di redazione di Témoignage
chrétien
in “www,temoignagechretien.fr”
dell'11 febbraio 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)
L'annuncio fatto lunedì 11
febbraio delle sue prossime dimissioni rivela la lucidità di Benedetto XVI di
fronte alla sua fatica e alla vastità della sua missione. Un gesto che segnerà
la storia della Chiesa cattolica.
Già da qualche tempo gli
osservatori attenti della vita vaticana avevano notato che al di fuori della GMG
di Rio, inevitabile, nessun viaggio papale era stato programmato per il 2013.
Oggi comprendiamo meglio perché. La decisione annunciata questa mattina davanti
ai cardinali, a sorpresa quasi generale, era sicuramente maturata da diverse
settimane da parte di un papa che non ci ha abituato ai colpi di testa.
Prendendo questa decisione,
Joseph Razinger ha certamente ripensato all'interminabile agonia pubblica del
suo predecessore. Per Karol Wojtyla era inconcepibile prendere una decisione
che poteva appartenere solo a Colui che dona la vita e la riprende, Dio, che,
in buona teologia romana, ispira i cardinali al momento del conclave.
Per Joseph Ratzinger,
evidentemente, le cose sono diverse. Non sentendosi più in grado di svolgere il
servizio richiesto, ha preferito ritirarsi. Se a suo tempo, l'agonia di
Giovanni Paolo II è stata presentata come una catechesi, anche le dimissioni di
Benedetto XVI lo sono. Per l'ex professore tedesco, il “vigore del corpo e
dell'animo” - espressione usata nel suo messaggio ai cardinali, è con tutta
evidenza un nuovo requisito necessario per un mandato estremamente esposto. Non
si può evitare di mettere in relazione questa scelta di dimissioni – storica,
poiché bisogna risalire fino al Medio Evo per trovare altri esempi – con il
difficile anno 2012 vissuto in Vaticano.
Lo scandalo Vatileaks, il “tradimento”
del maggiordomo, i complotti orchestrati contro il Segretario di Stato Tarcisio
Bertone, hanno senza dubbio affievolito il morale, o anche la salute di un papa
ottantenne che, del resto, ha dato molto in prima persona. Pensiamo in
particolare al modo in cui ha affrontato radicalmente gli scandali di pedofilia
nel clero, compito che nessuno dei suoi predecessori aveva osato intraprendere.
Inoltre, queste dimissioni
sono anche una via d'uscita di fronte alla difficoltà a separarsi dal suo Segretario
di Stato, persona controversa e che ha ormai raggiunto il limite di età dei
vescovi (75 anni). Anche a questo riguardo, Benedetto XVI aveva percepito a che
punto la fine del regno di Giovanni Paolo II aveva sofferto dell'impossibilità
di rinnovamento della Curia e di alcune cariche importanti (1).
Tutto questo fa immaginare
degli elementi per il profilo del successore. Dopo due papi che non sono
riusciti davvero a far evolvere un sistema curiale asfissiante, il bisogno di
un cambiamento è oggi più che urgente.
In questo episodio, si
osserva uno strano stravolgimento. Colui che talvolta è stato denigrato come un
uomo del passato, nostalgico di un'epoca di cristianità in cui le regole umane
venivano meno di fronte a quelle della Chiesa, si rivela in un gesto
eminentemente contemporaneo. Joseph Ratzinger dimostra di essere consapevole
dell'ipermodernità dei tempi. Il primo papa che “twitta” si sente al limite
delle sue competenze fisiche e preferisce ritirarsi.
Si può pensare, in ambiente
cattolico, all'Abbé Pierre, a Madre Teresa o a Soeur Emmanuelle, il cui successo
postumo deriva in parte dal fatto che hanno passato il testimone mentre erano
ancora in vita. Come un padre abate che ridiventa monaco alla fine del suo
mandato, Joseph Ratzinger si stabilirà la sera del 28 febbraio in un convento
del Vaticano per pregare. Anche se a poche centinaia di metri dalla Cappella
Sistina, osserverà da lontano il conclave che si annuncia per la metà di marzo.
Con la fiducia di colui che ha fatto del suo meglio.
(1) Il cardinal Lustiger,
con problemi di salute, ha dovuto aspettare il nuovo papa per essere finalmente
sostituito a capo dell'arcidiocesi di Parigi.
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