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Che c’è dunque di comune fra Atene e Gerusalemme?


La superiorità del cristianesimo sulla filosofia

Mi sembra di aver confutato tutti i capi d’accusa con i quali si vuole spargere il sangue cristiano. Ho spiegato il nostro modo di vivere, con le mie argomentazioni ho provato la verità della nostra dottrina basandomi sulla autorità e sulla vetustà della Sacra Scrittura e sul palese riconoscimento delle forze demoniache. Chi osasse controbattere i miei argomenti, si faccia pure avanti, ma non già con parole vane, sibbene nella stessa maniera con la quale ho tessuto la mia dimostrazione, fondandosi, cioè, sulla verità.
Frattanto coloro che non credono, poiché non sanno come sfuggire alla bontà della nostra dottrina, la quale bontà si manifesta nella nostra maniera di vivere e nelle nostre relazioni con il prossimo, dicono che il cristianesimo non è ispirato da Dio, ma è semplicemente una filosofia, cioè affermano che la stessa innocenza, giustizia, pazienza, sobrietà e continenza sono cose insegnate e attuate dai filosofi.

Ma allora, giacché per la dottrina possiamo paragonarci ai filosofi, perché non concedete anche a noi la libertà e l’impunità nell’insegnare la nostra dottrina? E perché loro, giacché son pari a noi, non sono spinti a quelle pratiche che costituiscono per noi un pericolo, se non ci pieghiamo? Chi costringe un filosofo a sacrificare, a spergiurare, a portare vane lucerne in pieno giorno? Ché anzi essi palesemente abbattono le vostre divinità e, anche nei loro libri, denunziano le vostre superstizioni, mentre voi li lodate. La maggior parte di essi si scagliano poi contro i governanti, mentre voi li sostenete, ed è piú facile che siano ricompensati con statue ed erogazioni anziché essere condannati alle belve. Ma tutto questo è giusto; giacché son chiamati filosofi, non cristiani. I demoni non fuggono questo nome: filosofi! E perché dovrebbero fuggirlo dal momento che i filosofi giudicano i demoni dèi? È la voce di Socrate: “Se il demone acconsente”. Ed egli stesso, mentre dimostrava di sapere qualcosa della verità negando gli dèi, quando fu prossimo alla morte lasciò come obbligo che si sacrificasse un gallo ad Esculapio, forse – credo – in onore del padre suo, giacché proprio Apollo aveva proclamato Socrate il piú sapiente di tutti. O sconsigliato Apollo! Rese testimonianza di sapienza a quell’uomo che negava l’esistenza degli dèi.
È proprio vero che chi serve la verità con fede incontra tanti piú ostacoli sulla propria strada, tanto piú è l’odio che la verità suscita tra gli uomini contro di sé. Chi invece la inquina, ottiene naturalmente i favori di coloro che vanno contro la verità. I filosofi simulano la verità e, cosí facendo, la guastano, per riceverne gloria; i cristiani invece ricercano, come per un bisogno, la verità e scrupolosamente la seguono preoccupandosi solo della propria salvezza. È proprio per questo che tra noi e i filosofi non ci può essere nessuna somiglianza né nella vita né, tanto meno, nei costumi, come voi invece credete. Che cosa poté dire di certo a Creso, che lo interrogava sulla divinità, Talete, colui – cioè – che è il principe dei fisici, dopo aver fatto trascorrere invano e tante volte il tempo per riflettere? Qualunque artigiano cristiano trova Dio e te lo dimostra e quindi designa anche con i fatti tutto ciò che si può sapere di Dio, anche se Platone afferma che è difficile trovare il creatore dell’universo e, anche quando lo si è trovato, è difficile parlarne a tutti.
Un’altra accusa poi ci vien mossa: quella sull’onestà dei costumi. Io vi inviterei allora a leggere quella parte della sentenza degli Ateniesi contro Socrate, laddove costui è accusato di corrompere la gioventú. Peraltro il cristiano non permette che si ami una donna che non sia sua, mentre so assai bene le turpi relazioni tra Frine e Diogene e ho anche inteso che Speusippo morí proprio mentre compiva un adulterio. Invece il cristiano non conosce che la sua sposa. Democrito poi dimostrò di essere incontinente, giacché si accecò constatando che non poteva posare lo sguardo su una donna senza sentire il desiderio di possederla, o perlomeno il turbamento per non poterla avere. Mentre il cristiano, senza bisogno di accecarsi, non guarda neppure le donne, essendo premunito nel suo intimo contro ogni desiderio di illecite passioni.
E giacché devo difendere anche la nostra umiltà, vi ricordo Diogene che con i suoi piedi pieni di fango e pur con superbia cammina sopra i tappeti di Platone, mentre invece il cristiano non ha mai superbia, neppure con i poveri. E per difendere la nostra moderazione, vi ricordo Pitagora vissuto a Turi, e Zenone, vissuto a Priene, i quali bramano appunto i posti di comando, mentre invece i cristiani non ricercano neppure la carica di edile. E per difendere la serenità della nostra coscienza, vi ricordo Licurgo che si lascia morir di fame solo perché gli Spartani avevano modificato le sue leggi, mentre invece il cristiano, quando viene condannato, ringrazia. E per mettere a confronto la nostra lealtà, vi ricordo Anassagora che si rifiuta di restituire ai suoi ospiti il denaro che quelli avevano depositato presso di lui, mentre invece il cristiano viene riconosciuto fedele anche da coloro che non professano la sua fede. E per difendere la nostra generosità, vi ricordo Aristotele che fa in modo che il suo amico Ermia venga destituito dalla carica, mentre invece il cristiano non opera il male nemmeno contro il suo nemico. E ancora: Aristotele adulava vergognosamente Alessandro che era al potere, cosí come Platone viene venduto schiavo da Dionisio per la sua voracità. Aristippo, pur essendo vestito di porpora e sotto una gonfia apparenza di austerità, si dà ai piaceri, ed Ippia viene ucciso proprio mentre trama contro la sua patria, quando invece un cristiano non farebbe mai simili cose, neppure per difendere i propri compagni che sono stati straziati da ogni genere di crudeltà.
Ma qualcuno potrebbe dire che anche fra noi c’è qualcuno che si discosta dalle norme della dottrina: sarà anche vero, ma costoro per noi non sono piú cristiani, mentre per voi i filosofi, pur con le loro colpe, rimangono sempre filosofi in nome e ad onor della sapienza.
E allora che cosa c’è mai di simile tra un filosofo e un cristiano, fra uno che è discepolo della Grecia e uno che è alunno del Cielo, fra chi smercia aridità e chi dà invece ricchezza di vita, fra chi dice solo parole e chi opera fatti, fra colui che distrugge e colui che edifica le cose, fra chi è amico della menzogna e chi le è nemico, fra chi è pervertitore della verità e chi ne è invece rafforzatore e diffusore, fra chi ruba alla verità e chi ne è custode?
Tertulliano, Apologeticum, XLVI, 1-18

