In questi anni la ricerca di una pastorale specifica per le persone omosessuali sta prendendo un risalto sempre maggiore almeno nelle principali diocesi italiane per merito di alcuni gruppi di omosessuali cristiani sia con taglio ecumenico che prettamente cattolici. Trattandosi ancor oggi di un tema spesso tabù nelle comunità parrocchiali questi gruppi son dovuti nascere spontaneamente o, talvolta, con l’appoggio più o meno visibile di alcuni sacerdoti abituati ad intervenire in situazioni di emarginazione e disagio sociale; non a caso colui che ha dato origine in Italia al movimento degli omosessuali credenti, Ferruccio Castellano, prima del suo drammatico suicidio, ha trovato in Don Luigi Ciotti una persona accogliente che ha aperto le porte del Gruppo Abele agli aderenti al gruppo di Torino “Davide e Gionata”. (1)
Indubbiamente
rispetto agli Stati Uniti e ad altri Stati dell’Europa Occidentale, il dibattito sulle varie prassi pastorali qui in
Italia è più timido e restio e così assumono più visibilità i gruppi più
radicali. Ciò a mio avviso è dovuto due
fattori : al diretto controllo del Vaticano sulle Diocesi italiane ed alla
mancanza in Italia di quartieri gay così come succede in altre metropoli del
mondo occidentale (si pensi a Castro per Los Angeles e a Soho per Londra) che
ha costretto le parrocchie site in tali quartieri a porre al centro la
questione dell’accoglienza delle persone omo e transessuali.
Oggigiorno il dibattito
si è arenato sul tema dei diritti civili e del ruolo dei politici cattolici che
si pongono come fermo argine allo sviluppo di tali diritti seguendo le
direttive provenienti da Roma. Ovviamente la questione dei diritti ha la sua importanza,
ma questa estrema politicizzazione sta mettendo pericolosamente in secondo
piano la dinamica relazionale che credo sia più legata alla sfera religiosa
cristiana.
Quando si parla di
“comunità cristiana” ci si sofferma sempre ad analizzare il portato
dell’aggettivo “cristiana” e molto meno si pone al centro del confronto cosa
implica il fatto di essere “comunità”. Come ho detto prima, tutto ciò che è
inerente all’omo e alla transessualità sono temi tabù in gran parte delle
parrocchie e di conseguenza ci si limita a citare quanto su queste tematiche è
espresso nei testi sacri e nel Catechismo senza mai approfondire i vissuti
delle persone e le specificità del vissuto di ognuno. Se io in quanto
omosessuale cristiano mi sento accolto finché nascondo la mia omosessualità e di
colpo divento un “tollerato” se non un “allontanato” quando invece la dichiaro,
allora mi pare che l’essere comunità scricchioli nella sua autenticità di struttura
integrante ed accogliente e diventi una comunità di facciata più che di
sostanza. Come mai una comunità che si basa sull’universalità del messaggio -
tanto universale da integrare nel suo seno giustamente anche i carcerati -,
fatica ad interagire col mondo degli omosessuali?
L’esortazione che
molti omosessuali ricevono a non dichiararsi nel seno della propria parrocchia
è un’esortazione che impoverisce sia la persona che l’intera comunità.
Impoverisce la persona perché la tiene legata alla paura del giudizio altrui,
al sentirsi intrinsecamente sbagliata per le pulsioni attrattive e le dinamiche
affettive che prova contro la sua volontà; impoverisce la comunità perché per
quanto costi talvolta lacrime e sudore, la capacità di coinvolgere al suo
interno una variabile non prevedibile e non prevista la rende più matura ovvero
con più strumenti per gestire la realtà e non per eluderla. Del resto lo stesso
filone dei gruppi di omosessuali credenti legati alle “teorie riparative” usa
alcune discutibili teorie psicologiche per eludere la propria incapacità ad
accogliere una variabile non auspicata in quanto peccaminosa; così si fa cadere
sulla Bibbia e sul messaggio cristiano la responsabilità dell’accoglienza che è
invece del credente e della comunità cristiana.
Si noti come qui
non si parla di riconoscimento dei diritti della coppia omosessuale, ma del
diritto della singola persona di esprimersi, di raccontarsi e di testimoniare.
Credo sia inevitabile che attraverso le plurime testimonianze, le comunità al
loro interno e la Chiesa stessa nei suoi piani alti si sentiranno impegnate a
definire una mediazione propositiva e piena tra le necessità civili delle
persone e il Magistero anche in ambito matrimoniale o in qualsivoglia altre
forma giuridica il politico cattolico individui.
