Passa ai contenuti principali

IRC: disciplina sotto processo?

Nella mia breve esperienza di presbitero insegnante mi rendo conto, sulla mia pelle, dei pregiudizi circa l’ora dell’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC). Ogni anno, il primo giorno di scuola, entrando nelle aule, al momento dell’appello devo fare i conti con gli aderenti e gli esonerati a questa ora curriculare ma, per concordato, anche opzionale. I numeri degli studenti che non frequentano quest’ora non sono moltissimi rispetto alla maggioranza ma ogni anno è un momento di discernimento sui perché i ragazzi possano optare per tale scelta. Molto spesso pre-giudizio e pigrizia sono le vere motivazioni dietro la più sdoganata mancanza di fede dei ragazzi; non è un caso che parta da loro la ricerca di dialogo e confronto con figure (quali la mia) che rappresentano la gerarchia ecclesiastica.

Cercare il confronto e il dialogo con la Chiesa, con la Sacra Scrittura e con la Tradizione è un momento alto e altro della formazione umana e culturale dei ragazzi che solo in quell’ora possono ancora vivere nell’ambito di quella che si potrebbe definire «la più grande parrocchia d’Italia». Soprattutto in questo tempo della Storia dettato da varie incertezze, l’ora di Religione è una finestra sui più svariati temi: attualità, diritti umani, spiritualità, … I ragazzi hanno bisogno di persone competenti che svolgano il loro lavoro con dedizione, preparazione e passione ed è proprio in questo che deve vigilare l’Ufficio diocesano che si dedica ai docenti IRC. Non basta un titolo per essere docente e in questo la Chiesa si gioca la sua credibilità!

Circa un lustro fa, una ricerca[1], promossa dall’Istituto di sociologia dell’Università Salesiana e da alcuni uffici della CEI (Servizio nazionale per l’IRC; Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università; Centro studi per la scuola cattolica), su un campione rappresentativo di circa 3.000 insegnanti di Religione e di oltre 20.000 studenti di ogni ordine e grado di scuola, ha confermato il calo di adesione all’ora di religione ma ha anche elencato i punti forza di quest’ora: rispondere alle domande di senso degli studenti (67,4%), i rapporti costruttivi tra insegnante e studenti (62,0%), il confronto sulle problematiche morali ed esistenziali (61,5%), la promozione del dialogo interreligioso e del confronto interculturale (57,3%).

Per meglio leggere i segni dei tempi e non adattarsi alla logica del «si è fatto sempre così»[2] è necessario ripensare l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche visto i continui e attualissimi processi di trasformazione in atto a livello italiano, europeo e mondiale (società, culture, religioni). Se la religione non deve essere motivo di divisione è bene che l’insegnamento della stessa promuova la pace e la convivenza tra persone che hanno un diverso background culturale, religioso e di visione del mondo[3]. All’interno di questo rinnovamento dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, formazione ed educazione religiosa giocano un ruolo importante. Un discorso interculturale e interreligioso, di alto livello, sarebbe una grande opportunità per favorire una discussione tra i giovani sulla questione di Dio e contribuire ad allontanare possibili tendenze fondamentalistiche e favorire scambi e comprensioni con gli altri.

Una proposta pratica potrebbe essere che l’ora di religione a scuola passi da un concetto di learning about religion a uno di learning from religion[4]. Cioè, far diventare l’IRC non un’ora confessionale di religione ma un insegnamento di scienze delle religioni[5]. Far concorrere i saperi scientifici (il sapere storico, quello ermeneutico, sociologico, ecc.) senza avere il vincolo di una determinata visione confessionale, per formare lo studente (dalla scuola dell’infanzia alla scuola superiore) nella sua identità, a suscitare interrogativi, o conoscere anche le fedi e le culture altrui e presentare non aridamente il dato religioso.

