Passa ai contenuti principali

Ma se tornassimo a parlare di lealtà?


di Rocco Gumina

Ormai da diverso tempo il dibattito politico e sociale in Sicilia è caratterizzato dall’emergere e dal consolidarsi di una dialettica che trova nel termine legalità la sua primordiale espressione identificativa. Non passano settimane, infatti, che il Presidente della Regione Crocetta, i suoi assessori, i rappresentanti di Confindustria Sicilia, alcune e diverse forze associative e partitiche non si rifacciano in un modo o nell’altro all’impegno verbale o progettuale improntato alla legalità. Lo stesso Crocetta ha costruito la sua candidatura alla guida della Sicilia tramite la legalità proposta già come metodo nella città di Gela, di cui era sindaco, e termine apripista per la scalata alla conquista del governo regionale. Come anche tutta una schiera di imprenditori e professionisti che hanno sposato la legalità come formula e parola espressiva in sintesi di una modalità diversa di fare impresa, di sviluppo del territorio e di chiaro contrasto alla criminalità organizzata e non. Tutto ciò è da vedere senza dubbio in maniera positiva, poiché la Sicilia oggi come ieri ha bisogno di una reale presa di consapevolezza dei propri limiti e delle proprie speranze. E il principio della legalità è senz’altro importante per giungere ad una svolta culturale, politica e sociale di cui abbiamo ancora oggi un impellente bisogno. Dalla questione appare, però, un punto critico: la legalità per quello che rappresenta come principio - ovvero rispetto della legge, delle norme - è la prospettiva giusta e meglio calibrata che fa al caso della Sicilia e dei siciliani in vista del proprio radicale rinnovamento? Forse altre dimensioni valoriali come la lealtà sono maggiormente estensive e perciò più efficaci?  


Il vocabolario online della Treccani alla parola legalità fa corrispondere il fatto di essere conforme alla legge e a quanto essa prescrive. Questa coinvolge sia il singolo cittadino che l’intera comunità. Al termine lealtà, invece, segue una considerazione più ampia che ingloba la sincerità, la franchezza, la dignità, la fedeltà alle istituzioni, al sistema politico in genere, l’attaccamento al dovere, i rapporti fra le persone, il mantenimento degli impegni promessi e assunti.

Ora fermo restando che la legalità, cioè l’essere a norma di legge, è qualcosa di assolutamente positivo, bisogna con chiarezza comprendere - e di conseguenza affermare e sostanziare socialmente e politicamente - che il termine lealtà è di gran lunga più significativo e utile, oltre che primordiale e fondante la stessa legalità. Poiché la lealtà ingloba la legalità e la propone e dispone in un panorama molto più ampio e ricco di valori il quale è davvero necessario per il bisogno educativo delle generazioni prossime e attuali dei siciliani. Inoltre, la lealtà riesce ad esprimere rispetto alla legalità tutta quella parte di esistenza umana che viene prima e va oltre la mera devozione alle regole che sono prescritte. Ovvero riesce a includere i rapporti umani tra conoscenti e non che al di là delle regole devono essere improntati al rispetto, alla franchezza, alla solidarietà che la legge di per sé non può prevedere e imporre. Dunque, a parer mio, la lealtà si configura come il vero progetto riforma di natura educativa per i siciliani del terzo millennio. Infatti l’eccessiva insistenza sulla legalità può a volte far giungere, e forse da qualche parte si è sperimentato, a degli scontri basati sul fatto di ritenersi più legalitari degli altri. Invece, per la lealtà non è così. Giacché l’onestà, la franchezza, la dignità o si possiede oppure pazienza. E pertanto il semplice rispetto di una regola seppur importante non può far divenire un uomo onesto, dignitoso e sincero. La lealtà insomma è quella dimensione pluri – valoriale che può, anzi deve, accompagnare il siciliano dalle giocate al pallone con gli amichetti della strada alla piena maturità e responsabilità civile, politica e imprenditoriale. È chiaro che quello di cui abbiamo bisogno non è sostituire i proclami di legalità con quelli sulla lealtà, ma di persone che nella politica, nell’impresa, nel mondo dei servizi pubblici e privati siano aderenti e proponenti un modo radicale di vita e impegno volto alla ricerca del bene di tutti. La lealtà ci induce ad estendere l’orizzonte di senso della proposta educativa che la società siciliana deve avanzare. Essa include la legalità, ma la precede e la supera. Quello che ci serve è fare un passo avanti. L’insistere sulla lealtà potrebbe consentircelo. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Curzio Nitoglia, un cattivo maestro

