Le posizioni conservatrici non possono essere mantenute che per opera dell'ignoranza sistematica e consapevole o involontaria e in buona fede. Riconosco senza esitazione che la coscienziosa indagine storica intorno alle origini cristiane e intorno all'evoluzione ecclesiastica, vulnera in radice parecchi dei nostri principi fondamentali per tutto ciò che concerne i dogmi e le istituzioni. Riconosco senza esitazione che il dominio del miracolo si restringe ogni giorno di più, data la possibilità sempre più vasta di ridurne le propozioni a cause naturali constatabili. Io so e sento sempre più il valore di queste obiezioni, il quale potrebbe cadere se potessimo in compenso appellarci trionfalmente all'ethos cristiano della Chiesa, ad un incomparabile spirito religioso in essa e da essa alimentato, e se invece noi non trovassimo negli scritti approvati dei suoi maestri di ascesi e di morale, nelle pratiche abituali dei suoi confessori e dei direttori di coscienza, nelle biografie liturgicamente adoperate dei suoi santi canonizzati, nei principi del suo governo e nei metodi della sua pedagogia, molte cose che ripugnano a quel nostro senso morale e religioso, a cui essa dovrebbe invece innanzitutto rivolgersi per chiedere autorevolmente la nostra sottomissione e la nostra devozione... Ma bisogna ben ricordare che cos'è nella sua essenza la fede. Fede non è adesione intellettuale ad un sistema di costruzione spirituale. Il cattolicesimo non è innanzitutto una teologia e meno ancora un campo sistematico di prescrizioni pratiche, sostenuto da tale teologia. Il cattolicesimo è innanzi tutto vita, e la Chiesa è un organismo spirituale, alla vitalità del quale noi partecipiamo. Nella esplicazione della sua efficienza la teologia non rappresenta altro che un tentativo compiuto da questa intima, circolante vitalità per formulare e comprendere se stessa. Tentativo che può mancare completamente o parzialmente al suo scopo, senza che per questo ne siano diminuiti il valore o la realtà della medesima vita profonda. Per questo la fede sopravanza e soverchia le esigenze della teologia.
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Noi siamo oggi tutti consapevoli della differenza che sussiste fra la coscienza e la subcoscienza dell'individuo. Ancor più lo siamo della distinzione fra l'idea che un individuo si fa di sé e quel che realmente egli è per sé stesso: uno sconosciuto. Noi siamo accostumati a distinguere da una parte la somma di ricordi e delle idee, da fini e propositi riflessi, dalle intenzioni in cui l'individuo possiede o può possedere la consapevolezza: e d'altra parte quella massa più infinitamente considerevole di esperienze personali e ancestrali, scese nell'oblio o sfuggite alla registrazione, masse che costituiscono l'io sconosciuto ed inespresso. Di questo io incosciente l'io riflesso consapevole, trascritto e formulato, non è che al vertice, emergente dalle acque, di una montagna inghiottita, le cui radici scendono fino a toccare il cuore della terra. Ebbene, se questo vale per psicologia dell'individuo, vale ancor più per gli Stati, le società e le collettività umane. Un buon governo rappresentativo non fa altro che esprimere lo spirito, la volontà, i sentimenti delle masse governate, per tradurre tutto ciò in consapevolezza. Sicché esso rappresenta lo strumento dell'ascensione delle masse medesime nella misura in cui assolve certamente tale dovere. Saremmo in torto se applicheremo tutto ciò alla società cristiana, alla Chiesa cattolica? Non dobbiamo anche qui distinguere fra il subcosciente collettivo del popolo di Dio, e lo spirito e la volontà consapevolmente formulate da parte della Chiesa docente? Non possiamo noi nutrire una fede molto debole in questa seconda e in pari tempo nutrire una fede solidissima e incrollabile nella prima? Dopo tutto, la Chiesa non è altro che se non lo sviluppo di quel che fu all'origine un programma di apostolato e di proselitismo di missionari.
George Tyrrell
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