Passa ai contenuti principali

Interculturalità e valorizzazione ecclesiale: due vie per rilanciare l’IRC

In questi tempi di pandemia si fa un gran parlare di scuola. Oltre alle promesse e ai dibattiti, più televisivi che di sostanza, resta poco o nulla. Ciò che rimane è comunque legato all’universale convinzione secondo la quale, privato di serie riforme e investimenti sul sistema scolastico, il nostro Paese non ripartirà. Il problema è grosso e non riguarda di certo la trasformazione o il rinnovamento di una o più discipline.

Credo che ogni seria riflessione sul presente e sul futuro dell’Insegnamento della Religione Cattolica nelle scuole italiane di ogni ordine e grado debba partire dalla consapevolezza appena affermata. Infatti simile insegnamento si dipana, al pari degli altri, soltanto nel solco delle finalità della scuola fissate dalla nostra Costituzione. Al centro di questa vi è l’uomo – e dunque il cittadino, lo studente – che abbisogna di competenze culturali, sociali, storiche, psicologiche, spirituali e tecniche per abitare bene il nostro tempo. Senza dover attendere rinnovamenti o stravolgimenti, comunque, un insegnante di religione ben preparato, aperto e motivato – come ce ne sono molti in tutta Italia – può già oggi ricercare e raggiungere al meglio le finalità disciplinari richieste all’IRC dall’attuale ordinamento scolastico.

Inoltre, non possiamo trascurare che ad oggi la religione cattolica risulta ancora molto apprezzata dalle famiglie e dagli studenti dato che, in quanto unica disciplina facoltativa del panorama scolastico nazionale, viene scelta annualmente da milioni di italiani. Da questo punto di vista è come se l’insegnamento della religione seguisse binari differenti rispetto a quelli connessi al drastico calo di partecipazione alle liturgie e in genere alle attività pastorali della Chiesa cattolica. Ciò conferma che, al di là della radice confessionale, le famiglie e i giovani hanno inteso e ormai sperimentato il metodo e l’arricchente proposta della disciplina finalizzata a far crescere le nuove generazioni con competenze che interessano il dato religioso e culturale riletto alla luce del Magistero della Chiesa, della teologia cattolica e del nostro peculiare contesto nazionale.

Quanto affermato sinora non significa escludere categoricamente ogni discorso sulla possibilità di aggiornare l’insegnamento più discusso, normato e criticato d’Italia[1]. Tuttavia, sono convinto che la riflessione rinnovatrice prima che incunearsi nell’ambito del profilo giuridico-professionale debba servirsi di un’accurata analisi culturale. La transizione che viviamo è una crisi che già concede un ripensamento, anche teologico, dell’antropologia[2]. L’uomo della postmodernità è un soggetto che desidera la maturità e l’autonomia le quali rimangono distanti senza il riferimento agli altri, alla storia, alle culture, alle religioni, all’ambiente, alla cittadinanza globale. Su quest’ultimo versante si apre per la riflessione teologica un’ampia opera di scavo i cui esiti – solidarietà, dialogo fra le religioni, fraternità, tutela dell’ambiente e della vita – sono pubblici cioè rilevanti tanto per i credenti quanto per non credenti, agnostici e seguaci di altre religioni o filosofie.