di Andrea Virga Questo articolo, come quello su Don Gallo 1 , non avrebbe reale ragione d’essere. Anche qui, le gravi affermazioni dottrinali del sacerdote in questione non meriterebbero più d’uno sberleffo, vista la loro palese incompatibilità con la retta dottrina. E tuttavia, anche qui è il caso di un prete consacrato – e stavolta tuttora vivente – che attira proseliti, specie fra i giovani, grazie alle sue opinioni estremiste ed ereticali, con il risultato di diffondere in lungo e in largo i suoi errori. Per questo, ritengo che sia il caso di dedicare una mezz’oretta a mettere in guardia i meno provveduti, che magari preferiscono internet ad un buon padre spirituale, rispetto a questo personaggio: Don Curzio Nitoglia. Il paragone con Don Gallo, però, non riesca troppo offensivo al defunto sacerdote genovese, che aveva almeno il merito di essere molto attivo in ambito sociale e di non aver mai lasciato la Chiesa (cosa non troppo difficile, visto il permissivismo dei suoi super...

Il noviziato Agesci: tempo e idea tra scoutismo e Chiesa

C’è un momento strano nel cammino scout Agesci ed è quello del noviziato: sì, il nome riprende proprio il linguaggio monastico; sì, l’ispirazione è proprio quella; sì, è un periodo di introduzione e studio.  Si tratta del primo momento nella branca rover e scolte, i più grandi nel nostro scoutismo: dura un anno. Di noviziato in Agesci si parla  –  e si sparla  –  in continuazione, non c’è un tema altrettanto trattato e maltrattato, anche nella prassi.È speciale e irrinunciabile e può essere una fonte di riflessione importante anche al di fuori dell’associazione. Cercherò ora di dare a questa riflessione un taglio ecclesiale, per plasmare un avvio di confronto su temi scoutisticamente ed ecclesialmente poco trattati. Il noviziato è un tempo e come tutti i tempi è prezioso. Lo è il nostro, figuriamoci quello dei ragazzi. Con un po’ di ironia, potremmo dire che l’importanza del tempo l’ha capita anche il Papa: in Evangelii Gaudium Francesco scrive che «i...

Commento al Vangelo 25 novembre 2018 - Cristo Re: Gv 18,33-37

Il quarto vangelo coglie l’occasione del colloquio tra Gesù e Pilato - che nessuno probabilmente udì - per coinvolgerci in un confronto sulla regalità di Cristo. Da un lato, la prospettiva imperiale: il “re dei giudei” crea problemi politici. Ma il pericoloso rivoluzionario è proprio quell’uomo consegnatogli dai giudei? Il governatore Pilato, che giudeo non vuol essere, ne dubita: «Tu, indifeso persino dai tuoi amici, proprio tu saresti il re dei giudei? Cosa avresti fatto? Ci sono davvero delle prove credibili contro di te?». Non ci crede. Gesù, insomma, non gli pare affatto un pretendente al trono. Dall’altro lato, Gesù domanda chi gli ha suggerito che lui sarebbe sovrano. Lo Spirito di Dio o l’Accusatore? Entrambi lo sanno! I Romani che temono una congiura contro Cesare o i sommi sacerdoti che temono il Messia che renderà vano il loro ruolo? I primi stiano tranquilli, gli altri un po’ meno... Gesù dice che il suo regno non è un regno come gli altri che si estendono geogr...