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Inno in onore della martire Eulalia


La martire non risponde nulla, ma d’improvviso si slancia, sputa negli occhi del tiranno, poi manda gli idoli in frantumi, e calpesta la farina sacra contenuta nei turiboli.
Immediatamente due carnefici dilaniano il suo petto di giunco, le infliggono due uncini di ferro nei fianchi virginei dilaniandola fino alle ossa, mentre Eulalia conta le sue ferite.
«Ecco che tu scrivi su di me, o Signore: quanta gioia mi dà leggere questi segni che parlano delle tue vittorie, o Cristo! Anche il sangue di porpora che sgorga dal mio corpo proclama il tuo nome santo!».
Così ella cantava, senza pianto né gemito, piena di gioia e di coraggio; l’anima sua non sente il terribile dolore e le membra inondate di sangue che sgorga senza posa lavano il suo corpo come a una calda sorgente.
Ed ecco l’ultima tortura: non più lo squarcio lacerante fino alle ossa come un vomere nelle carni, ma da ogni parte le fiamme delle torce le avvolgono i fianchi ed il petto.
La sua chioma profumata le si era rovesciata sul collo e le ondeggiava sulle spalle, e stendendosi su di lei ne proteggeva il casto pudore e la bellezza virginea; le fiamme crepitanti salgono fino al suo volto ed attraverso i capelli afferrano violentemente la testa e la avvolgono completamente; la fanciulla che brama una rapida morte, cerca il fuoco e ne aspira le vampe.
Ed ecco che all’improvviso si vede una colomba più candida della neve uscire dalla bocca della martire e volare verso il cielo: era questa l’anima di Eulalia, bianca, leggera, innocente.
Abbandonato dall’anima, il corpo si ripiega, e le fiamme del rogo si estinguono; la pace scende sulle membra senza vita; l’anima che vola nel cielo lancia un grido di trionfo e si dirige verso i domini celesti.
Lo stesso pretore vide la colomba uscire dalla bocca della fanciulla davanti agli occhi di tutti: stupefatto e atterrito si dà alla fuga come per liberarsi del suo crimine, ed anche i soldati fuggono in preda al terrore.
Ecco, il freddo inverno lascia cadere la neve che ricopre tutta la piazza, così pure si stende sul corpo di Eulalia che giace nell’aria gelida, come un lenzuolo di lino.
Non vi siano le lacrime piene di amore con le quali gli uomini sono soliti celebrare le esequie, né vi sia un rito nel pianto: il cielo stesso, per ordine del Signore, ti rese, o Vergine, gli onori estremi.
Ora la tomba è nella città di Mérida, colonia illustre di Tettonia, attraversata dal corso del celebre fiume Ara che ne lambisce con la verde e vorticosa corrente le belle mura.
Qui una terra degna di venerazione custodisce nel suo seno le reliquie e le sacre ceneri, in un ricco tempio risplendente di marmi che provengono da ogni parte del mondo.
Il tetto riluce di tegole dorate e preziosi mosaici adornano i pavimenti, così da dare l’impressione di un prato smagliante di innumerevoli fiori.
Cogliete viole di porpora e colchici color del sangue! Ne abbonda il fertile inverno, il ghiaccio si scioglie e non stringe i campi nella sua morsa, e noi possiamo riempire le ceste di fiori.
Offrite questi doni raccolti tra lo spesso fogliame, fanciulle! Per parte mia porterò in mezzo al corteo una ghirlanda intrecciata in versi dattilici, umili, senza valore, ma pieni di festa.
Così ci piace venerare i resti e l’altare su di essi eretto; ella, che siede ai piedi dell’Altissimo, vede tutte queste cose e compiaciuta del nostro canto, stende la sua protezione sul suo popolo.

Le corone ,Prudenzio

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