulla fede, 523.

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