Obiettivo centrale
della mia proposta è quello di definire per i cattolici omosessuali - a
qualsiasi vocazione siano essi chiamati – una prassi di accoglienza piena anche
in quanto omosessuali. Senza dubbio non si deve pensare che l’orientamento
sessuale possa essere la caratteristica totalizzante della persona, ma neanche
si può usare questa evidenza come scusante per costringerla a nascondere un’ aspetto
di sé così importante quale la dinamica attrattiva e affettiva.
Dato di cronaca
recente è la polemica seguita ad un intervento al convegno dell’AGESCI
sull’omosessualità, nel quale si esortavano i capi-scout a non dichiararsi. Se
questo vale per i capi scout, vale anche per i catechisti e gli educatori degli
oratori, gli insegnanti di religione (e qui si parla di un posto di lavoro!),fino
naturalmente ai sacerdoti stessi.
Non bisogna
dimenticare che in questo discorso sono compresi anche i genitori del ragazzo
omo/transessuale, i suoi parenti e i suoi amici. In una dinamica comunitaria
vanno tenute in piena considerazione le persone legate al soggetto con diverso
orientamento sessuale.
E allora leggere il fenomeno
dell’omosessualità in ottica comunitaria ci fa capire come esso tocchi
indirettamente ben più di una persona eterosessuale. Non vale più il gioco del
“divide et impera”; che ognuno si assuma la propria responsabilità, gli omosessuali
la loro e la comunità cristiana la sua. Nel dibattito politico mi sembra
sentire voci che si accusano reciprocamente : ognuno ritiene di aver fatto il
suo e che la colpa sia sempre dell’altro e invece credo che come in ogni
separazione la responsabilità sia di tutti e due i partner. Mi colpì l’episodio del giovane Florian Stangl che fu eletto
nel consiglio parrocchiale, ma il parroco Don Gerhard Swierzek aveva deciso che
Florian non poteva far parte del consiglio perché impegnato in maniera pubblica
in un'unione con una persona dello stesso sesso. Così facendo Don Gerhard ha
seguito in modo ortodosso le indicazioni magisteriali; tuttavia il cardinale di
Vienna Christoph Schönborn ha rovesciato la decisione del parroco dopo aver
incontrato a pranzo Florian e il suo partner. Il Cardinale ha motivato la sua
scelta ricordando che Gesù non è venuto per la legge, ma per l’uomo e nel
colloquio con Florian ha avuto modo di incontrare una persona con un percorso
di fede ricco. In questa storia in sintesi cosa è successo? Da un lato la
Chiesa, pur consapevole delle norme, ha dato il giusto peso all’accoglienza
nell’ascolto come mezzo per conoscere sempre meglio una persona; dall’altro è
stata responsabilità del giovane Florian il mostrarsi degno del ruolo per cui
era stato designato dai parrocchiani.
Un percorso virtuoso che è partito dalla
libertà di Florian di raccontarsi e di testimoniare e dalla saggezza dell’arcivescovo
nell’approfondire la conoscenza della persona andando oltre la sua
omosessualità (rilevandola certo, ma in una visione d’assieme con tutte le
altre caratteristiche della persona stessa).
(1) http://it.wikipedia.org/wiki/Omosessualit%C3%A0_e_cattolicesimo;
http://it.wikipedia.org/wiki/Ferruccio_Castellano
Commenti
Stadio successivo: a quando una pastorale inclusiva delle persone pedofile nelle comunità cristiane?
E se invece lasciassimo certe materie al confessionale non sarebbe tutto più semplice?
Chi nega il proprio peccato pecca contro lo Spirito Santo, mette una barriera invalicabile alla Divina Misericordia.
Pensiamo a coloro che subiscono violenze o maltrattamenti dal coniuge,il cui matrimonio è un inferno: sei sicuro\a che in quei casi ,in caso di tradimento, vada addebitato loro un peccato mortale?
In ogni caso mettere sullo stesso piano relazioni di donazione e assistenza fra persone dello stesso sesso con tresche e pedofilia è vergognoso.
Non sono pedarasti che sfogano i loro istinti ma persone che si amano.
E il parallelo omosessualita'=pedofili, oltre che vergognoso , non c'e' neanche nel Catechismo della Chiesa Cattolica (che anzi ci invita ad avere rispetto per le persone con tendenze omosessuali) e in sintesi e' tutta nella testa dell'anonimo.
Se poi gli anonimi la finissero con berciare alternativamente infondate accuse di protestantesimo e-o di noentepopodimeno che 'Offesa allo Spirito Santo' basate sul nulla cosmicoil mondo , almeno quello del web, sarebbe un posto migliore....