di Lorenzo Banducci
Nel
giorno del silenzio elettorale mi risulta difficile non parlare cercando di
valutare questa campagna elettorale che ieri ha avuto la sua conclusione.
Sarà
un voto incerto viste sia la grande dispersione di voti fra diversi e disparati
partiti e coalizioni, sia le distanze risicate che separano le forze politiche,
sia l’incertezza dettata da una legge elettorale che rende decisivo (per l’esito
finale del voto) quanto accadrà in poche regioni chiave (Lombardia, Veneto,
Sicilia e Campania).
Tutti
questi punti sono fin da adesso sintomo di un enorme passo indietro rispetto
alle elezioni del 2008 dove avemmo un Parlamento con una maggioranza forte e
che, senza le dimissioni del premier Berlusconi, sarebbe arrivata
tranquillamente a fine mandato. La semplificazione delle rappresentanze in
Parlamento ottenuta grazie alla scelta condotta da Walter Veltroni 5 anni fa
sarà spazzata via con il ritorno a un Parlamento confusionario, chiassoso e
probabilmente senza maggioranze stabili. Francamente non vorrei essere nei panni
dei vincitori.
Abbiamo in mano, cari amici che ci leggete, una scelta
importante per il futuro dell’Italia. Ce la sentiamo di consegnare il paese
alla rissa e all’instabilità? Crediamo davvero che coloro che in questa
campagna elettorale si sono scannati potranno formare un governo di unità
nazionale in grado di portare avanti le riforme necessarie per il risanamento e
per il rilancio del paese? Io sinceramente penso di no. Credo anzi che, come ha
detto bene Beppe Grillo, fra pochi mesi dovremo ritornare alle urne (forse già
in autunno) e che allora l’onda dell’antipolitica sarà travolgente comportando
quegli immani disastri di cui si sta facendo promotrice la voce del suo “megafono”,
il comico pronto a consegnare l’Italia al baratro dell’uscita dall’Europa, il
comico della protesta sguaiata completamente scollata dalla proposta.
Mi rendo
conto che sto facendo un processo alle intenzioni, dato che ancora le urne non
sono state nemmeno aperte, ma è proprio per questo che faccio un appello ai
nostri lettori di votare (sicuramente) e di farlo con grande coscienza. Siamo
stati martellati per mesi da battaglie politiche all’ultimo sangue e ora è il
tempo della decisione. Che Italia vogliamo? Preferiamo il fango dell’ingovernabilità
tanto agognata dai partitini ricattatori, oppure la protesta senza proposta di
Grillo, oppure le favole di chi ci ha già abbondantemente governato per lunghi
anni? Io personalmente nessuna di queste 3 cose e per quanto trovi difficoltà
nel votare un centro-sinistra così sterile in questa campagna elettorale e a
tratti perfino adagiato in una posizione difensiva e di rimessa (forse colpito
a freddo dall’esplosione dello scandalo MPS), non vedo alternative.
Credo infatti
che il progetto del PD sia ancora una delle scelte più valide proposte dal
nostro panorama politico. Un partito di centro-sinistra, composto da varie
anime accomunate da principi valoriali comuni e riscontrabili nella grande
tradizione della sinistra mondiale. Anime diverse che si scontrano, discutono e
alla fine si dimostrano in grado di fare sintesi e di condurre una proposta
politica unitaria. Un PD che sicuramente non ha avuto il coraggio di scegliere
il rinnovamento radicale proposto da Matteo Renzi, ma che si è interrogato su
questo tema proponendo (da solo) le primarie per i parlamentari. Renzi e l’idea
di una sinistra diversa restano vivi all’interno del Partito Democratico. La
vocazione maggioritaria, abbandonata in questa tornata elettorale, rimane
ancora uno dei cardini imprescindibili sui quali costruire il futuro del nostro
Paese. Un tema quest’ultimo che dovrà essere affrontato prima o poi dalla
classe dirigente del PD.
Ora
ci resta solo il silenzio in attesa di lunedì. In questo silenzio possiamo solo
soffermarci a pensare a quanto in questa campagna elettorale abbiamo imparato a
conoscere i leader delle varie coalizioni senza che vi fosse spazio per i
singoli candidati. Vi saranno 1000 persone in Parlamento, ma noi ne abbiamo
conosciute appena 6.
E’
un rammarico difficile da digerire e segno di una crisi profonda della
politica. Si è parlato solo di tasse e scandali e non è mai passata quale sia l’idea
del futuro che hanno in mente i nostri leader. Una politica che sembra l’immagine
speculare di questa Italia intrisa di un individualismo cieco che porta
ciascuno a preoccuparsi dei propri affari e interessi senza che prevalga una
spinta solidaristica necessaria invece in questa fase di crisi. La politica è
allora forse specchio dei problemi del nostro Paese e sarà difficile riformarla
senza che siano “riformati” (nel senso di “formati di nuovo”) i cittadini.
(Lorenzo Banducci)
Commenti