Questo lavoro porterà frutti soltanto se la teologia nella sua interpretazione cattolica eviterà di chiudersi nel ghetto dell’autoreferenzialità e coglierà le sfide culturali della contemporaneità connesse alla lettura della rilevanza sociale del fenomeno religioso, alla conoscenza intelligente delle religioni mondiali, alla formulazione di un approccio culturale complessivo in grado di far cooperare i diversi[3]. Concretamente simile ragionamento implica, anzitutto, una rigorosa formazione alla domanda e alla ricerca teologica del futuro insegnante di religione il quale più che fondare la sua professionalità sulla tecnica o sul facile sociologismo dovrà divenire una sorta di operatore del pensare e dell’agire nella società complessa per, a sua volta, invitarlo a fare. Ne deduciamo che questa fatica del ragionare teologico sta alla base della possibilità di presentare la religione cattolica come oggetto culturale capace sia di generare una rilevanza sociale sia di trovare posto nel campo dei diversi saperi. In tal senso, il sapere a cui deve tendere il docente di religione è strategico poiché è chiamato a mettere insieme etica, religione, tecnica e dinamiche relazionali. Così in quanto teologo, pedagogo e interprete culturale il docente di religione cattolica suscita, riconosce ed educa alla domanda teologica[4]. Il richiamo alla formazione teologica rimanda al legame di questo insegnamento alle dinamiche della vita ecclesiale. Il docente di religione cattolica, infatti, è inserito all’interno di una comunità per la quale rappresenta una sorta di frontiera ultima che andrebbe maggiormente valorizzata per provare a prendere sul serio il magistero di papa Francesco fondato sulla rilevanza della Chiesa in uscita. Difatti, tramite la mediazione dell’insegnante di religione, la comunità ecclesiale potrebbe mettersi in ascolto di quella parte di mondo giovanile e professionale che, almeno in Italia, pare sfuggirgli sempre di più[5].

Da quanto emerge dalla riflessione sull’Insegnamento della Religione Cattolica nel nostro Paese, e sulla sua possibilità di rinnovarsi, è evidente che occorre puntare a due vie da percorrere le quali rispondono all’identità civile ed ecclesiale di questa disciplina. Infatti da un lato è necessario che si potenzino gli elementi di conoscenza delle religioni e delle culture diverse allo scopo di favorire a partire dalla scuola processi di incontro, di dialogo e di integrazione mediati dalla proposta culturale cristiana; dall’altro sembra ormai opportuno rivalorizzare i docenti di religione nell’azione pastorale complessiva della Chiesa, in particolare di quella indirizzata al mondo della cultura, della scuola e dell’elaborazione sociale[6].

Infine, tanto per gli “addetti ai lavori” quanto per il vasto pubblico interessato alla scuola italiana necessita un momento di riflessione per chiarire che il rinnovamento dell’Insegnamento della Religione Cattolica riguarda l’aggiornamento dello stesso e non la discussione sulla nascita di altro tipo di disciplina. Quest’ultima ipotesi potrebbe risultare stimolante, significativa, valida, necessaria e persino – ad occhi di alcuni – esaltante ma non concerne il rinnovamento dell’attuale disciplina denominata religione cattolica bensì della nascita di un insegnamento dotato di altro oggetto e finalità.

Rocco Gumina

Nato a Caltanissetta nel 1985, insegna Religione nella Diocesi di Palermo. Dopo la licenza in Ecclesiologia presso la Facoltà Teologica di Sicilia con una tesi su Dossetti, ha conseguito un master all’Istituto di Studi Bioetici di Palermo – con cui ora collabora come docente – con uno studio sulla bio-politica di Habermas. Dal 2009 al 2011 ha presieduto il gruppo FUCI Caltanissetta; dal 2014 è presidente dell’associazione culturale “A. De Gasperi”. Collabora con l’Ufficio IRC della Diocesi di Palermo ed è redattore della rivista “Bio-ethos”.

L'articolo è stato pubblicato online sulla rivista Nipoti di Maritain n.11 (marzo 2022)



[1] Cfr. R. Gumina, Tra abolizione, stabilizzazione e riscoperta: brevi spunti sull’insegnamento della religione cattolica, 20 giugno 2021: http://www.roccogumina.it/tra-abolizione-stabilizzazione-e-riscoperta-brevi-spunti-sullinsegnamento-della-religione-cattolica/

[2] Cfr. C. Scordato, Per orientarsi nel triennio: una lettura teologica del percorso formativo, in F. Fava (ed.), Teologia e professioni. L’insegnante di religione cattolica e l’esperto in pastorale, Istituto Superiore di Scienze Religiose – Facoltà Teologica di Sicilia, Palermo 2007, pp. 23-32.

[3] Cfr. M. Crociata, L’insegnamento della religione cattolica nel quadro di una teologia delle religioni, in F. Fava (ed.), Teologia e professioni, cit., pp. 54-57.