È un laboratorio aperto, da pensare e da vagliare nella sua concreta fattibilità, ad esempio: nella scuola primaria, l’insegnamento religioso dovrebbe iniziare i bambini alla grammatica del linguaggio religioso, all’alfabeto simbolico dei fatti, simboli, riti vissuti nel quotidiano dal bambino. Nella scuola secondaria di primo grado, in una fase decisiva di costruzione della propria identità, l’insegnamento religioso deve consentire agli alunni di saper leggere i sistemi di valore che alimentano i simboli per fornire all’adolescente un’alfabetizzazione di tipo etico. Mentre, nella scuola secondaria superiore, l’insegnamento di scienze delle religioni dovrebbe aiutare i giovani a porsi criticamente di fronte al problema religioso e da esso avere un punto di partenza e di sintesi per la propria vita.

Nella mia esperienza da docente, questo già lo vivo; ed è curioso vedere i sorrisi dei colleghi quando leggono sul registro elettronico le attività svolte durante le lezioni. Pur nei limiti, ma con la volontà di dover intraprendere strade per migliorare la formazione dei nostri giovani, l’IRC rimane per la gran parte dei casi l’unico luogo in cui, nel rigoroso rispetto delle finalità della scuola, poter ascoltare un discorso su Gesù. Come insegna papa Francesco, non si tratta di fare proselitismo ma di offrire un’occasione di confronto per tutti[6]

Nicola Gioacchino Tatulli

Nato a Terlizzi (BA) nel 1989, originario di Bitonto, si è baccalaureato in Sacra Teologia presso la Facoltà Teologia Pugliese di Molfetta nel 2015. Sta completando la licenza ed ha iniziato il dottorato in teologia ecumenica presso l’Istituto di Teologia ecumenico-patristica “San Nicola” di Bari. È presbitero dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto, ordinato nel settembre 2016. Attualmente è viceparroco della Chiesa Madre di Modugno (BA) e dal 2019 insegna al Liceo classico “O. Flacco” di Bari.

L'articolo è stato pubblicato online sulla rivista Nipoti di Maritain n.11 (marzo 2022)



[1] Una disciplina alla prova. Quarta indagine nazionale sull’insegnamento della religione nella scuola italiana a trent’anni dalla revisione del Concordato, a cura di S. Cicatelli – G. Malizia, Elledici, Torino 2016.

[2] Cfr. Francesco, Evangelii Gaudium, 33.

[3] Nel recente magistero pontificio il Documento sulla Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune, siglato il 4 febbraio 2019 a Abu Dhabi dal Pontefice e dal Grande Imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyeb e l’enciclica Fratelli Tutti del 3 ottobre 2020 sono due esempi nei quali la Chiesa Cattolica vuole intraprendere un percorso con le diverse religioni per un impegno comune a difendere e promuovere la pace e la giustizia, la dignità umana e la protezione dell’ambiente.

[4] C’è differenza tra i due concetti. Learning about religion è l’apprendimento sulla religione – la sua natura, le sue credenze, i modi di vivere, le fonti, le pratiche e le forme di espressione – e del suo lessico specifico. Mentre learning from religion è imparare dalla religione, cioè sviluppare riflessioni, interpretazioni e valutazioni personali di ciò che la religione porta in sé, offrendo la propria risposta al senso della vita. Sull’argomento esiste una vasta bibliografia; si segnalano tra questi: M. Grimmitt, When is “commitment” a problem in religious education? in «British Journal of Educational Studies» 29, 1981; M. Grimmitt, Pedagogies of religious education. Case studies in the research and development of good pedagogic practice in RE, McCrimmons, Great Wakering 2000; F. Arici – R. Gabbiadini – M.T. Moscato, La risorsa religione e i suoi dinamismi. Studi multidisciplinari in dialogo, Franco Angeli, Milano 2014; G. Burgio – M. Muscarà, Educazione, laicità e pluralismo religioso. L’IRC e le attività alternative in una prospettiva interculturale, in «Educazione Interculturale. Teorie, Ricerche, Pratiche» 18, 2020.