O misero Aristotele!”

Queste sono le dottrine degli uomini e dei demoni, originate per le orecchie amanti di novità dall’ingegno della sapienza mondana, che il Signore chiama stoltezza [...].
Essa è infatti materia della sapienza mondana, temeraria interprete della natura e della disposizione divina. Le stesse eresie infine provengono dalla filosofia [...].
O misero Aristotele! Ritraendoci da queste cose, l’Apostolo [Paolo] ci scongiura di guardarci dalla filosofia, scrivendo ai Colossesi (II, 8). Egli era stato ad Atene, ed aveva sperimentato codesta sapienza umana, ostentatrice e falsificatrice della verità, nei convegni, una sapienza divisa nelle sue eresie attraverso la varietà delle sètte discordi fra loro. Che c’è dunque di comune fra Atene e Gerusalemme? Che di comune all’Accademia e alla Chiesa? Che di comune agli eretici e ai cristiani? Il nostro ammaestramento viene dal Portico di Salomone; questi aveva insegnato anch’egli che occorre cercare il Signore con la semplicità del cuore. Considerino bene coloro che han messo fuori il cristianesimo stoico o platonico o dialettico. [...]
[Cristo insegnò nel portico di Salomone] [...] Dopo Cristo noi non abbiamo bisogno di andar curiosando; né abbiamo bisogno di tanto andar ricercando dopo il Vangelo. Quando crediamo, non desideriamo nulla oltre che credere.


Tertulliano, De praescriptione haereticorum, c. 2

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