Uno degli attributi che possiamo
assegnare a Dio è senza dubbio quello della razionalità nel suo massimo grado:
ciò è comprensibile per due vie, una induttiva l’altra deduttiva. La seconda è
la più facile da osservare e si basa sull’ordine stesso delle cose esistenti,
nient’altro che la quarta via tomista dei gradi di perfezione: se noi possiamo
dirci razionali, vi deve essere necessariamente un ente che lo sia in massimo
grado il quale sia causa di tale razionalità, “e questo chiamiamo Dio”.
La prima è un po’ al contrario:
proprio perché siamo dotati della razionalità, ci riesce più o meno facile
notare un certo ordine di perfezione in tutto ciò che ci circonda (solo per
dirne una, il meccanismo stesso della vita). Ora, molti di questi fattori
riscontrabili o sono totalmente indipendenti dalla nostra volontà (la
fotosintesi clorofilliana funzionerà sempre nel medesimo modo, checché mi gusti
o meno tale processo) o decisamente al di fuori della nostra portata d’azione,
per cui sarebbe assurdo ritenerci la causa di essi (chi di noi muove le maree
oceaniche o innalza le catene montuose?). Di conseguenza, è necessario
postulare l’esistenza di un responsabile ancora più razionale di tutti questi
fenomeni, e ancora una volta risalendo lunga una sorta di concatenazione ideale
arriveremo a Dio.
Di conseguenza, da tutto ciò discende
facilmente anche l’assunto seguente: ci risulta molto più facile amare Dio
quando lo scopriamo così razionale. Questo fatto non è meramente accademico,
un’arida conclusione sillogistica, ma implica senza se e senza ma anche i
nostri sentimenti, il nostro amore: come abbiamo detto sopra, noi stessi ci
scopriamo esseri razionali e come tali siamo affascinati ed attratti da tutto
ciò che lo è a sua volta (chi tra i lettori preferirebbe conversare con uno
stupido piuttosto che con un intelligente?). Questa fascinazione,
quest’attrazione però, come detto, non è un meccanismo automatico ed
involontario che bypassa la nostra volontà (tant’è che noi possiamo
deliberatamente scegliere di rifuggire un intelligente per accompagnarci ad un
idiota): è necessario che il nostro volere ci spinga verso l’oggetto che ci
attrae.
Ed è proprio quei che entra in gioco
l’amore, sentimento ove la volontà gioca un ruolo decisivo: esso difatti non è
un sentimentalismo irrazionale come si potrebbe essere portati a credere, in
realtà il volere gioca in esso un ruolo determinante. Essa infatti riconosce
che l’oggetto a cui tendiamo è meritevole di tutto noi stessi e per questo ci
fa conformare tutto in funzione di lui: la persona amata sarà sempre nei nostri
pensieri, la sua presenza ci renderà radiosi e ogni attimo trascorso assieme a
lei varrà più di mille anni spesi in qualsiasi altra attività.
Così è qui che comprendiamo ciò che ho
detto prima: ci risulta più facile amare Dio sapendolo sommamente razionale,
questo perché lo sentiamo più vicino, meno “altro” da noi. Non a caso la Bibbia
sintetizza tutto ciò nell’affermazione che l’uomo è creato ad immagine e
somiglianza di Dio: non solo noi stessi rispecchiamo il Creatore ma siamo pure
uniti a lui da quest’attrazione del simile-cum-simile, dell’amato verso colui
che ama. Riconosciuto Dio come razionale, il nostro amore ci indirizza verso di
Lui perché vi riconosce Qualcuno che è meritevole di tutto noi stessi.
Tutto ciò non sarebbe possibile se Dio
non fosse razionale, concezione tipica dei fideisti: in questo schema Dio
agirebbe in maniera totalmente arbitraria, privo di qualsiasi limite o regola
d’azione (avremmo realizzato il famoso quesito “può Dio far sì che non sia più
ciò che è avvenuto?”); insomma, per dirla con le parole di mago Merlino, “un
bel guazzabuglio moderno!”. E noi, che ruolo avremmo in tutto questo? Ci
riuscirebbe amare un Dio capriccioso che intendesse ‘sì’ per un ‘no’ e
viceversa e pure al contrario e all’inverso? Ma nemmeno, saremmo costretti ad
arrestarci ben prima dell’amore nella sua conoscenza: già il livello della mera
comprensione risulterebbe precluso, dato che questa mera volontà divina non
sarebbe scandagliabile dalla ragione.
Si giunge così ad affermare che Dio
deve essere estremamente razionale: solo in questo modo ci risulta più facile
amarlo; e viceversa, noi lo amiamo proprio perché riconosciamo in lui questa
somma razionalità che ci permette di relazionarci con lui.
(Lorenzo Bianchi)
Commenti