[4] Cfr. Facoltà Teologica di Sicilia, Linee guida per il tirocinio, Palermo 2021, pp. 1-6.

[5] Cfr. S. Ventura, Gli insegnanti di religione cattolica sono “chiesa in uscita”. Intervista al vicepresidente dell’associazione Vino Nuovo, Tuttavia, 16 agosto 2021: https://www.tuttavia.eu/2021/08/16/sergio-ventura-gli-insegnanti-di-religione-cattolica-sono-chiesa-in-uscita-intervista-al-vicepresidente-dellassociazione-vino-nuovo/

[6] Cfr. CEI - Commissione Episcopale per l’Educazione Cattolica, la Scuola e l’Università, Lettera agli insegnanti di religione, 1° settembre 2017.

Commenti

Post popolari in questo blog

Curzio Nitoglia, un cattivo maestro

di Andrea Virga Questo articolo, come quello su Don Gallo 1 , non avrebbe reale ragione d’essere. Anche qui, le gravi affermazioni dottrinali del sacerdote in questione non meriterebbero più d’uno sberleffo, vista la loro palese incompatibilità con la retta dottrina. E tuttavia, anche qui è il caso di un prete consacrato – e stavolta tuttora vivente – che attira proseliti, specie fra i giovani, grazie alle sue opinioni estremiste ed ereticali, con il risultato di diffondere in lungo e in largo i suoi errori. Per questo, ritengo che sia il caso di dedicare una mezz’oretta a mettere in guardia i meno provveduti, che magari preferiscono internet ad un buon padre spirituale, rispetto a questo personaggio: Don Curzio Nitoglia. Il paragone con Don Gallo, però, non riesca troppo offensivo al defunto sacerdote genovese, che aveva almeno il merito di essere molto attivo in ambito sociale e di non aver mai lasciato la Chiesa (cosa non troppo difficile, visto il permissivismo dei suoi super

Il noviziato Agesci: tempo e idea tra scoutismo e Chiesa

C’è un momento strano nel cammino scout Agesci ed è quello del noviziato: sì, il nome riprende proprio il linguaggio monastico; sì, l’ispirazione è proprio quella; sì, è un periodo di introduzione e studio.  Si tratta del primo momento nella branca rover e scolte, i più grandi nel nostro scoutismo: dura un anno. Di noviziato in Agesci si parla  –  e si sparla  –  in continuazione, non c’è un tema altrettanto trattato e maltrattato, anche nella prassi.È speciale e irrinunciabile e può essere una fonte di riflessione importante anche al di fuori dell’associazione. Cercherò ora di dare a questa riflessione un taglio ecclesiale, per plasmare un avvio di confronto su temi scoutisticamente ed ecclesialmente poco trattati. Il noviziato è un tempo e come tutti i tempi è prezioso. Lo è il nostro, figuriamoci quello dei ragazzi. Con un po’ di ironia, potremmo dire che l’importanza del tempo l’ha capita anche il Papa: in Evangelii Gaudium Francesco scrive che «il tempo è superiore allo

Lettera a frate Raimondo da Capua: l'esecuzione di un condannato a morte

È una lettera al frate che fu direttore spirituale di Caterina e che poi divenne suo seguace. Vi si racconta in modo appassionato e sconvolgente l’assistenza a un condannato a morte, Nicolò di Toldo,giustiziato a Siena per aver partecipato a un movimento di rivolta nel 1375 circa. Il condannato, travolto dall’entusiasmo mistico di Caterina, finisce con l’accettare con letizia la morte come momento di congiunzione – anzi, di nozze – con la divinità. Il consueto motivo devoto del sangue di Cristo si fonde qui con quello del sangue della decapitazione. Il sangue del giustiziato alla fine si riversa sul corpo della santa: nella fusione del sangue di Nicolò con quello di Caterina e con quello di Gesù si realizza l’unità mistica dell’uomo con Dio. Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce. A voi, dilettissimo e carissimo padre e figliulo mio caro in Cristo Gesù. Io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo a voi e racomandomivi nel pretioso sangue del Figliuolo di