[5] Sono numerosi gli studi di Flavio Pajer circa l’argomento. Ha curato da tempo la pubblicazione di un importante bollettino informativo «ERE news – European Religious Education newsletter» oltre altri studi: F. PajerL’insegnamento scolastico della religione nella nuova Europa, Ldc, Torino-Leumann 1991; Id., “Quale religione insegnare a scuola nell’Europa di domani?”in AA.VV., Cultura religione scuola. Atti del convegno internazionale del Trentino-Alto Adige e Provincia autonoma di Trento, FrancoAngeli, Milano 2000, 106-145.

[6] Cfr. Francesco, Discorso ai Partecipanti al Congresso dei Centri nazionali per le Vocazioni delle Chiese d’Europa, 6 giugno 2019.


Commenti

Post popolari in questo blog

Curzio Nitoglia, un cattivo maestro

di Andrea Virga Questo articolo, come quello su Don Gallo 1 , non avrebbe reale ragione d’essere. Anche qui, le gravi affermazioni dottrinali del sacerdote in questione non meriterebbero più d’uno sberleffo, vista la loro palese incompatibilità con la retta dottrina. E tuttavia, anche qui è il caso di un prete consacrato – e stavolta tuttora vivente – che attira proseliti, specie fra i giovani, grazie alle sue opinioni estremiste ed ereticali, con il risultato di diffondere in lungo e in largo i suoi errori. Per questo, ritengo che sia il caso di dedicare una mezz’oretta a mettere in guardia i meno provveduti, che magari preferiscono internet ad un buon padre spirituale, rispetto a questo personaggio: Don Curzio Nitoglia. Il paragone con Don Gallo, però, non riesca troppo offensivo al defunto sacerdote genovese, che aveva almeno il merito di essere molto attivo in ambito sociale e di non aver mai lasciato la Chiesa (cosa non troppo difficile, visto il permissivismo dei suoi super...

Il noviziato Agesci: tempo e idea tra scoutismo e Chiesa

C’è un momento strano nel cammino scout Agesci ed è quello del noviziato: sì, il nome riprende proprio il linguaggio monastico; sì, l’ispirazione è proprio quella; sì, è un periodo di introduzione e studio.  Si tratta del primo momento nella branca rover e scolte, i più grandi nel nostro scoutismo: dura un anno. Di noviziato in Agesci si parla  –  e si sparla  –  in continuazione, non c’è un tema altrettanto trattato e maltrattato, anche nella prassi.È speciale e irrinunciabile e può essere una fonte di riflessione importante anche al di fuori dell’associazione. Cercherò ora di dare a questa riflessione un taglio ecclesiale, per plasmare un avvio di confronto su temi scoutisticamente ed ecclesialmente poco trattati. Il noviziato è un tempo e come tutti i tempi è prezioso. Lo è il nostro, figuriamoci quello dei ragazzi. Con un po’ di ironia, potremmo dire che l’importanza del tempo l’ha capita anche il Papa: in Evangelii Gaudium Francesco scrive che «i...

Commento al Vangelo 25 novembre 2018 - Cristo Re: Gv 18,33-37

Il quarto vangelo coglie l’occasione del colloquio tra Gesù e Pilato - che nessuno probabilmente udì - per coinvolgerci in un confronto sulla regalità di Cristo. Da un lato, la prospettiva imperiale: il “re dei giudei” crea problemi politici. Ma il pericoloso rivoluzionario è proprio quell’uomo consegnatogli dai giudei? Il governatore Pilato, che giudeo non vuol essere, ne dubita: «Tu, indifeso persino dai tuoi amici, proprio tu saresti il re dei giudei? Cosa avresti fatto? Ci sono davvero delle prove credibili contro di te?». Non ci crede. Gesù, insomma, non gli pare affatto un pretendente al trono. Dall’altro lato, Gesù domanda chi gli ha suggerito che lui sarebbe sovrano. Lo Spirito di Dio o l’Accusatore? Entrambi lo sanno! I Romani che temono una congiura contro Cesare o i sommi sacerdoti che temono il Messia che renderà vano il loro ruolo? I primi stiano tranquilli, gli altri un po’ meno... Gesù dice che il suo regno non è un regno come gli altri che si estendono geogr...