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Atene, Sparta, la Persia e il futuro del PD


di Lorenzo Banducci

La crisi all’interno del Partito Democratico è figlia della profonda crisi istituzionale che si vive all’interno del Paese.

In un’Italia dove tutti i partiti sono ancora “personali” il PD rappresenta una specie di “sperimentazione” fuori dalla norma direi quasi anacronistica. Il frutto di un sogno così difficile da realizzare: rendere l’Italia un paese “normale” rispetto agli standard democratici europei ed occidentali.

Un partito all’interno del quale le posizioni sono diversificate, le opinioni sono varie, ma alla fine dopo attente discussioni si arriva ad una sintesi intorno alla quale tutte le componenti fanno quadrato.

Oggi questo sogno sta trovando sempre più grosse difficoltà. Le due correnti di pensiero principali all’interno del PD sembrano arrivate ad una resa dei conti accesa e senza precedenti in questa fase di stallo istituzionale nella quale si sta discutendo per l’elezione del nuovo Capo dello Stato e per la formazione di un nuovo governo.

Da una parte abbiamo l’idea di un partito orientato a sinistra con i “giovani turchi” (Bersaniani di ferro) a farla da padroni e con l’avvento di Barca che sogna un PD “partito di sinistra”. Dall’altra abbiamo Renzi e il suo manipolo di fedelissimi ancora legati all’idea di rottamazione di cui si fa promotore il sindaco di Firenze oltre ad un pensiero decisamente più liberal e meno socialdemocratico. Due idee senza dubbio molto differenti. Come differenti non a caso sono i nomi dei blog/siti internet dei rispettivi “fan”. Da una parte abbiamo i “Trecento Spartani” sostenitori di Bersani, dall’altra abbiamo gli “Ateniesi” sostenitori di Renzi. Atene e Sparta. Due visioni totalmente differenti della politica, delle istituzioni, del PD. Due posizioni difficili da mediare, ma non impossibili, in tutti i più grandi partiti progressisti occidentali esistono infatti posizioni speculari a quelle rappresentate da Atene e Sparta all’interno del PD.

 

Anche io, che sono fra i fondatori del PD, ho votato alle primarie del 2007 e ho sempre sostenuto questo partito nel quale mi riconosco ancora oggi, rimango quantomeno spiazzato da queste divisioni così accese. Mi riconosco nel PD, ma non mi riconosco del tutto né in Atene né in Sparta e penso di poter dire che molti come me che hanno scelto il centro-sinistra abbiano la stessa preoccupazione davanti ai toni dello scontro che stiamo vivendo. Toni da primarie anticipate o da pre-scissione. Non mi ritrovo del tutto in Atene perché a differenza della gigantesca democrazia greca vedo in quel recinto un unico leader che fa il bello e il cattivo tempo senza fare prigionieri di chi prova ad opporsi. Ne apprezzo comunque la spinta innovatrice oltre che buona parte delle idee in politica economica e finanziaria per rilanciare l’occupazione e la crescita.

Non mi riconosco del tutto in Sparta perché troppo orientata a sinistra e con poca memoria della componente moderata che si trova nel PD. Ne stimo comunque lo sguardo aperto verso politiche più attente al sociale e agli ultimi.

La mediazione fra Atene e Sparta potrebbe dunque essere l’unica ancora di salvezza per il futuro del PD. Mi pare adesso importante sottolineare come, a mio avviso, tale missione possa essere condotta da coloro che all’interno del PD provengono dall’esperienza del cattolicesimo democratico e sono cresciuti da laici nelle associazione cattoliche. Persone che la mediazione ce l’hanno nel sangue perché continuamente costretti a porsi in tale posizione rispetto al mondo che li circonda.

Farsi dunque promotori di una mediazione che salvi il meglio di Atene e Sparta e che quindi salvi il PD è una missione affascinante rispetto alla quale anche io non voglio sottrarmi. Basterebbe iniziare a ricordare alle due parti contendenti che il vero nemico da combattere politicamente è lo straniero Persiano. Un nemico subdolo e molto attrezzato pronto ad approfittare (come anche la storia ci racconta) delle debolezze di Atene e Sparta per condurre il PD alla sconfitta.

Posiamo dunque le asce da guerra ed iniziamo un percorso che ci conduca insieme a superare questa conflittualità per il bene del Paese. Di persone adatte ad aiutare al superamento di questa fase (come un nuovo Prodi) non ne vedo all'orizzonte, ma se intanto ripartissimo dall'impegno di ciascuno di noi non sarebbe un approccio poi così sbagliato.

 

Commenti

Unknown ha detto…
condivido lo spiazzamento, ma da quando tu scrivi (15/04/2013) la lotta nel PD si è acuita, non solo spartani ed ateniesi ma anche dalemiani e altro ancora.
Francamento per quanto mi riguarda sono arrivato ad un punto di non ritorno nella fiducia a quello che da oltre 20 anni è stato il mio partito di riferimento, NON LO VOTERO' PIU'. Non riesco però ad intravedere altri riferimenti accettabili nelle altre proposte politiche.
Non è secondo me questione di orientamenti politici, economici etc. quello che non va è proprio dentro la vita del partito:
- alla base non esiste confronto diffuso nei circoli sulle idee, i circoli non sono aperti a nuovi partecipanti (alcuni non si riuniscono quasi mai!!!)
- la linea politica è inconsistente, non condivisa all'interno non si capisce dove vogliono arrivare, a cosa serve un partito così all'italia? se non riesce a decidere unitariamente niente?
- la presunta superiorità morale del centro sinistra è francamente dubbia, oltre agli scandali di ruberie e quant'altro si mette sempre davanti all'etica pubblica il vantaggio del proprio gruppo politico se non personale (vedi comportamento di renzi o d'alema nelle votazioni per il quirinale)
- manca del tutto una trasparenza nella decisione della linea politica e delle decisioni apicali del partito (decidono poche elite)
- esiste una forte rete clientelare anche nella nostra provincia, senza alcun rispetto per la meritorietà e le competenze (vedi nomine nelle municipalizzate, asl e altro)
- non vedo alcuna speranza di cambiamento anche in chi si definisce rottamatore, non riesco a vedere sia a livello locale che nazionale persone che si sanno sacrificarsi per il bene dell'Italia e della comunità, ad avere l'onestà intellettuale di schierarsi contro ciò che di sbagliato è stato fatto anche dai propri compagni di partito.

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